2 maggio 2024
Aggiornato 01:30

USA: da Fed messaggio speranza: primi «germogli» ripresa economia

Segnali incoraggianti arrivano anche dal mercato immobiliare

NEW YORK - Finalmente, e a dispetto della crisi ancora in atto che si conferma la peggiore dal periodo della Grande Depressione, è possibile scorgere negli Stati Uniti i primi «germogli» di una ripresa economica. Merito delle tante misure adottate dalle autorità di regolamentazione dei mercati Usa, prima tra tutte la Federal Reserve, che ha agito prontamente e in modo incisivo per evitare il peggio. A dirlo è stato lo stesso Richard Fisher, presidente della Federal Reserve di Dallas.

Intervenendo a un forum che si è svolto a Tokyo, in Giappone, Fisher ha tenuto a precisare anche che nessuno può accusare la Fed di essere lenta nel rispondere alle crisi che sconvolgono l'economia. «Se poi le (manovre) adottate siano state sufficienti o meno, è troppo presto per dirlo» ha avvertito, lanciando però allo stesso tempo un messaggio di speranza. «Stiamo iniziando ad assistere ad alcuni segnali incoraggianti», e la combinazione di manovre volte a sostenere il sistema finanziario e di stimoli fiscali potranno aiutare l'economia a segnare una ripresa che sia solida e sostenibile. Anche perché il punto è proprio questo: riuscire a garantire un recupero dell'economia che sia duraturo, dunque che non abbia una natura meramente episodica, e che poggi su solide basi. D'altronde, la bufera finanziaria ha colpito le stesse basi dell'economia, ed è su queste che bisogna lavorare.

Detto questo, le parole di Fisher fanno ben sperare sulla fine del tunnel, e sembrano avallare i segnali di miglioramento che sono arrivati recentemente dal fronte economico Usa. Nessun investitore e analista ha ignorato infatti il balzo delle vendite di case esistenti, che a febbraio sono salite di ben il 5,1 per cento. Né si può dimenticare la recente dichiarazione del presidente Barack Obama, che lo scorso 23 marzo ha detto di intravedere «spiragli di speranza» nel mercato immobiliare degli Stati Uniti. Insomma, anche volendo ignorare le dichiarazioni del numero uno della Fed di Dallas, è innegabile che qualcosa stia davvero cambiando nel quadro economico Usa e, questa volta, non in peggio. Fisher ha comunque difeso il principio della «distruzione creativa» inerente a ogni sistema capitalistico; un principio di cui gli Stati Uniti «sono i maestri».

Detto questo, su quello che sarà il ruolo degli Usa una volta superata la crisi, «non dico che l'America manterrà la sua egemonia nel mondo, ma ritengo che abbiamo una buona opportunità, così come ogni altro paese, di continuare ad assicurare l'equilibrio e la stabilità che abbiamo garantito al mondo, non appena usciremo da questa situazione» di crisi. Questo, anche perché per l'appunto gli Stati Uniti possono contare sulla Fed. «Siamo la banca centrale dell'economia più importante del mondo, e siamo determinati a ricorrere a qualsiasi strumento in nostro possesso per risolvere il disordine in cui il nostro sistema finanziario si è trasformato, e per tornare su un cammino di crescita economica sostenibile caratterizzata dalla stabilità dei prezzi». La volontà di agire per ridare fiato all'economia americana, rassicura dunque Fisher, c'è tutta. Anche perché, ha precisato lui stesso, all'orizzonte ci sono ancora molte sfide da superare, e una di queste è rappresentata dal tasso di disoccupazione, che «potrebbe sorpassare» il 10% entro la fine dell'anno. Un valore decisamente alto, al di sopra anche dell'8,5%, il massimo dal 1953, testato a marzo, mese in cui l'economia Usa ha perso anche altri 663.000 posti di lavoro. Eppure, nonostante i dati e le previsioni scoraggianti relative al mercato del lavoro Usa, è importante segnalare come a credere nei «germogli«di ripresa di cui parla Fisher, sono sempre più economisti americani.

