19 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Crisi: Allarme Filcem Cgil

20mila posti a rischio nella chimica

In arrivo uno «Tsunami» occupazionale

ROMA - Un autentico ‘tsunami’ si sta abbattendo non solo sul settore auto ma anche sulla chimica. L’allarme lo lancia la Filcem-Cgil, che vede la situazione lavorativa del settore, dopo la lunga fermata degli impianti per le feste natalizie, destinata a peggiorare drasticamente. Almeno 15.000 sarebbero gli addetti a rischio (pari al 12% della forza lavoro totale), ai quali vanno aggiunti gli oltre 5.000 già in cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, più un altro migliaio in mobilità. Evidente, poi, la caduta delle assunzioni dei lavoratori interinali (circa 1.000 è la stima del sindacato), e la proroga o l’imminente utilizzo della cig in deroga per migliaia di addetti delle aziende in appalto (concentrate prevalentemente nella manutenzione e logistica).

Pessime previsioni di crescita - E incombono, come una spada di Damocle, le pessime previsioni di crescita della produzione per il 2009 e le dinamiche per i singoli comparti: la chimica di base passerebbe da un +3,6% a zero; plastiche e resine dal 2,1% a -1; le fibre chimiche (-11%); fertilizzanti (-3,5%); vernici (-0,5%), nè sono attesi risultati migliori nemmeno nella chimica di vasto consumo (detergenti e cosmetici, -0,5%. «Se la congiuntura economica non cambierà segno – avverte un preoccupatissimo Alberto Morselli, segretario generale della Filcem-Cgil - rischiamo di avere da subito un utilizzo intensivo della cassa integrazione con riflessi sull’occupazione difficilmente prevedibili». Inoltre, sul piano nazionale, pesano la lenta ma progressiva fuoriuscita dalla chimica del gruppo Eni, cui si lega la non ben definita situazione del petrolchimico di Porto Marghera: a ciò si aggiunge il fatto che Montefibre ha reso note difficoltà che possono compromettere l’attuazione dell’accordo di agosto 2008, per la realizzazione dell’innovativa fibra al carbonio.

Ciclo del cloro - Per non parlare poi delle prospettive assai incerte sul futuro del ciclo del cloro e le ricadute negative sui siti produttivi della Sardegna, Porto Torres e Assemini (nel complesso 4.000 lavoratori in bilico, tra diretti e indotto). Così come conseguenze nefaste sono probabili in Emilia Romagna (nell’area ravennate sono a rischio alcune centinaia di posti di lavoro) e nel polo di Priolo–Siracusa (2.000 le unità in pericolo). Sempre sul fronte chimico, da segnalare la Caffaro di Torviscosa (Udine) e di Brescia (circa 400 i dipendenti coinvolti) per la quale è stato adottato il provvedimento di nomina del liquidatore.

Insomma la petrolchimica sconta l’effetto della crisi mondiale prima di altri. E’ l’anello della catena delle materie prime necessarie alla trasformazione dei prodotti per il comparto manifatturiero, che, a sua volta, risente in prima persona della crisi. Quest’anno il quadro generale è destinato a peggiorare per il rallentamento della domanda, unito all’inasprimento delle condizioni del credito. E le più colpite saranno le imprese più orientate alle esportazioni. «E' anche per questo che proponiamo l’immediata convocazione del tavolo nazionale della chimica – insiste Morselli - che impegni il Governo e il sistema delle imprese». «Ma da queste orecchie il Governo non ci sente, se fosse vero – incalza Morselli – che Berlusconi in persona avrebbe dato ordini di rinviare tutto al giorno dopo le elezioni in Sardegna!».» Insomma, si allungano i tempi, si annunciano convocazioni senza darvi seguito. Ci sentiamo – incalza Morselli - presi in giro».

