18 aprile 2024
Aggiornato 09:00
La crisi del debito USA

Il giallo prosegue ma si riaprono i negoziati

Obama ha visto i leader Democratici e Repubblicani. La situazione non è affatto chiara, anche se qualche progresso sembra esserci stato

NEW YORK - Un accordo sull'innalzamento del tetto del debito a Washington ancora non c'è, ma la notizia è che i negoziati tra la Casa Bianca e i leader dei due schieramenti sono ripartiti, una circostanza che ha spinto alcuni organi di stampa locali ad esprimere grande ottimismo su un'intesa preliminare ormai prossima: Barack Obama ieri ha incontrato per 90 minuti il leader di maggioranza al Senato Harry Reid e la capogruppo dei democratici alla Camera Nancy Pelosi e ha sentito i leader repubblicani Mitch McConnell e John Boehner. Tuttavia, a due giorni dal 2 agosto, scadenza ultima per trovare un compromesso ed evitare il default del Paese, la situazione non è affatto chiara, anche se qualche progresso sembra esserci stato.

Quanto decisivo, non è dato sapere: McConnell e il presidente della Camera Boehner nel pomeriggio di sabato (la notte italiana) hanno detto che «un default non ci sarà», dando per imminente un accordo, ma la doccia fredda è arrivata poco dopo con Harry Reid che ha bollato come «del tutto false» le notizie su un avvicinamento. Un batti e ribatti verbale che si è protratto per tutta la giornata di ieri: «è tempo che ci dicano cosa vogliono fare e come intendono tirarci fuori dal cul de sac in cui hanno messo il Paese», ha detto Boehner, «farò tutto il possibile per fare progressi, ma finora non ce ne sono stati», ha ribattuto Reid, accusando i rivali politici di «non essere pienamente impegnati nelle trattative».

Farsi un'idea di quello che sta realmente succedendo dietro le quinte è un'impresa all'apparenza impossibile, mentre davanti alla telecamere si alternano ottimismo e dure stoccate. Obama non ha dubbi sul fatto che un accordo possa e debba essere trovato, per non gettare di nuovo il Paese nella crisi, per evitare la perdita del rating «Aaa», il massimo possibile, e per calmare i governi stranieri (perplessità sulle possibili ricadute soprattutto in Cina, il principale creditore degli Stati Uniti, Giappone ed Europa). «Il tetto è stato alzato 18 volte sotto Ronald Reagan, 7 durante la presidenza di George W. Bush e deve essere alzato ancora», ha detto il presidente durante il consueto discorso del sabato.

Le parole del presidente cadono nella confusione più totale. Il voto previsto questa notte al Senato sulla proposta di Reid (l'ultima versione prevederebbe l'innalzamento del tetto del debito in due tranche da 1.200 miliardi di dollari ognuna e una riduzione della spesa pubblica di 2.400 miliardi in dieci anni), è stato rinviato all'una, le 19 in Italia, per consentire alle due parti di trovare una soluzione di compromesso. D'altra parte, alla vigilia si era già levato, assai alto, il muro repubblicano: 43 senatori, guidati da McConnell, hanno inviato una lettera a Reid, definendo «inaccettabile» la proposta che la maggioranza avrebbe voluto mettere ai voti nella notte e la Camera, con un voto fortemente simbolico e ampiamente previsto, ha bocciato il testo, con 173 sì e 246 no, ancora prima che fosse ufficialmente presentato al Senato.