18 aprile 2024
Aggiornato 22:00
Il mondo del «bio» mette a segno una vittoria a Bruxelles

UE, CIA: Bene l’etichetta per il vino biologico

Un passo avanti per tutelare la «forza» del settore, anche se le norme richieste dall’Italia sul metodo di vinificazione erano ancora più rigide. Secondo la Cia così si danno garanzie ai consumatori e si premiano gli sforzi dei produttori

ROMA - Il mondo del «bio» mette a segno una vittoria a Bruxelles. Saranno le bottiglie dell’annata 2012 i primi prodotti trasformati a mostrare l’etichetta che garantisce sui processi di vinificazione rigorosamente biologici. È quanto afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando positivamente il risultato della seduta del 7 e 8 febbraio del Comitato permanente per gli standard biologici (Scof).
Questi vini, fin’ora contrassegnati soltanto dalla scritta «ottenuto da uve biologiche», rappresentano un settore in forte crescita - sottolinea la Cia -, soprattutto nell’export rivolto al nord Europa e agli Stati Uniti. In diversi paesi europei già oggi hanno raggiunto quote di mercato del 10 per cento.

L’Italia è il primo Paese produttore, con 52. 273 ettari investiti a vigneto biologico. Superficie distribuita su tutta la Penisola - continua la Cia -, ma con le regioni del Sud che la fanno da padrone: la Sicilia è in testa con 17.110 ettari, a seguire la Puglia con 8.365 ettari e la Toscana con 6.000 ettari.
È per questo - spiega la Cia - che il nostro Paese ha condotto una lunga battaglia in Commissione europea per ottenere un regolamento severo sull’uso di determinate sostanze necessarie per la vinificazione, volendo così tutelare i produttori italiani che vinificano con valori di solfiti molto più bassi di quelli da oggi imposti a Bruxelles. Ma sebbene la proposta italiana era ancora più restrittiva di quella poi approvata, i valori di anidride solforosa stabiliti sono comunque di gran lunga più bassi di quelli ammessi per i vini convenzionali.
La Cia ha più volte sostenuto la necessità di norme severe sul biologico. Il consumatore deve avere chiara in etichetta il metodo adottato per la trasformazione del prodotto, che, nel caso del bio, deve essere assolutamente restrittivo rispetto al convenzionale. Solo così si tutela la forza del biologico, si soddisfano le aspettative di una fascia sempre più ampia di consumatori e si premiano gli sforzi dei produttori.