19 aprile 2024
Aggiornato 21:00
Lavoro

Jobs act: la Ragioneria dello Stato dà l'ok

I primi due decreti attuativi della riforma del mercato del lavoro, quello sul contratto a tutele crescenti e quello sulla Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (Naspi) dovrebbero approdare oggi in Parlamento. Lo ha rassicurato ieri il presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, dopo l'ennesimo rinvio di un giorno

ROMA - I primi due decreti attuativi del Jobs act dovrebbero approdare oggi in Parlamento. Lo ha rassicurato ieri il presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, dopo l'ennesimo rinvio di un giorno. «Domani dovrebbero arrivare i primi due decreti sul Jobs Act: quello sul contratto a tutele crescenti e quello sulla Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (Naspi). Il governo ci ha ascoltato e questo è positivo: non sarebbe stato accettabile non avere anche il decreto sugli ammortizzatori sociali perché bloccato dalla Ragioneria», ha dichiarato Damiano.

VIA LE RISERVE DELLA RAGIONERIA - I contabili del Tesoro infatti, a cui spetta il compito di valutare se le coperture individuate dal governo siano adeguate, hanno deciso di «bollinare» il decreto sugli ammortizzatori sociali, che introduce la Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (Naspi) sciogliendo la riserva dei giorni scorsi. Per la Ragioneria sono sufficienti i 2,2 miliardi di euro l'anno, per il periodo 2015-2017, previsti dalla norma per finanziare i sussidi di disoccupazione, ai quali potranno accedere anche i lavoratori con contratti a tempo determinato. Il governo è arrivato a quella cifra partendo dalle stime inserite nel Documento di economia e finanza (Def), che prevedono una discesa graduale del tasso disoccupazione, che dovrebbe passare dal 12,5% del 2015 (dall'attuale 13,4%), al 12,1% del 2016 e all'11,6% del 2017.

L'ITER LEGISLATIVO - Ora quindi i due testi possono essere inviati alle commissioni Lavoro di Camera e Senato, che dovranno esprimere un parere non vincolante nell'arco di 30 giorni. Una volta espletato anche questo passaggio, i decreti dovranno passare il varo definitivo del Consiglio dei ministri per essere infine pubblicati in Gazzetta Ufficiale ed entrare ufficialmente in vigore dal giorno successivo. A conti fatti quindi, ci si può aspettare che siano operativi per metà febbraio.

NUOVI GUAI IN VISTA? - Anche una volta divenuto legge però, il decreto sui contratti a tutele crescenti (ex articolo 18) potrebbe causare grattacapi al premier Matteo Renzi e alla sua maggioranza. I problemi potrebbero sorgere su due fronti: quello interno dove per alcuni giuslavoristi vi sono profili di incostituzionalità, e quello europeo, dove secondo taluni esperti l'Unione europea potrebbe sollevare la questione degli aiuti di Stato.

I RILIEVI DI COSTITUZIONALITÀ - Procediamo con ordine. Sul primo punto può valere l'intervista concessa al Fatto Quotidiano dal professore universitario Umberto Romagnoli, che come accennato in precedenza ha notato un possibile conflitto fra la riforma dell'articolo 18 e la Carta costituzionale. In particolare lo studioso ha visto le maggiori criticità per quanto riguarda i licenziamenti collettivi, da due lavoratori in su, che in passato facevano scattare la mobilità nelle aziende con più di 15 dipendenti. Ora l'impresa potrà procedere contemporaneamente a più allontanamenti individuali (dal costo certo), senza doversi preoccupare delle contromisure da parte dei sindacati. Questo è valido però per quei dipendenti assunti dopo il 1 gennaio 2015; per gli altri, ha sottolineato l'economista, continuerebbero a valere le vecchie regole: «Tra i vari licenziati, bisognerebbe distinguere tra quelli assunti prima e quelli assunti dopo l’entrata in vigore del Jobs Act e agire in modo diverso», con i lavoratori assunti da tempo, che potrebbero richiedere il reintegro, mentre gli altri avrebbero diritto al solo indennizzo monetario. Un «trattamento diversificato che è discrezionale, immotivato, non ragionevole. Sono situazioni identiche trattate in maniera disuguale», ha chiosato. Da qui il contrasto con la Costituzione, perché verrebbe violato il principio di uguaglianza sancito all'articolo 3 del testo.

LA QUESTIONE AIUTI DI STATO - Per quanto riguarda l'Ue invece, Certottica e Dolomiticert, istituti di certificazione di Longarone, hanno spiegato sul Corriere che la decontribuzione Inps per tre anni prevista nei contratti a tutele crescenti (per gli imprenditori che assumono lavoratori a tempo indeterminato), potrebbe essere additata da Bruxelles come aiuti di Stato, espressamente vietati all' articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Fue). In tal caso quanto risparmiato dovrebbe essere restituito. Sul punto però il dibattito è più che aperto. La stessa Ue ha redatto un regolamento apposito (2204/2002 della Commissione, del 12 dicembre 2002) che autorizza gli aiuti di Stato per due categorie di sovvenzione all'occupazione, vale a dire gli aiuti alla creazione di posti di lavoro e gli aiuti all'assunzione di lavoratori svantaggiati e disabili. Gli altri tipi di aiuto all'occupazione non sono vietati, purché siano preventivamente notificati alla Commissione.