Farmaceutica - Ma non c'è solo la chimica in ginocchio: in difficoltà sono anche tutti gli altri comparti del settore e l’elenco delle crisi aziendali si allunga ogni giorno di più.
Nella farmaceutica, ad esempio, in profonda fase di riorganizzazione, siamo addirittura all’allarme ‘rosso’: sono circa 5000 le unità a rischio annunciate per il 2009 coinvolgendo quasi tutti i più importanti gruppi che operano in Italia (Astrazeneca, Wyeth, Bracco, ecc.). La Pfizer è il caso più recente: il 12 gennaio l’azienda ha avviato le procedure di mobilità per 556 lavoratori (informatori scientifici del farmaco), oltre alla cessione dello stabilimento di Latina e a quella annunciata del sito Pisticci (Matera).

Ma i problemi per il sindacato non si fermano qui: c’è il taglio di 320 addetti nella ricerca da parte di Merck (Pomezia) e Glaxo Sk (Verona), «che, insieme all'innovazione – insiste Morselli - dovrebbe essere invece la frontiera del futuro». In quest’ultima società cresce la preoccupazione per l’apertura della procedura di mobilità per altri 97 ricercatori su 312, cioè con una riduzione di quasi un terzo dell’impegno nell’area, dopo che già sei mesi fa erano stati ‘sacrificati’ 40 ricercatori e 79 dipendenti nelle aree di Pharma (servizi) e produzione. Senza dimenticare la cig per 550 addetti avviata da Marvecs e XPharma e le prospettive nere alla Bayer, a causa della chiusura dell’impianto di Rosia (Siena).

Settore manifatturiero - Un vero e proprio bollettino di guerra sta sconvolgendo l’intero settore manifatturiero. Le grandi multinazionali dell’industria del vetro chiudono stabilimenti, mettendo il personale in cig: è il caso della Owens Illinois di Castel Maggiore (Bologna), con 107 lavoratori coinvolti; della Pilkington di Chieti, dove si assenteranno 1.800 dipendenti per 13 settimane; della Seves di Firenze (180 unità in cigs per 12 mesi); nel distretto artistico di Murano, famoso nel mondo, ma in grave crisi, dove in 600 (su un totale di 800 addetti) sono in cig; della Rocco Bormioli, che ha annunciato fermate produttive - nel corso del 2009 - negli stabilimenti di Altare (Savona) e Fidenza (Parma), con 590 addetti interessati.

Ma la vertenza all’ordine del giorno si chiama Asahi Glass Company (Agc), il gigante giapponese leader mondiale nella produzione del vetro per auto e edilizia, che ricorrerà alla cassa integrazione straordinaria per dodici mesi – a partire dal 1 febbraio 2009 - per gli stabilimenti di Cuneo e Roccasecca (Frosinone): interessati fino ad un massimo di 370 lavoratori. Il ricorso alla cassa integrazione straordinaria è ormai pratica diffusa anche nel comparto delle lampade e display, alla Videocon di Anagni (950 le persone colpite, ma nell'intera provincia di Frosinone su 9600 addetti, 5500 sono in stato di crisi aziendali), ma anche alla Osram di Treviso (390 su 700) e alla Leuci di Lecco (80 su 130 per tutto il 2009).

La crisi («pura speculazione», aveva denunciato subito Morselli) che più ha avuto, proprio recentemente, una vasta eco riguarda un’impresa ‘gioiello’ della ceramica, uno dei simboli del made in Italy, la Iris Ceramica di Sassuolo, al 5° posto della relativa classifica mondiale, che dopo aver annunciato improvvisamente, il 5 gennaio, la messa in liquidazione dei 3 stabilimenti con 780 lavoratori in via di licenziamento, il 17 gennaio ha raggiunto un accordo con sindacati ed Enti locali che scongiura la dismissione, in attesa della definizione di un nuovo piano industriale da discutere con I sindacati.

