E.coli anche negli USA, l'UE offre il suo aiuto
L'epidemia forse partita da un ristorante di Lubecca, secondo ipotesi. Smentito invece il primo caso sospetto in Italia, a Merano
BERLINO - L'epidemia del batterio E.coli, che ha provocato 19 vittime tedesche e migliaia di contagi in circa 13 paesi europei, ma non in Italia, si stabilizza ma non si ferma e, come era già successo per l'influenza suina, l'aviaria e via di seguito, arriva negli Stati Uniti, anche se si tratta di casi legati alla Germania.
Venerdì gli esperti del Robert Koch Institut hanno affermato che il propagarsi della malattia si è «stabilizzato». Ma intanto il batterio - secondo la stampa tedesca - avrebbe provocato un 19esimo morto nel Brandeburgo, il Land attorno a Berlino, anche se la vittima, un uomo sui cinquant'anni, soffriva di molti altri disturbi, e pertanto non è possibile attribuirne il decesso con certezza all'E.coli.
Il batterio sarebbe stato inoltre rilevato su due militari americani di stanza in Germania. Le autorità sanitarie statunitensi hanno precisato che oltre ai due soldati, si contano altri quattro casi sospetti di contagio, legati a quattro cittadini americani rientrati da un viaggio nel nord della Germania.
Smentito invece il primo caso sospetto in Italia, a Merano, dove un turista tedesco è stato ricoverato con una infezione intestinale di altro tipo. L'allarme era stato lanciato dal quotidiano locale Dolomiten. Il paziente - ha riferito l'ospedale - ha una infezione intestinale di altro tipo.
Sulla stampa tedesca si leggono numerose ipotesi, da una mega-festa «contagiosa» ad Amburgo (Focus) all'atto intenzionale (secondo Bild) smentito dalle autorità, che tentano di spiegare da dove proviene e come si è trasmessa l'epidemia mortale che ha il suo focolaio nel nord della Germania.
Il ceppo della malattia è stato identificato dall'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) in una forma rara di Escherichia coli, lo «0104:H4», già conosciuto, ma per la prima volta trasformato in epidemia. Secondo l'Oms, i casi di contagio sono stati segnalati in 12 paesi, e hanno tutti a che fare con la Germania. Il vettore di contaminazione, tuttavia, resta sconosciuto. Il batterio colpisce soprattutto le donne. Troppo rapidamente sono stati accusate le verdure. Secondo il laboratorio europeo di riferimento per l'Escherichia coli (E.coli), le analisi non permettono di affermare che questi alimenti siano all'origine dell'infezione. «L'allarmismo verso il consumo di verdure è ingiustificato», ha affermato in un comunicato il laboratorio, che ha sede all'Istituto superiore della Sanità a Roma, sconsigliando inoltre l'uso di antibiotici.
L'unica certezza per ora è che il focolaio dell'epidemia si trova nel nord della Germania, dove è stato registrato il maggior numero di vittime, ma ciò non significa che il batterio abbia avuto origine in quella zona. Mentre gli scienziati passano al vaglio centinaia di campioni, la polizia fluviale della regione indaga presso ristoranti e grossisti di verdura.
Il settimanale Focus ipotizza la possibilità che la malattia si sia propagata nel corso di una festa al porto di Amburgo, che si è tenuta tra il 6 e l'8 maggio e ha riunito 1,5 milioni di visitatori. Il primo caso di contagio sarebbe infatti stato registrato una settimana dopo all'ospedale universitario della città. Secondo il quotidiano regionale «Luebecker Nachrichten», gli inquirenti valutano la pista di un ristorante di Lubecca, dove 17 clienti sono stati infettati. Anche la Sueddeutsche Zeitung cita la pista di un ristorante della città settentrionale tedesca, dove un seminario di sindacati al quale avevano partecipato 34 donne si è svolto a metà maggio. Di queste, otto hanno sviluppato la malattia e una è morta. Nel buio totale il tabloid Bild la spara grossa e parla di un «atto intenzionale», ipotesi esclusa dal ministero dell'Interno contattato dallo stesso quotidiano.
Altro dato certo di questa epidemia sono i danni provocati ai produttori di frutta e verdura. I ministri europei dell'agricoltura si riuniranno in Lussemburgo per una seduta straordinaria, ma non prima del 17 giugno, secondo fonti diplomatiche di Bruxelles.