4 maggio 2024
Aggiornato 12:30
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 3 novembre 2008, n. 26379

Licenziamento. Trasformazione da giusta causa a giustificato motivo soggettivo

Riqualificazione in giudizio del licenziamento

Con sentenza del 3 novembre 2008, n. 26379 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il licenziamento può essere modificato nel corso del giudizio offrendo una diversa qualificazione della situazione di fatto posta a fondamento del provvedimento espulsivo.

Fatto e diritto
Il Giudice del lavoro aveva dichiarato l'illegittimità dei provvedimenti disciplinari inflitti dalla società al proprio dipendente, mentre rigettava la domanda di costui volta ad ottenere la nullità del licenziamento, peraltro, riqualificato per giustificato motivo soggettivo, comunicatogli dalla società anzidetta con apposita lettera.
A sostegno della decisione premesso che il dipendente era addetto all'unità di vendita in qualità di operaio addetto al bar, dopo avere osservato che, con due provvedimenti disciplinari allo stesso era stata applicata la sanzione della sospensione dal lavoro (rispettivamente) per due e cinque giorni, da ritenersi, tuttavia, illegittimi, ai sensi del sesto comma dell'art. 96 del CCNL di settore perché privi di motivazione, esponeva che al dipendente era stato intimato un licenziamento per giusta causa per inadempimenti vari dettagliatamente descritti - nell'espletamento della sua attività, conclusisi con l'ingiustificato abbandono del posto di lavoro.
Contro tale decisione, il dipendente presentava ricorso in Corte di Appello, ma la società proponeva a sua volta - appello incidentale, in ordine alla avvenuta riqualificazione del licenziamento.
La Corte d'appello confermava la decisione di primo grado, le cui argomentazioni, oltre che corrette sul piano logico-giuridico, trovavano riscontro nella espletata istruttoria.
Allora il dipendente presentava ricorso in Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Cassazione il ricorso di un dipendente contro la sentenza della Corte di Appello che aveva ritenuto legittimo il licenziamento inflitto pur essendo stato riqualificato per giustificato motivo oggettivo, è stato rigettato.
Per la Cassazione i numerosi inadempimenti del dipendente dovevano qualificarsi, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 604 del 1966 (non giusta causa, bensì) giustificato soggettivo di recesso, costituendo i medesimi «quel notevole inadempimento agli obblighi contrattuali menzionato dal suddetto articolo»; ciò perché, i singoli inadempimenti contrattuali, già di per sé idonei ad incrinare la fiducia che il datore di lavoro aveva riposto nel dipendente, evidenziavano ancor più tale idoneità se valutati congiuntamente sia tra loro sia con i precedenti disciplinari a carico del medesimo dipendente.
Per la Cassazione da quanto esposto emerge con sufficiente chiarezza che la Corte d'appello, conformemente alle valutazioni espresse dal Giudice di primo grado, ha ritenuto che la condotta del dipendente e riportata nella lettera di contestazione dell'addebito, costituisse, di per sé, giustificato motivo di licenziamento, ancorché concretizzante un duplice ordine di inadempimenti, stante le modalità che l'avevano caratterizzata; giudizio, questo, che trovava conforto nei precedenti disciplinari a carico dello stesso. Tali precedenti, dunque, nella valutazione della Corte d’Appello, occupano una posizione del tutto marginale non incidenti in alcun modo sul risultato finale; mentre, d'altro canto, la duplice violazione di legge attribuita alla condotta del lavoratore non significa aumento della gravità della stessa, non comportando, nella prospettiva del Giudicante, una sommatoria degli indici di responsabilità.
Per la Cassazione trattavasi di apprezzamenti di puro merito, che, in quanto adeguatamente motivati, non appaiono suscettibili di censure in sede di legittimità.
La Cassazione a tale riguardo ha evidenziato che la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo del licenziamento costituiscono qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, l'uno con effetto immediato e l'altro con preavviso; ne consegue che deve ritenersi ammissibile, ad opera del giudice ed anche d'ufficio, la valutazione di un licenziamento intimato per giusta causa come licenziamento per giustificato motivo soggettivo qualora, fermo restando il principio dell'immutabilità della contestazione, e persistendo la volontà del datore di lavoro di risolvere il rapporto, al fatto addebitato al lavoratore venga attribuita la minore gravità propria di quest'ultimo tipo di licenziamento, atteso che la modificazione del titolo di recesso, basata non già sull'istituto della conversione degli atti giuridici nulli di cui all'art. 1424 cod. civ., bensì sul dovere di valutazione, sul piano oggettivo, del dedotto inadempimento colpevole del lavoratore, costituisce soltanto il risultato di una diversa qualificazione della situazione di fatto posta a fondamento del provvedimento espulsivo (tra le tante, Cass. 10 agosto 2007 n. 17604).

Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza del 3 novembre 2008, n. 26379