29 marzo 2024
Aggiornato 15:00
La crisi del debito

Il Fmi promuove i conti italiani

Ma preme sui tagli alle spese. Strauss-Kahn: «Urgente per tutti affrontare il nodo deficit-debito»

ROMA - I conti italiani stanno tenendo anche in questi mesi di tensione sui mercati. E, dopo le efficaci misure intraprese negli anni scorsi mettere sotto controllo la spesa pensionistica, i margini di miglioramento vanno ricercati sul versante della spesa sanitaria e in una maggior efficienza nel recupero dell'evasione dell'Imposta sul valore aggiunto (Iva) e delle accise.
E' quanto emerge dal «Fiscal Monitor» del Fondo Monetario Internazionale, pubblicato oggi, nel quale l'istituzione di Washington invita tutti i Paesi a non abbassare la guardia per il rientro dalle misure straordinarie messe in atto per uscire dalla grave recessione dei mesi scorsi.

E' ora urgente - ha detto il direttore del Fmi Dominique Strauss-Kahn nella prefazione al documento - iniziare a mettere in atto delle misure per assicurare che l'aumento dei deficit e dei debiti pubblici derivati dalla crisi, principalmente dalla perdita di produzione e di gettito fiscale, non provochino problemi di sostenibilità dei conti pubblici. E bisognerebbe porre attenzione, nel momento in cui i i decisori pubblici attuano strategie per uscire dagli interventi che erano stati varati per affrontare la crisi, che tali misure non mettano a repentaglio la ripresa economica».

Lo studio Fmi prevede che il deficit italiano toccherà quest'anno il 5,2% del Pil per scendere al 4,9% nel 2011, al 4,7% nel 2014 e al 4,6% nel 2015. Il debito lordo salirà invece al 118,6% nel 2010, al 120,5% nel 2011, al 123,9% nel 2014 e al 124,7% nel 2015. L'avanzo primario,, vale a dire il saldo tra entrate e uscite al netto del servizio del debito, nel 2010 sarà negativo dello 0,8% mentre nel 2011 registrerà un rosso dello 0,3% e tornerà positivo dello 0,8% nel 2014 e all'1,1% nel 2015.

Dove intervenire per migliorare la performance dei conti pubblici italiani? Sicuramente sulla spesa sanitaria che in termini percentuali rispetto al Pil secondo lo scenario base Fmi parte dal 6,3% di quest'anno per passare al 6,9% del Pil nel 2015, al 7,5% nel 2020, all'8,9% nel 2030, al 10,2% nel 2040 e all'11% nel 2050.
E sicuramente sul versante fiscale, dove, attraverso il recupero dell'evasione l'Italia potrebbe mettere a segno un recupero di gettito Iva e di accise pari addirittura a 5,1 punti di Pil. Diverso invece il discorso delle pensioni dove l'istituzione di Washington riconosce che l'Italia ha attuato riforme «significative».

Lo studio include poi una tabella, già anticipata dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti agli incontri Fmi di Washington, secondo la quale l'aggiustamento del bilancio pubblico - nella misura dell'avanzo strutturale primario tra il 2010 e il 2020 - necessario per riportare il debito pubblico di vari Paesi al 60% del Pil entro il 2030 risulta in Italia paragonabile a quello della Germania.

Secondo tali stime l'avanzo primario strutturale (cioè la differenza tra entrate e uscite di uno stato depurata dagli effetti del ciclo economico e al netto degli interessi sul debito) da conseguire nel decennio in questione per Italia e Germania, è attorno al 4% del Pil: una correzione molto inferiore rispetto a quella richiesta alla Francia (8,3%), a Regno Unito, Spagna e Irlanda che, nell'ordine presentano valori compresi tra l'8 e il 10%. Per non parlare di Usa (avanzo da conseguire di quasi il 12%), di Giappone, (circa 13%) e Grecia (quasi il 16% del Pil.