24 aprile 2024
Aggiornato 16:00
Consumi alimentari

Alimentare: fiducia confermata dal consumatore che chiede più controlli di filiera

Il Monitor Doxa-Federalimentare, rivela un livello di soddisfazione riguardo a ciò che si mangia, ma anche rispetto alla qualità e ai controlli dei produttori

Il Monitor Doxa-Federalimentare, rivela un livello di soddisfazione riguardo a ciò che si mangia, ma anche rispetto alla qualità e ai controlli dei produttori, perfettamente in linea con i valori riscontrati 4 anni fa. Per il 51% i prodotti industriali sono più sicuri di quelli acquistati dal contadino. Tiene il fattore marca ma aumenta vertiginosamente l’elemento prezzo…
E se 8 italiani su 10 leggono le etichette nutrizionali per adattare il cibo al proprio stile di vita, il 58% promuove l’industria sull’impegno ambientale e il 40% chiede di fare ancora di più riguardo al riciclo degli imballaggi.

La fiducia del consumatore nei confronti di ciò che mangia, resiste bene. E’ questa la notizia.
Poche settimane dopo le parole con le quali Umberto Veronesi ha cercato di ristabilire il giusto equilibrio, tra eccezione e regola («la scienza può e deve spiegare alla gente che il cibo nel mondo sviluppato non è mai stato sicuro come ora…»), ecco il Monitor Doxa-Federalimentare, dal titolo Gusto responsabile (realizzato in occasione della manifestazione Apertamente 2008, con 1000 interviste a un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta di 15 anni e oltre), che, a 4 anni di distanza dall’ultima rilevazione, racconta un risultato per alcuni aspetti sorprendente.
Gli italiani si fidano e continuano a fidarsi del cibo che mangiano e di chi lo produce. Nonostante tutto… Il 73% si dichiara soddisfatto di ciò che mangia (con punte dell’80% negli abitanti del Centro Italia con livello d’istruzione superiore), confermando di fatto il risultato (75%) del 2004 e migliorando il valore (68%) registrato nell’autunno 2001.
Coerentemente il 71% del campione dichiara di avere fiducia nei confronti della qualità dei prodotti alimentari e il 62% (anche qui valore invariato rispetto a 4 anni fa, ma i crescita rispetto al 60% del 2001) nei confronti dei controlli sulla qualità fatti dai produttori.
All’industria viene addirittura riconosciuto un primato, in fatto di sicurezza, che può apparire logico ma niente affatto scontato: il 51% degli italiani ritiene infatti più sicuri i prodotti offerti dall’industria di marca rispetto a quelli acquistati dal contadino o in azienda agricola (preferiti dal 41% del campione).

LA SICUREZZA? UN FATTO DI FILIERA E RELATIVO ALLA CONSERVAZIONE DEL PRODOTTO
La sicurezza di un prodotto, per gli italiani, dipende certamente (e ovviamente) dal rispetto delle norme igieniche (48%, in salita rispetto al 45% del 2004) ma il vero elemento nuovo che emerge è la scoperta che si tratta anche di un fatto di filiera: passa dal 30% al 42% il peso dato ai controlli del prodotto dall’origine al punto vendita, mentre diminuisce (dal 38% al 36%) la responsabilità attribuita alla sola fase di produzione industriale.
Altra conquista degli ultimi anni, la consapevolezza che la sicurezza dipende molto anche da come si conserva il prodotto: lo pensavano il 24% nel 2004 (addirittura il 19% nel 2001), oggi lo sanno, invece, il 33% degli italiani.
E se nel 2001 la provenienza del prodotto era uno dei cardini della sicurezza per i consumatori con il 37% dei consensi, oggi il valore si ridimensiona attestandosi al 26%.
Per non parlare della conoscenza degli ingredienti: che passa dal 20% del 2001, al 19% del 2004, al 12% di oggi.

