12 ottobre 2025
Aggiornato 06:30
Il crollo del prezzo del petrolio incentiva le forze deflattive

FMI: «Aumenta l'instabilità finanziaria, alti rischi per i mercati emergenti»

Negli ultimi sei mesi i rischi alla stabilità finanziaria globale sono aumentati come conseguenza di una vasta gamma di sviluppi finanziari e macroeconomici, sia positivi sia negativi. Lo sostiene il Fondo monetario internazionale nel capitolo uno del Global Financial Stability Report, e ne spiega le ragioni.

NEW YORK (askanews) - Negli ultimi sei mesi i rischi alla stabilità finanziaria globale sono aumentati come conseguenza di una vasta gamma di sviluppi finanziari e macroeconomici, sia positivi sia negativi. Lo sostiene il Fondo monetario internazionale nel capitolo uno del Global Financial Stability Report, in cui si spiega che «i rischi si sono anche spostati dalle economie avanzate ai mercati emergenti, dalle banche a quelle ombra e da rischi di solvibilità a quelli di liquidità dei mercati».

Il calo del prezzo del greggio ha aumentato la deflazione
L'istituto di Washington spiega che «le forze disinflative si sono rafforzate con il calo dei prezzi del petrolio e delle materie prime. Sebbene quest'ultimo abbia dato benefici ai Paesi importatori di prodotti energetici e abbia aumentato lo spazio di manovra delle politiche monetarie nei Paesi con un'inflazione alta, esso ha aumentato i rischi finanziari in alcune nazioni esportatrici e nel settore petrolifero».Di conseguenza, le aspettative inflative e i rendimenti di lungo termine dei bond sono scesi. Azioni «coraggiose» di politica monetaria sono state prese nell'Area euro e in Giappone per fermare e invertire le pressioni disinflattive, mentre le attese per un rialzo dei tassi di interesse in Usa e la spinta di stimoli monetari addizionali in altre economie principali ha alimentato un rapido apprezzamento del dollaro americano.

I mercati emergenti soffrono maggiormente l'instabilità finanziaria
I mercati emergenti «sono incastrati in queste correnti globali e vivono rischi alla stabilità finanziaria più alti, visto che le aziende che hanno effettuato prestiti in modo pesante sui mercati internazionali possono fare i conti con tensioni sui loro bilanci».Basti pensare che in questi mercati ad essere state particolarmente colpite fino ad ora sono le aziende energetiche e delle materie prime, che equivalgono a oltre un terzo dei bond emessi da aziende non finanziarie in valuta «hard» dal 2007. A mettere ancor di più sotto pressione i mercati emergenti potrebbe essere un'ulteriore accelerazione rapida del dollaro e un balzo improvviso dei tassi di interesse in Usa insieme all'aumento dei rischi geopolitici, per i quali - avverte il Fondo - sembra ci sia compiancenza da parte del mercato.

In aumento la volatilità dei tassi
Inoltre, la volatilità nei principali tassi di cambio è cresciuta come non era successo in nessun altro periodo simile da quando è esplosa la crisi finanziaria. E visto che tale volatilità può diventare ancora più pronunciata e frequente, sono aumentate le tensioni date dai rischi di liquidità. Alla luce di tutto questo, dice il Fondo, «misure addizionali sono necessarie per potenziare l'efficacia delle politiche monetarie, per affrontare l'eredità della crisi, per facilitare un'assunzione dei rischi economici che sia sostenibile e allo stesso tempo per contenere gli eccessi finanziari nei mercati globali».Su quest'ultimo fronte il Fondo spiega che la ricerca del rendimento «continua a stirare le valutazioni di alcuni asset».E il contesto di bassi tassi di interesse pone sfide agli investitori di lungo termine, specialmente per le deboli aziende assicurative attive nel ramo vita in Europa.