25 aprile 2024
Aggiornato 06:00
CCNL

Riforma del sistema contrattuale

Osservazioni della Fai-Cisl al Documento presentato da Confindustria a Cisl, Cgil e Uil

Il primo elemento di valutazione è un giudizio positivo. Finalmente il tema della riforma contrattuale è divenuto punto cruciale delle relazioni sindacali esercitate in sostanziale autonomia dalla politica, pur coinvolta nelle conseguenti decisioni legislative che dovranno sostenere l'auspicabile Accordo mediante strutturali alleggerimenti fiscali.

La Cisl ha spinto molto su tale tema e da tempo chiedeva un confronto per le criticità sempre più evidenti del Protocollo di luglio 1993. Tra di esse ricordiamo:
-i limiti del meccanismo regolatore tra dinamica delle retribuzioni e inflazione programmata dalle autorità europee e governative mediante criteri e modalità del tutto estranei ad una concertata condivisione con gli attori sociali e in assenza di una coerente regolazione delle tariffe pubbliche.
-Anche sul versante prettamente contrattuale risulta da tempo la difficoltà oggettiva degli attori sociali a garantire una reale tutela del potere d'acquisto delle retribuzioni con il conseguente effetto di una grave frustrazione del profilo di autorità salariale degli stessi protagonisti.
-L'accordo del 1993 risulta non tanto segnato da un limite strutturale bensì da una insufficiente affidabilità nel compartecipe esercizio della contrattazione al secondo livello, soprattutto in quello territoriale. Quell'accordo, che il confronto di oggi vuole riformare per rivitalizzarne lo spirito e gli intendimenti, ha mancato l'obiettivo principale vale a dire la capacità di redistribuire la produttività pregiudicando il proprio profilo di «luogo» in cui si migliorano le condizioni economiche e non solo attraverso una libera e consensuale partecipazione.
-Si può affermare che l'unico meccanismo che abbia funzionato nell'attuale sistema relazionale, regolato dal Protocollo del 1993, è stata – relativamente alle retribuzioni – la funzione del contratto nazionale nel contenere le spinte inflattive della contrattazione mediante il mal governato meccanismo del tasso programmato, strumento intorno a cui si sono consumate politiche economiche monetariste estranee ad un criterio di sostenibilità sociale.

La Fai – dal primo momento (elaborazione del documento unitario) - ha evidenziato la necessità di alcune attenzioni:
•necessità di un accordo che non si riduca a considerare il modello di impresa della grande industria.
•Conseguente opportunità di definire una struttura contrattuale non rigida, ma tale da sapersi adattare alle speicficità dei settori produttivi e alle diverse tipologie di impresa.
•L'Accordo deve promuovere con regole e procedure certe la contrattazione di secondo livello, soprattutto territoriale, indispensabile a regolare le condizioni del lavoro nelle piccole imprese.
•A sostegno e ad incentivo della contrattazione di II livello dovranno essere garantite dal Legislatore politiche fiscali e contributive idonee nella misura e certe nelle modalità attuative.
•Una incentivazione delle buone pratiche bilaterali con cui la contrattazione realizza concretamente la reciproca affidabilità delle parti e la solidarietà di tutti i comparti e delle aziende che vi fanno riferimento al fine di una condivisa realizzazione delle tutele integrative pensionistiche, sanitarie e formative.
•L'obiettivo della cosiddetta «semplificazione contrattuale» (riduzione del numero dei contratti) può essere – secondo la Fai – realizzato a due indispensabili condizioni: dando al contratto nazionale il profilo di un accordo quadro – regolatore, salvaguardando le specificità dei comparti e la variegata ricchezza professionale del mondo del lavoro.

Rispetto a queste nostre sensibilità il documento di Confindustria è un contributo su cui si può credibilmente costruire l'auspicato accordo a patto che vi sia disponibilità a precisare alcuni contenuti che non paiono del tutto convincenti riguardo alla efficacia delle soluzioni prospettate.
In particolare si evidenzia:
- appare problematico il mancato coinvolgimento di rappresentanze imprenditoriali riconducibili alle piccole e medie aziende di settori come l’agricoltura, la cooperazione, il commercio e l’artigianato che rischia di vanificare la pur apprezzabile apertura a favore del secondo livello territoriale di contrattazione.
- Pur non sottovalutando lo sforzo palese a riconoscere la funzione della contrattazione articolata, ci pare persista un equivoco nelle modalità con cui il CCNL continuerebbe a «definire» materie proprie del secondo livello mentre dovrebbe limitarsi a regolarne le dinamiche. Caso emblematico di tale equivoco è l’impropria difesa di una esclusiva regolazione dei diritti di informazione, di consultazione, di sovrintendenza al funzionamento degli organismi paritetici (punto 2.3, 3° comma). Altresì problematica appare la pretesa del contratto nazionale di «definire» le modalità e gli ambiti di applicazione della contrattazione di secondo livello (punto 2.4) mentre dovrebbe limitarsi ad una funzione di coordinamento/regolatore della stessa.
- rileviamo positivamente la volontà di regolare contrattualmente le problematiche inerenti la Rappresentanza. Comprendiamo anche il motivo di rinviare la materia ad uno specifico, successivo protocollo. Temiamo che tale diplomatica prudenza non basterà a convincere chi ripone tanta fiducia nella legge ed ha oggi tanti dubbi a firmare.
- Al punto 2.6 comma 6 la facoltà riservata alle Organizzazioni imprenditoriali di ricorrere al Comitato Paritetico Confederale nei casi di palese contrasto tra proposte di rinnovo e gli affidamenti (obiettivi) assunti nella Premessa del Protocollo deve essere garantita anche alle Organizzazioni sindacali nei casi in cui una impresa o una Associazione datoriale adotti comportamenti unilaterali e/o ostativi al normale svolgimento delle dinamiche relazionali e contrattuali.
- Il punto 3.2 primo comma appare contraddittorio con quanto previsto al punto 5.1. Pertanto va prevista la possibilità che le parti, concordemente, considerino utile adattare ai casi specifici materie regolate dal CCNL.
- Al punto 3.5 secondo rigo l’avverbio «congiuntamente» rischia di ingenerare un equivoco non soltanto procedurale e pertanto andrebbe rimosso.
- Al punto 6.2 il comma 9 va rimosso per il palese rischio di vanificare la funzione stessa del Comitato.
Infine, rispetto alla c.d. semplificazione contrattuale (riduzione del numero dei contratti) riteniamo che i percorsi interni ai vari settori possano rappresentare un metodo interessante perché salvaguardano la capacità autoregolativa delle Organizzazioni rappresentative.