28 marzo 2024
Aggiornato 13:30
Le raccomandazioni? Meno di 1 impresa su 10 le riceve frequentemente

La raccomandazione “doc”? Conta sempre meno

Lavoro: conoscenza diretta e banche dati interne sono i canali privilegiati dalle imprese per selezionare il nuovo personale

Il 35,2% delle aziende italiane con almeno un dipendente, intervistate nell’ambito dell’indagine Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, dichiara che la principale modalità per la ricerca e la selezione del personale è la conoscenza diretta del candidato, magari già «testato» attraverso precedenti tirocini, stage o contratti di lavoro a tempo determinato. E’ questo il canale di assunzione che sembra destinato ad affermarsi maggiormente nel 2008, in crescita di 5 punti percentuali rispetto a quello dichiarato nel 2007. Soprattutto è il canale di assunzione più diffuso tra le aziende con meno di 50 dipendenti e quello più usato al Sud (43,9% il dato medio relativo a queste regioni).

Per un altro 25,3% delle imprese, poi, la selezione avviene principalmente facendo ricorso alle banche dati aziendali, nelle quali confluiscono i curricula dei candidati. A dimostrazione che un curriculum vitae articolato e ben scritto può aprire ai giovani la strada per il lavoro nel settore privato. E c’è da sottolineare che questa modalità di selezione è quella prevalente tra le imprese con più di 50 dipendenti (toccando percentuali comprese tra il 43% e il 49%). 

Infine, soprattutto per le imprese di piccola dimensione sembra funzionare ancora bene il «passa parola», ovvero la segnalazione di fornitori, clienti o altri conoscenti (16,6% nel complesso e 18,3% per le micro-imprese con meno di 10 dipendenti).  Sommando insieme queste tre categorie si scopre che oltre il 77% delle imprese, al momento di assumere una nuova risorsa, partono da chi conoscono direttamente o hanno già in casa, oppure da candidati che hanno saputo presentarsi in modo efficace.

Le raccomandazioni? Meno di 1 impresa su 10 le riceve frequentemente

Conoscenza diretta, attenta selezione di curricula di qualità e «passa parola» di fornitori o conoscenti, però, per gli imprenditori non equivalgono alla classica «raccomandazione». Infatti, soltanto per l’8,4% delle imprese pensa che la raccomandazione rappresenti ancora una pratica «molto importante» per trovare lavoro, mentre per il 31,1% è considerata «per nulla importante». Uscendo però dalle valutazioni generiche ed entrando nel concreto vissuto dell’azienda, si scopre che ben il 62% degli imprenditori intervistati dichiara di non ricevere di norma raccomandazioni nelle proprie attività di selezione del personale; ed un altro 28,9% afferma di riceverne raramente. Sommando queste due percentuali si ottiene che per il 90,9% delle imprese la raccomandazione non rappresenta affatto un fenomeno rilevante per i processi interni di selezione del personale. Solo il 9,1% degli imprenditori dichiara di ricevere «frequentemente» delle raccomandazioni. In definitiva le imprese - che devono confrontarsi con mercati sempre più competitivi - sono alla «ricerca dei talenti», e per questo merito e caratteristiche soggettive (passione per il lavoro, flessibilità organizzativa, capacità di affrontare con successo gli imprevisti ecc.) contano sempre più delle sole relazioni.

E’ importante sottolineare anche che su questo punto tra centro-nord e sud, tra industria e servizi, tra piccole e grandi imprese, si riscontrano evidentemente differenze, ma tutto sommato più contenute di quanto comunemente si pensi: la raccomandazione risulta praticata più frequentemente al sud (10,8%, contro il 7,4% del nord ovest, l’8,7 del nord est, il 9,6% del centro), nei servizi piuttosto che nell’industria (10% contro il 7,9%), nella  piccola e media impresa (tra il 9% e il 10,7%) più che nella grande (dove la raccomandazione «frequente» tocca il minimo del 5,3% ).

Canali pubblici, stampa, web, agenzie: meno di un terzo delle assunzioni passa da qui

Molto distanziati da queste modalità risultano gli altri canali di assunzione. A cominciare da quelli pubblici: i Centri per l’Impiego – che hanno ereditato le funzioni degli  ex uffici di collocamento – pur migliorando la propria posizione rispetto agli anni passati, rappresentano il principale canale di ricerca e selezione solo per il 5,6% delle imprese italiane (il 7,1% nelle regioni del nord est e il 7,7% in quelle del centro).

Relativamente poco utilizzate dalle imprese anche le inserzioni sulla stampa (6,8%),  le società di somministrazione di lavoro temporaneo (ex lavoro interinale, preferite solo dal 3,6% delle imprese), le società specializzate in selezione del personale e le associazioni imprenditoriali (2,1% nel complesso, ma 11,9% per le grandi imprese con oltre 500 dipendenti).

Marginali per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro risultano, infine, i siti  Internet che vengono considerati la modalità principale di ricerca soltanto dall’1,2% delle imprese.

Resta il fatto che il mercato del lavoro italiano deve ancora trovare un sistema efficiente per fare incontrare domanda e offerta di lavoro, considerato che il sistema pubblico – nonostante i progressi compiuti soprattutto in alcune regioni del Centro-Nord – riesce a soddisfare quote ancora marginali di imprese alla ricerca di risorse umane; che anche le altre organizzazioni private impegnate su questo versante riescono ad incidere poco e solo su target ristretti (anche in relazione costi che i servizi professionali di recruiting comportano); e , di conseguenza, che la maggior parte delle imprese è costretta al «fai da te» dei canali informali, delle reti fiduciarie e delle banche dati aziendali. Anche per questo motivo le aziende denunciano ancora difficoltà di reperimento per il 26,2% delle nuove potenziali assunzioni ed il tempo che occorre per coprire un posto di lavoro vacante è mediamente pari a 4,2 mesi.