29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Stati Uniti

La crisi del debito USA spaventa le economie globali

Duro il monito cinese, l'Europa più diplomatica ma resta il timore

NEW YORK - Il rischio di default degli Stati Uniti, una prospettiva sempre più concreta man mano che si avvicina il 2 agosto, la scadenza ultima per alzare il tetto del debito, preoccupa l'America, ma sta anche aumentando la frenesia nelle stanze del potere da Pechino a Bruxelles: le economie mondiali attendono con ansia un compromesso a Washington e già valutano come proteggere i propri conti da un possibile effetto domino.
Secondo il New York Times, il problema nasce dal fatto che per i governi stranieri è difficile trovare una valida alternativa agli investimenti in dollari o nei titoli di stato americani, anche nel caso in cui gli Stati Uniti dovessero subire un downgrade del rating, mai sceso in passato al di sotto della «Aaa», un'eventualità finora considerata impensabile.

La Cina è il Paese che ha più da perdere, dal momento che detiene più debito americano di qualunque altro Stato (ha bond per 1.160 miliardi di dollari) e venerdì ha chiesto agli Stati Uniti di mettere fine all'impasse, definendo «irresponsabile il rischio di strangolare la ripresa economica ancora fragile americana e del resto del mondo». Secondo gli esperti, Pechino continuerebbe a investire nel debito americano, perchè la Cina ha enormi surplus commerciali che portano nel Paese dollari, da investire successivamente su terreni sicuri, appunto come i titoli di stato americani. Il problema è che i bond americani sembrano ora meno sicuri che in passato.

In Europa l'atteggiamento è più diplomatico, ma il monito non meno duro: «ci si chiederebbe perché gli Stati Uniti ricevono un trattamento diverso dal Portogallo», avevano detto fonti di Bruxelles. La preoccupazione principale è che il mancato accordo a Washington indebolirebbe ulteriormente il dollaro, facendo salire l'euro e rendendo più difficile per i governi del Vecchio Continente risolvere i propri problemi. E' lo stesso timore del Giappone, il secondo maggiore creditore degli Stati Uniti, che ancora non si è lasciato alle spalle i problemi derivati dal terremoto del marzo scorso.