28 agosto 2025
Aggiornato 04:00
Polemica sul caso Libia

Unicredit, i sindacati attaccano la Lega

«Nessuna scalata». Nodo al comitato strategico la prossima settimana. Bersani: «Bene capitali esteri». Idv: «Operazione opaca»

ROMA - Aumenta la polemica sull'avanzata libica in Unicredit dopo la notizia che oltre alla quota del 4,98% in mano alla Banca centrale libica, la partecipazione del fondo sovrano Lia è salita di un altro 0,5%. Un aumento che porta il totale della partecipazione di Tripoli al 7,578%. Torna all'attacco la Lega Nord che - dopo le dichiarazioni del governatore del Veneto Luca Zaia che l'ha definita una 'scalata bella e buona' - parla ancora di rischio Opa sulla banca italiana. «Siamo preoccupati che ci sia un rischio di scalata - afferma Maurizio Fugatti del Carroccio - e vogliamo vederci chiaro su chi si nasconde dietro i due soggetti che insieme andrebbero oltre il 7%» del capitale di Unicredit.

Né il mercato né i sindacati tuttavia sembrano credere alla versione veneta. Piuttosto Fisac-Cgil, Fiba e Uilca criticano la Lega perchè «mentre sbraita contro la presenza dei libici in Unicredit - osserva Agostino Megale della Cgil - contemporaneamente utilizza questo elemento per contrattare più posti e più presenza dei leghisti nei centri di potere delle banche». E' di ieri, infatti, la notizia che la Lega ha conquistato sette posti su 25 nuovi consiglieri nella Fondazione Cariverona, cui fa capo tra l'altro il 4,6% di Unicredit.

Intanto il 'nodo' Libia, in vista del consiglio di amministrazione di Unicredit del 30 settembre, dovrebbe essere affrontato anche nel corso di una riunione del comitato strategico della banca che, pur non essendo ancora convocato ufficialmente, potrebbe tenersi giovedì 23 settembre.

AlAl comitato strategico il presidente Dieter Rampl dovrebbe fornire i primi approfondimenti sulla sua indagine se i soci libici siano da considerarsi separati oppure costituiscano un unico soggetto al quale si applicherebbe il limite del 5% al diritto di voto. Sarebbe un ulteriore confronto in vista del cda del 30 settembre che dovrà preparare le risposte alle informazioni chieste dalla Banca d'Italia sulle possibili ripercussioni del nuovo azionariato sulla governance dell'istituto. Intanto, anche la Consob ha accesso i riflettori sulla vicenda e lo scorso 26 agosto scorso, per tramite dell'Ambasciata d'Italia a Tripoli, ha inviato due richieste di informazioni, alla Central Bank of Libya e alla Lia, con l'obiettivo di accertare la percentuale aggiornata di capitale detenuto dai due soggetti, i rapporti partecipativi tra gli stessi, l'esistenza tra essi di accordi di voto, di blocco o di consultazione che prevedano l'acquisto di ulteriori azioni. Il fondo sovrano libico, nella risposta inviata ieri, si dichiara indipendente dalla Banca centrale. Si attende adesso anche la posizione della stessa Central Bank of Lybia. A gettare acqua sul fuoco ieri anche l'ambasciatore libico che ha chiarito che non c'è «nessun takeover» e che la quota attuale «va bene».

ToTornando alle reazioni interne, sulla vicenda è intervenuto anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani che ha definito «positiva» la presenza di capitale straniero dentro Unicredit, ma ha criticato invece la politica estera del governo nei confronti dei libici. «In generale - dice Bersani - credo che sia una buona cosa che si attirino capitali stranieri. Mi pare una cosa lievemente peggiore che abbiamo un certa politica estera nei confronti di questi paesi, non sempre improntata a un livello di dignità sufficiente. Questo un altro film». Gli stessi sindacati non temono scalate. Secondo la Fiba-Cisl un'Opa non è possibile proprio perchè esiste il tetto del 5% ai diritti di voto, ma anche perchè non è nelle intenzioni di Tripoli. Piuttosto il sindacato avverte il management a mantenere la propria autonomia. «Il management deve essere autonomo e sottrarsi sia ai condizionamenti dei libici sia alle pretese di condizionamento politico, come le pretese leghiste di controllare il gruppo attraverso il controllo delle Fondazioni». Anche secondo la Uilca non c'è nessun tentativo di scalata perchè Unicredit è un gruppo troppo «forte e grosso», ma occorre «combattere le spinte della Lega con «un ritorno della banca al territorio, vicino alle persone». L'Idv, invece, esprime preoccupazione per la scarsa trasparenza dei movimenti libici. «C'è grande preoccupazione perché questi capitali libici arrivano in Unicredit in modo opaco. Quando si fa una scalata - avverte Elio Lannutti - si dovrebbe dire innanzitutto quali sono le finalità dell'investimento. Questo manca e manca il controllo della Banca d'Italia».