Passando alle piastrelle, è prevista una cig per 6.000 lavoratori (su 22.000 addetti circa) appartenenti soprattutto al distretto leader di Modena, Reggio Emilia, Faenza, mentre nel comparto dei refrattari l’organico (150 unità) della Sirma di Venezia è tutto in mobilità, con i lavoratori che stanno lottando per tenere aperta la fabbrica. Nella ceramica sanitaria, alla crisi conclamata del distretto di punta di Civita Castellana (Viterbo), dove su 50 aziende in 44 si fa ricorso alla cig, per complessivi 1300 lavoratori su 2650 addetti, si aggiungono i 300 «interinali» licenziati. Nel settore delle stoviglierie, le 200 lavoratrici rimaste sono invece in contratto di solidarietà: il caso più eclatante è quello della «Quadrifoglio» (400 dipendenti) che ha terminato la cigs e ha messo tutti in mobilità. Non va meglio alla Cesame di Catania, con la produzione attualmente ferma e il personale confinato in mobilità (180 unità) o in attesa di cig (gli altri 137). Clima ugualmente pesante alla Ideal Standard, dopo che la multinazionale americana ha bloccato i suoi 4 impianti italiani fino a tutto gennaio, cui seguirà per i 2.000 addetti un mese di cassa.

Un quadro a tinte fosche è anche quello della gomma–plastica, dove si fatica ad individuare aziende che non abbiano, o non avranno, procedure di cig o mobilità, a partire da 190 lavoratori della Pirelli (130 alla Tyre e 60 alla Re) e alla cessazione della produzione pneumatici nello stabilimento Michelin di Stura (Torino). Così come versa in grosse difficoltà tutto il comparto dell’indotto auto, Cf-Gomma su tutti: «Qui si rischia la chiusura – avverte la Filcem -, dopo le recenti ristrutturazioni effettuate dal gruppo, ma tutto dipenderà ovviamente dall’andamento della crisi Fiat. In generale, si prevede un 2009 pesante per la gomma, malgrado il buon accordo raggiunto con Michelin il 2 dicembre 2008, dove «siamo riusciti – ricorda Morselli - a strappare un impegno di 200 milioni di euro di investimenti nei prossimi cinque anni, e un analogo impegno a ricollocare tutto il personale di Stura, potenziando l’impianto di Cuneo». L'auspicio è che negli altri due colossi della gomma, Bridgestone e Pirelli, ci sia uno stesso impegno a mantenere gli investimenti annunciati, a cominciare dal nuovo stabilimento che Pirelli realizzerà a Torino.

La crisi si fa pesantemente sentire perfino nei distretti industriali della concia: ad Arzignano (Vicenza), su 8.000 addetti, 600 sono in mobilità e più di un migliaio in cig, distribuiti in 115 aziende; a S. Croce (Pisa), dove a finire in cassa sono in 400 (+30% rispetto al 2007), mentre svariate piccole imprese hanno chiuso i battenti; a Solofra (Avellino) la Albatros, la più grande conceria dell’omonimo distretto, ha collocato 400 persone tra cig e mobilità, per non parlare, poi, di alcune realtà del centro storico (un’ottantina gli addetti) che stanno cessando l’attività, senza alcuna possibilità di ricorso agli ammortizzatori sociali. «Il piano del governo è da rispedire al mittente per l'assenza di una politica industriale – è polemico il segretario Filcem-Cgil - , e anche perché per queste imprese, come per quelle artigiane, non è prevista alcuna estensione della cig, ma solo un modesto ampliamento dell’indennità di disoccupazione».

Interventi congiunturali - «Lo voglio ricordare: è evidente una colpevole sottovalutazione della crisi e dei suoi effetti sul piano sociale da parte del Governo, aggiunge Morselli. E' chiaro che ora siamo agli interventi congiunturali, nessuna fabbrica deve essere chiusa, per questo chiediamo più fondi per la cassa integrazione, per la cassa integrazione in deroga, l'aumento dei massimali di cassa, esempi di solidarietà generalizzata, un fisco che faccia la sua parte. Ma poi, a crisi terminata, c'è bisogno di pensare ad interventi strategici e concentrare sin da subito le risorse su ricerca, innovazione di prodotto e di processo, più brevetti, formazione permanente. In questo ambito la riforma della Pubblica amministrazione che supporti i progetti industriali è un'esigenza inderogabile. Perchè dalla crisi – conclude Morselli – occorre uscire a testa alta, senza desertificazioni del nostro apparato industriale, creando le condizioni per il suo rilancio competitivo nella divisione internazionale del lavoro».