IN BASE A COSA SI SCEGLIE UN PRODOTTO PIUTTOSTO CHE UN ALTRO?
La marca continua a essere il primo fattore nella scelta degli acquisti alimentari (24%, in leggero calo, dal 28% del 2004), mentre cresce, come è ovvio, il fattore prezzo (dal 17% al 20%). Diminuisce invece la rilevanza dell’attenzione prestata alla scadenza (dal 15% al 13%) e soprattutto agli ingredienti (dal 9% al 6%).
Stabile il fattore consuetudine («se l’ho già provato»), all’8% e quello promozioni (dall’8% al 9%). Mentre raddoppia l’attenzione nei confronti della zona di produzione (dal 4% all’8%), in una logica di cresciuta cultura dei prodotti tipici e normati.

L’INDUSTRIA ALIMENTARE S’IMPEGNA SUI TEMI AMBIENTALI (PER IL 58% DEGLI ITALIANI)
Su una cosa gli italiani sono concordi e dimostrano di avere le idee chiare. Riconoscono all’industria alimentare di avere fatto importanti passi in avanti, dagli anni Ottanta a oggi, sul fronte del rispetto dell’ambiente. Secondo il 58% del campione negli ultimi 20-25 anni l’industria alimentare si è dimostrata più sensibile e attenta ai temi ambientali.
Per il 61% è stato uno dei comparti industriali che ha fatto importati passi avanti in tema di riciclo e recupero degli imballaggi: anche se «potrebbe fare ancora di più» per il 43% del campione.

COSA VOGLIONO I CONSUMATORI DALL’INDUSTRIA ALIMENTARE
Ma cosa chiedono, i consumatori, all’industria in fatto di qualità e sicurezza del prodotto? Più controlli sulle materie prime (51%, contro il 43% del 2004), più controlli nei punti vendita sulla scadenza e freschezza (dal 35% al 42%) e più controlli in tutte le fasi di produzione (dal 19% al 23%). Insomma, di non abbassare la guardia e di continuare a presidiare quel concetto di qualità che è al centro del «patto» tra chi compra e chi produce.
Mentre sembrano non essere una priorità le informazioni contenute in etichetta, indicate ieri dal 30% e oggi solo dal 22% del campione.

L’ETICHETTA NUTRIZIONALE PIACE AL 79% DEGLI ITALIANI (ERANO IL 69% NEL 2004)
L’etichetta sembra invece interessare, e molto, quando serve a orientarsi in tema di alimentazione e benessere: il 66% degli italiani ritiene infatti adeguate le informazioni che trova in etichetta per scegliere cibi coerenti con il proprio stile di vita.
E se nel 2004 erano il 69% gli aficionados che andavano a cercare notizie su valori nutrizionali e, magari, sul contenuto in grassi o proteine, oggi questo interesse arriva a «contagiare» addirittura il 79% del campione. Mentre il 72% dei consumatori hanno notato (e il 40% le ha apprezzate, considerandole utili) le indicazioni volontariamente inserite da molte aziende del settore, relative alle cosiddette GDA, il contributo di una porzione del prodotto rispetto all’assunzione giornaliera indicativa di energia o di altri nutrienti.
Chi non legge le etichette, invece, lo fa perché non è in grado d’interpretarle (troppo difficili) 28%, perché non ha tempo (27%) e perché spesso sono troppo piene d’informazioni e alla fine non si capisce nulla (22%).

IL VERO E IL FALSO SUI CONSUMI ALIMENTARI: ITALIANI RIMANDATI A SETTEMBRE
Questa curiosità per tutto ciò che ruota intorno al cibo in chiave nutrizionale non rende gli italiani esperti in fatto di consumi di tutto ciò che è cibo e dintorni: sollecitati con 3 o 4 domande del tipo «vero o falso», dimostrano di essere un po’ confusi: non sono in grado di dire con certezza se negli ultimi anni è aumentata o diminuita la quantità di sale presente in alcuni prodotti alimentari (sanno che è diminuita circa il 54% degli intervistati); se beviamo più o meno latte della media europea (ne consumiamo meno, come afferma il 53% del campione) o più o meno pesce (solo il 49% sa che oggi ne mangiamo il doppio) rispetto a vent’anni fa.
Molti (61%) sanno però, e questa è una buona notizia, che siamo ottimi consumatori di frutta e verdura ma ritengono erroneamente (75%), che negli ultimi 30 anni sia aumentato (invece è diminuito della metà) il consumo di alcol.