28 agosto 2025
Aggiornato 01:00
L'Ad di Eni lancia un appello all'Europa

Eni, il futuro del petrolio secondo Descalzi

L'Ad di Eni, di ritorno da Teheran, racconta le strategie industriali del Cane a sei zampe e ci spiega il perché della volatilità del prezzo del greggio.

ROMA - L’Eni torna in Iran per rinegoziare debiti da 800 milioni di euro e preparare il dopo-sanzioni. L’Amministratore Delegato del Cane a sei zampe, Claudio Descalzi, ha rilasciato un’intervista a La Repubblica per spiegare come e perché l’azienda multinazionale italiana, sesto gruppo petrolifero mondiale per giro d’affari, sia sta la prima a rimettere piede a Teheran.

Descalzi: Ecco perché è volatile il prezzo del greggio
La multinazionale guidata da Emma Marcegaglia è l’interlocutore ideale per capire meglio perché il prezzo del greggio abbia ripreso a salire dopo aver toccato il minimo storico: «Sul mercato si è chiusa una stagione, quella nella quale l'Opec era il dominus solitario. Con lo shale oil ricavato da una moltitudine di produttori indipendenti americani il petrolio ha trovato un nuovo protagonista. Questa nuova produzione ha cambiato il mercato e il potere dell'Opec di fare i prezzi. Adesso qualcuno dice che i produttori indipendenti stanno per saltare, oppressi da 80 miliardi di dollari di debiti. Ma si sottovaluta la capacità americana di rinnovare le tecnologie e di renderle più economiche e più competitive", spiega Descalzi.

Il futuro del petrolio è una curva «W»
Cosa ne sarà quindi del mercato dell’oro nero e, soprattutto, il prezzo del greggio continuerà ad essere così volatile? L’Ad di Eni non ha dubbi: «Io non credo ai cartelli, penso che il mercato si regolerà da solo. La domanda però sta salendo, e la produzione non la segue, perché ci sono tagli negli investimenti. Negli Usa i pozzi sono scesi da 1.600 a 600. Per questi motivi il prezzo del greggio è risalito: io prevedo movimenti di rialzo e ribasso rapidi, una sorta di curva a W». Nel frattempo, però, il Cane a sei zampe è costretto a fare i conti con un mercato dell’energia fortemente instabile, perché condizionato dal difficile contesto geopolitico nel quale si trova ad operare: la crisi in Libia e l’avanzata dello Stato Islamico, le sanzioni contro l’Iran e quelle contro la Russia penalizzano notevolmente il lavoro delle compagnie petrolifere.

Serve un mercato europeo dell'energia
Perciò il ritorno di Eni in Iran potrebbe rappresentare un punto di svolta: «Sono andato a Teheran - spiega Descalzi - due settimane fa, primo amministratore delegato di un gruppo petrolifero, per sbloccare i nostri crediti commerciali (circa 800 milioni di euro, ndr). Abbiamo lavorato duramente durante l'embargo per arrivare a questo risultato, e nel bilancio 2015 dovremmo trasformare quel contenzioso in barili, che faranno parte ufficiale della nostra produzione.» Il ritorno dell’Iran nel mercato del petrolio internazionale permetterebbe a Eni di bilanciare i fronti più caldi e rischiosi, come la Libia, ma Descalzi guarda oltre e la sua vision coinvolge anche gli altri paesi europei: «L'Europa ha bisogno di un vero mercato dell'energia, perché produce appena il 35% di quello che consuma. Oggi abbiamo 28 mercati separati, senza una cornice unica, senza infrastrutture interconnesse» ha sottolineato l’Ad di Eni ed ha concluso che l’obiettivo di una futura unione energetica dovrebbe essere quello di abbassare il costo dell’energia, ma anche quello di «ridurre le emissioni con una nuova tassazione sulle materie più inquinanti.» L’appello di Eni è chiaro: l’Europa risponderà?