Brunetta (Fi): «La fiducia sul decreto lavoro è un imbroglio»
Il capogruppo di Forza Italia alla Camera: «Renzi lo fa perché non ha i voti della sua maggioranza, perché un partito, il Nuovo Centrodestra gli ha detto di 'no' e quindi se si fosse votato con il no del Ncd, se si fosse votato in maniera ordinaria, sarebbe caduto il governo, non ci sarebbe stata più la maggioranza»
ROMA - «La fiducia sul decreto lavoro è un imbroglio. Renzi mette la fiducia perché non ha la fiducia, perché non ha i voti della sua maggioranza, perché un partito, il Nuovo Centrodestra gli ha detto di 'no' e quindi se si fosse votato con il no del Nuovo Centrodestra, se si fosse votato in maniera ordinaria, sarebbe caduto il governo, non ci sarebbe stata più la maggioranza», ha sentenziato Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, a Radio Anch'io, su Radio Uno, presentando il suo ultimo libro «La mia utopia. La piena occupazione possibile».
FIDUCIA INSABBIATRICE - «Mettendo la fiducia - ha sottolineato l'ex ministro - drammatizzando fintamente la situazione, per il momento si rinvia al Senato quello che io ho chiamato 'porto delle nebbie' o 'porto delle sabbie', dove tutto ormai è insabbiato. È insabbiato l'Italicum, è insabbiata la riforma costituzionale e tra qualche giorno sarà insabbiato anche il decreto Poletti», ha concluso Brunetta.
PD DIFENDE CGIL - Poi Brunetta ha attaccato nuovamente il governo con una nota: «Qual è la ragione vera del contendere all'origine del duro scontro politico sul decreto legge Poletti, che tenta di rilanciare l'occupazione? La difesa di diritti violati? Il tentativo di tagliare le unghie al cattivo padronato che approfitta della crisi per aumentare il tasso di sfruttamento verso i suoi operai? Sciocchezze. Nemmeno fossimo in pieno '900». Per il presidente dei deputati di Fi «la ragione è più banale: la difesa della struttura burocratica e centralistica della Cgil. Se si aprono completamente le porte alla contrattazione decentrata, sono i lavoratori interessati a trattare direttamente sul posto di lavoro e le bardature burocratiche di un'organizzazione romano centrica diventano irrilevanti».
MERCATO SI ADATTA - «Questo, già oggi, è il modello prevalente. Il mercato del lavoro italiano, nelle aree del Paese che tirano, si è già ristrutturato - ha sostenuto l'esponente azzurro - adattandosi alle esigenze della produzione. Le clausole del contratto nazionale hanno subito una vera e propria mutazione, per tener conto dell'evoluzione dei singoli mercati. Turni, premi di produzione individuali, straordinari, ferie e via dicendo sono stati ricontrattati in funzione dei mutamenti intervenuti nell'economia aziendale. In questi processi, il sindacato nazionale non solo non è intervenuto, ma quando ha cercato di imporre la sua linea, è stato sbeffeggiato».
FERMARE EMORRAGIA OCCUPAZIONE - «Il costo della duttilità, mostrata dalle maestranze, si è scaricato interamente - ha detto ancora Brunetta - sui lavoratori a tempo determinato. Peccato che in Cgil non si leggano le statistiche. Si vedrebbe allora che l'occupazione è ancora in calo e lo sarà per tutto l'anno in corso. Colpirà prevalentemente l'agricoltura e l'edilizia. La prima oggetto di nuove imposte per finanziare il bonus elettorale di 80 euro. La seconda resa agonizzante dalla tassazione sugli immobili», ha continuato Brunetta. «Ma è soprattutto - ha concluso - il dato sulla disoccupazione dei precari che colpisce. In un anno i posti di lavoro persi sono stati pari al 6,1 per cento, contro l'1,3 per cento degli occupati a tempo indeterminato. Altro che diritti da tutelare: la vera sfida è arrestare quest'emorragia».
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