27 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Una emergenza che non può più essere sottovaluta

Bondi: privilegiare la meritocrazia per ritrovare l’onestà

La corruzione si è trasferita dal centro alla periferia

«I partiti devono ridiventare scuole di educazione politica e morale per la formazione di una nuova classe dirigente competente e onesta», le parole del ministro e coordinatore nazionale del Pdl accendono i riflettori su una emergenza che non può più essere sottovaluta: l’Italia, se vuole conservare il suo ruolo nel mondo, deve riportare la competenza in cima alla scala dei valori. Sarà anche un modo per ritrovare il senso dell’onestà.

Indipendentemente dalle vicende di questi giorni nessuno può negare che il Paese ha un deficit di meritocrazia che la complessità della modernizzazione ha reso ormai insostenibile.
L’avvento sulla scena politica di Silvio Berlusconi ha spazzato via il centralismo dei partiti, ma l’esempio dell’uomo che meglio interpreta in Italia il concetto di self made man, è ancora lontano dall’essere penetrato nella pelle degli stessi che nel «premier» vedono un leader da amare.
Berlusconi non ha solo affermato un modello, ha imposto l’azzeramento del centralismo dei partiti che nella Prima Repubblica si era nutrito soprattutto di voto di scambio.
Chi accusa Berlusconi di cesarismo non può non riconoscere al suo mega protagonismo e alla forza di attrazione da esso esercitata, una assoluta impermeabilità al metodo dello scambio elettorale.
Se uno scambio c’è, questo si verifica in un immagine di società che Berlusconi riesce ad evocare e nella quale la maggioranza degli italiani dimostra di riconoscersi.

Berlusconi dimostrò la ferma volontà di depennare dalla scena politica il voto di scambio fin dal momento in cui fece piazza pulita di quei circoli che pure erano stati alla base della sua prima affermazione come leader di Forza Italia.
E in seguito non è mai venuto meno a questo impegno, tanto da entrare sistematicamente in rotta di collisione ogni volta che qualche colonnello della sua squadra gli ha prospettato la riedizione, sebbene riveduta e corretta, dei vecchia partiti.
L’ultima applicazione del metodo Berlusconi è stato il «discorso del predellino» in piazza Duomo. Quando, con un colpo di teatro, non solo azzerò Alleanza Nazionale, ma mise anche il bianchetto sui circoli della Brambilla, dei quali infatti si è persa la traccia.
Il metodo Berlusconi è stato inoltre sintetizzato in queste ore da Gianfranco Fini, il quale ha ricordato che «oggi chi ruba lo fa per le proprie tasche e non per il partito».

Detto questo, bisogna domandarsi: quanta parte di questa filosofia è penetrata in questi anni nella vita e nel rapporto affari-lavoro degli italiani?
Per capirlo, come prima cosa da fare, intanto è meglio dividere l’onesta dalle competenze.
Assumiamo infatti, per ipotesi, che la corruzione, anche se diffusa, resti un fenomeno marginale. Purtroppo resta il fatto che la mancanza di meritocrazia era ed è rimasto un deficit strutturale che nemmeno per ipotesi può essere circoscritto in episodi isolati.
Basta vedere i sondaggi di questi ultimi anni, dove non c’è stata rilevazione in cui i giovani non abbiano individuato nella raccomandazione la strada migliore, se non l’unica, a cui affidare il proprio futuro.
Il che vuol dire che chi non è nipote aspira ad esserlo, chi non è già cliente è già pronto a diventarlo.
Come si è prodotta la contraddizione fra il metodo Berlusconi e il dominio della cultura che privilegia le relazioni alle competenze? Probabilmente con il diffondersi della gramigna dal centro alla periferia.
Una volta il punto di riferimento di chi era alla ricerca di una raccomandazione, di una nomina, di un appalto, era il deputato, ora è il consigliere regionale o l’assessore comunale.
«Oggi sono più numerosi che nel passato coloro che vivono di politica», ha ricordato Sandro Bondi per giustificare il suo richiamo alla responsabilità dei partiti nei confronti dell’onestà e della competenza.

La partita, aggiungiamo, noi non è solo di ordine morale. Il mondo del lavoro sta assumendo forme del tutto nuove che riserveranno molte sorprese e non tutte gradevoli.
Già oggi, per avere un’idea di che cosa ci aspetta in futuro, il centro di calcolo della Banca Sella è diretto da ingegneri indiani e i giovani dipendenti italiani dell’istituto di credito biellese sono stati mandati a studiare i nuovi sistemi matematici a Bangalora.
Quando la concorrenza dei paesi emergenti diventerà pressante anche nella qualità, e quel giorno non è lontano, all’Italia non resteranno che due strade: o dovrà accettare la sfida a tutto campo della modernità, dando un addio al sistema che premia relazioni e raccomandazioni; o sarà costretta a rifugiarsi nell’autarchia, come ai tempi delle sanzioni, ritornando a fare il caffè con la cicoria e la suola della scarpe con il cartone pressato.