30 agosto 2025
Aggiornato 22:00
Iscrizione al Libro genealogico e alimentazione i punti da cambiare secondo gli allevatori

Proposte modifiche al disciplinare IGP per il vitellone bianco: APA perplessa

Panichi: «Anacronistiche e gravi. Il ministero e il Consorzio di tutela accolgano le nostre idee»

Vitellone bianco dell’Appennino centrale: cambia il disciplinare, ma con qualche perplessità. Sono state infatti presentate, mercoledì 10 settembre, a palazzo Cesaroni le proposte di modifica, avanzate dal Consorzio tutela della Igp, al disciplinare di Indicazione geografica protetta del vitellone bianco. Alla presenza di funzionari del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e di molti allevatori si è svolta la riunione di pubblico accertamento delle proposte di modifica che riguardano l’indicazione delle razze previste e la loro identificazione, l’alimentazione, la macellazione, la classificazione delle carcasse, il colore, la frollatura, i contrassegni, l’etichettatura, i dati obbligatori e facoltativi da riportare e le modalità di vendita per le razze chianina, romagnola e marchigiana.

Modifiche, però, che trovano qualche resistenza da parte dell’Associazione provinciale allevatori di Perugia, che dopo ampia partecipazione e discussione svolta con i propri associati, con esperti e docenti universitari ha voluto evidenziare, durante la riunione, le proprie perplessità. «Abbiamo presentato – ha spiegato il presidente dell’Apa di Perugia, Luca Panichi – al ministero e al Consorzio di tutela della Igp del vitellone bianco dell’Appennino centrale le nostre osservazioni alle modifiche al disciplinare, proponendo conseguenti ulteriori cambiamenti al testo presentato, evidenziando preliminarmente la nostra non condivisione del metodo di partecipazione adottato dal Consorzio per lo scarso livello di coinvolgimento dei soggetti interessati allo stesso processo di modifica del disciplinare». «Le nostre osservazioni – prosegue Panichi – sono relative soprattutto a due punti del disciplinare: quello relativo alle razze previste e quello sulla foraggiatura. Le modifiche previste per l’articolo 3 (razze previste e identificazione), che imporrebbero la certificazione per «bovini, maschi e femmine, di razza chianina, marchigiana, romagnola, di età compresa tra i 12 e 24 mesi, nati da allevamenti in selezione e regolarmente iscritti al Registro genealogico del giovane bestiame o nato da genitori iscritti allo stesso Libro genealogico», sono per noi estremamente gravi perché minano l’impianto di garanzia e trasparenza sul quale era stato impostato il precedente disciplinare. Infatti, ammettere la possibilità di certificare come Igp anche capi non iscritti al Libro genealogico e quindi non sottoposti ai controlli funzionali che prevedono tra l’altro l’identificazione documentale e l’osservazione diretta delle caratteristiche degli animali da parte dei controllori Apa, riduce notevolmente la certezza sulla corretta identificazione della razza e presta quindi il fianco più facilmente a comportamenti fraudolenti ed illegali. Noi chiediamo quindi che i vitelli debbano essere obbligatoriamente iscritti al registro genealogico, in modo da essere controllato e certificato anche il prelievo del loro dna, per garantire al massimo la filiera e la certezza per il consumatore che gli animali che entrano nel circuito Igp siano espressione di quelle razze ed espressione di quegli allevamenti».

«Riguardo al secondo punto, quello sull’alimentazione – spiega ancora il presidente dell’Apa di Perugia -, previsto dall’articolo 4, crediamo che le proposte di modifica siano anacronistiche e di difficile applicazione in stalla. Infatti, se da una parte l’impiego di una base foraggera costituita da insilati può peggiorare le carcasse sottoposte a periodi di frollatura piuttosto lunghi, dall’altra tale alimento è il solo che permette di abbassare i costi della razione. In più, come verrebbe previsto, la sospensione dell’uso dei foraggi insilati negli ultimi due mesi e la riduzione nei precedenti due, comporterebbe un’organizzazione della stalla più complessa: una tale modifica non sembra favorire una maggiore qualità della carne Igp e per contro crea invece forti disagi organizzativi. Quindi, la nostra proposta è invece quella di introdurre l’obbligatorietà dell’uso sempre maggiore di foraggi per i vitelli, ammettendo anche l’uso di insilati fino a un massimo del 50 per cento del totale dei foraggi, in modo da caratterizzare ancora di più questo animale con il proprio territorio, ricco appunto di foraggi di ottima qualità». «Il nostro scopo – conclude Luca Panichi – è garantire, attraverso queste controproposte, la qualità, la trasparenza e la certezza dell’intera filiera».

Egle Priolo – Avi News