Di fatto, Fisher si fa portavoce del pensiero di un numero crescente di analisti, che appaiono meno pessimisti rispetto a qualche mese fa. A testimoniare il cauto ottimismo - se non sulla fine della crisi, almeno sulla presenza di segnali incoraggianti -, è la stessa stampa Usa. Se fino a poco tempo fa, la parola recessione appariva nelle prime pagine delle principali testate, ora, accanto alla carrellata di dati che confermano il periodo buio che gli Stati Uniti comunque stanno vivendo, c'è anche qualche visibile barlume di speranza. Forbes scrive per esempio nell'articolo 'The Recovery Begins' che infatti, ferma restando la crisi dell'occupazione, alcuni settori iniziano a rialzare lentamente la testa. A dirlo sono per la precisione i due autori dell'articolo, Brian S. Wesbury e Robert Stein, rispettivamente capo economista ed economista senior di First Trust Advisors, società di consulenza con sede a Wheaton, in Illinois. Entrambi fanno riferimento agli ultimi dati relativi alle vendite di case, alle vendite al dettaglio, e anche all'andamento dei prezzi delle materie prime: tutti indicatori che, spiegano, stanno dimostrando che il mare di liquidità iniettato nel sistema dalla Fed sta iniziando a produrre i suoi effetti. Per assistere a questi effetti, sottolineano, «c'è bisogno di aspettare almeno sei mesi, ma quando la Fed procede a una iniezione di liquidità nell'economia, la spesa aumenta». Wesbury e Stein sono dunque sicuri che il motore dell'economia si stia rimettendo finalmente in attività, e che alla fine questa recessione che ha sconvolto il mondo intero si confermerà una recessione a 'V'.

E' impossibile d'altronde, affermano convinti, che «l'economia americana ignori questa inondazione di liquidità». E il riferimento è anche alla performance di Wall Street, con il Dow Jones che, nel mese fino allo scorso venerdì 3 aprile, è salito di ben il 22,5%, il Nasdaq del 27,8% e lo S&P 500 del 24,5 per cento. C'è poi Business Week, che oggi ha dedicato una lunga analisi al mercato immobiliare Usa, la 'fonte' da cui si sono diramati i problemi che hanno messo in ginocchio la congiuntura; che ora, dice il settimanale, sta mostrando alcuni segnali di ripresa. Gli esempi non mancano, e sono relativi ad alcuni mercati del mattone Usa, che lo scorso anno erano entrati a far parte della classifica dei più colpiti dal terremoto finanziario: come Cape Coral, in Florida, che nel 2008 aveva visto molti cittadini Usa incapaci di rimborsare le rate dei mutui perdere il diritto di riscatto sulla propria casa, e perdere di fatto l'immobile. La situazione sembra però cambiata ora, perché improvvisamente molti aspiranti acquirenti di case si stanno facendo finalmente avanti. E Cape Coral scrive il Business Week, «non è l'unica maglia rosa del mercato immobiliare». Ci sono infatti molte regioni che stanno iniziando a mostrare segnali di vita: a dimostrarlo sono le vendite di case nella costa del Golfo in Florida, nell'Inland Empire della California vicino a Los Angeles, e nell'area metropolitana di Las Vegas, che sono balzate di più l'80% a febbraio rispetto allo stesso periodo dell'anno.

Certo, lo stesso Fisher ha sottolineato che è probabile che l'economia americana si sia contratta di un altro 6,3% nel corso del primo trimestre. Ma poi lui stesso si definisce «fiducioso sulle politiche innovative adottate dalla Fed, che faciliteranno e anzi, velocizzeranno il processo di ripresa». A parlare di spiragli di speranza, dunque, non è solo Fisher. Gli stessi fatti e dati dimostrano che diversi mercati stanno mostrando segnali di ripresa, a tutto vantaggio dell'ottimismo dei cittadini Usa, che sembra tornare, seppur debolmente, a fare capolino. Un recente sondaggio messo a punto congiuntamente dal New York Times e da Cbs rivela infatti che gli americani sono più ottimisti sull'economia. La percentuale di chi ritiene che la congiuntura è destinata a peggiorare è infatti scesa dal 54% del periodo immediatamente precedente all'ascesa al potere ufficiale del presidente Usa Barack Obama lo scorso gennaio, al 34% di oggi. E il 20% pensa che l'economia stia migliorando, contro il 7% della metà di gennaio.