5 maggio 2024
Aggiornato 00:30
Fissato il prezzo di vendita. Resta aperta la questione del partner straniero

Alitalia: via libera a CAI

Tutti i dettagli e i numeri dell'acquisto da parte di Cai saranno resi noti in una prossima conferenza stampa, in cui Fantozzi promette che «vi spiegheremo tutti i numeri e tutto sarà chiaro a tutti con trasparenza»

Con la definitiva approvazione da parte del ministro Scajola, finalmente è stato raggiunto l'accordo per la vendita di Alitalia alla Cai. Per una cifra, che non potrà essere inferiore ai 1052 milioni di euro, il commissario straordinario, Augusto Fantozzi potrà procedere alla vendita di una parte degli asset dell'azienda alla cordata italiana di imprenditori.
Tutti i dettagli e i numeri dell'acquisto da parte di Cai saranno resi noti in una prossima conferenza stampa, in cui Fantozzi promette che «vi spiegheremo tutti i numeri e tutto sarà chiaro a tutti con trasparenza».

La più significativa variazione rispetto agli accordi iniziali sta nel prezzo pattuito che è lievitato di 52 milioni rispetto all'iniziale proposta da parte di Cai, pronta a sborsare 1000 milioni. «La prima e più significativa variazione - si legge nel parere recapitato dal comitato di sorveglianza al ministro prima della firma - riguarda il corrispettivo che Cai si impegna a corrispondere a fronte della cessione di alcuni asset del gruppo Alitalia e che viene elevato da euro 1.000 Milioni ad euro 1.052 Milioni. Questo corrispettivo si pone a fronte di un prezzo individuato dal perito esperto indipendente Banca Leonardo, fissato in euro 1.051 Milioni».

Il premier Berlusconi, entusiasta dopo il «cu cu» al cancelliere tedesco Merkel, ha caldeggiato l'ingresso di Lufthansa come partner straniero, soprattutto per garantire il mantenimento del hub di Malpensa ed evitare bruciori di pancia per le reazioni della Lega in caso contrario. Di contro la compagnia aerea tedesca non si è sbilanciata, preferendo dichiarazioni neutrali e cortesi. «Il mercato italiano per noi è molto interessante e molto importante. Stiamo seguendo molto da vicino e costantemente la situazione», si è limitata a dire la portavoce Claudia Lange.

La questione del partner straniero rimane aperta soprattutto dopo le ultime dichiarazioni di interesse da parte di Air France si entrare a far parte del progetto Alitalia: « l'obiettivo degli investitori del Cai di cedere al partner straniero una quota del 20-25% ci sembra ragionevole. Ha un suo peso commerciale». Così si è espresso il presidente della compagnia franco-olandese Jean Cyril Spinetta aggiungendo che «in termini di governance saremo attenti ai bisogni della parte italiana».

Spinetta è intervenuto anche sulla questione della scelta degli hub. «La scelta degli hub spetta a Cai. Non abbiamo alcuna prevenzione contro Milano. Ho già detto a Colaninno che non esprimiamo preferenze né per l'una né per l'altra capitale italiana economica o politica. La sola cosa che ho detto è di fare una scelta coerente sul piano strategico». Rimane però abbastanza evidente che proprio per scelte strategiche, a differenza di Lufthansa, AirFrance sia più «simpatizzante» dello scalo di Fiumicino.

«Prendiamo atto della decisione assunta dal governo su Alitalia, ma per noi la vicenda è ben lontana dall’essere conclusa. Restano tutt’ora in piedi questioni cruciali, sulle quali si gioca il futuro, la stabilità e la credibilità della compagnia». E’ quanto ha dichiarato Andrea Martella, ministro ombra delle Infrastrutture e deputato del PD. «E’ necessario – ha proseguito Martella – tenere alta l’attenzione sul destino dei lavoratori, su ciò che avverrà riguardo al piano industriale e sulla tutela dei creditori verso Alitalia, tanto per citare alcune problematiche che sono e restano aperte».
«Ma bisognerà vigilare anche sui servizi agli utenti – ha aggiunto il deputato del PD – prestando attenzione all’andamento delle tariffe, e sul rischio di restrizione delle rotte, che porterebbe ad una penalizzazione del nostro sistema aeroportuale».
«E, naturalmente, la questione che è e resta più urgente è la verifica della scelta del partner straniero, indispensabile per il rilancio e la tenuta della compagnia. Una scelta che deve avvenire sulla base di proposte industriali e di scelte strategiche, e non come conseguenza né di pressioni
politiche né di battute come quella in cui si è esibito ieri il presidente del Consiglio Berlusconi nei confronti del premier tedesco».
«Il Pd – ha concluso Martella – continuerà a vigilare sull’insieme di queste questioni, nell’interesse dei cittadini – che pagano a caro prezzo la soluzione trovata per Alitalia – e dell’economia del Paese».

Giudizi negativi verso l'atteggiamento del governo sono arrivati anche da Cesare Damiano. Per il viceministro ombra del Lavoro «il governo anziché presentare un piano organico e straordinario di tutele sociali di fronte alla profondità della crisi, si muove a singhiozzo, con misure che da una camera all’altra non reggono il principio di non contraddizione. Infatti, mentre il ministro Sacconi, finalmente, annuncia di voler dare maggiori risorse per gli ammortizzatori sociali, dall’altra parte esponenti della maggioranza, al senato, cancellano con un emendamento le tutele dei lavoratori di rami di grandi aziende in crisi che vengono dismesse impedendo così il loro riassorbimento nelle nuove imprese. E’ una misura grave che segna l’ennesima scelta ai danni dei lavoratori, contribuendo a rendere ancora più difficile la vicenda Alitalia.
Va ricordato che il primo stanziamento per le casse integrazioni era addirittura inferiore di 20 milioni di euro rispetto a quanto previsto lo scorso anno dal Governo Prodi, in un momento nel quale la Cig era in calo. Adesso il governo è corso ai ripari aggiungendo, di fronte alle richieste dell’opposizione, 150 milioni per le tutele sociali che, però, non saranno sufficienti per affrontare la gravità della situazione, soprattutto se si vogliono tutelare, come noi chiediamo, anche i lavoratori precari».

«In questa situazione di crisi finanziaria e di ricorrenti difficoltà economiche, tutta Europa si sta interrogando sulla necessità di prevedere sistemi di garanzie per i lavoratori nei casi di cambiamenti di assetti azionari e di trasferimenti di realtà imprenditoriali. Il governo italiano invece no ed approva una norma che non solo rischia di andare contro una tendenza generale dell'Europa ma soprattutto contro le elementari necessità di giustizia sociale». Lo ha dichiarato il senatore del Pd Tiziano Treu, vicepresidente della commissione lavoro, intervenendo in Senato contro l'emendamento della maggioranza all'art. 3 del decreto infrastrutture che sostanzialmente priva i lavoratori di tutele delle aziende in crisi.
«Una norma del genere - ha concluso Treu - verrà sicuramente condannata dalla Corte di giustizia. Su questo non possiamo transigere».

A.Dra