26 aprile 2024
Aggiornato 04:30
Profilo di chef

Da Niko Romito al Reale di Castel di Sangro

Da zero e tre stelle Michelin in sette anni, a testimoniare una delle più belle storie dell’alta cucina italiana.

CASTEL DI SANGRO - Questa è una bella storia di alta cucina italiana che non parte da neppure troppo lontano, tenendo conto che era il 1999 quando il padre di Romito acquistò un piccolo ristorante a Rivisondoli, sull’Appennino abruzzese, così, per soddisfare la propria passione per la cucina, ma senza le pretese di scalare le classifiche mondiali, o per convincere i critici specializzati a salire fin lassù, se non fosse per gustare un agnello alla brace.

AUTODIDATTA - Ma le cose non andarono così, perché il papà di Niko ebbe problemi di salute tali da non consentirgli di portare avanti il suo progetto, e fu così il figlio (ignaro dei fatti di cucina) che dopo qualche comprensibile esitazione decise di iscriversi ad un corso di cucina a Roma - tra l’altro condotto da un cuoco abruzzese - che gli consentì piano piano di trovare l’energia e la volontà di cimentarsi nell’impresa. L’autodidatta decise che ce la poteva fare, con le sue mani e con le sue idee.

LE GUIDE - Naturalmente fu difficilissimo convincere a cambiare idea alla clientela affezionata e tradizionalista, composta principalmente da laziali e da campani di ritorno da una giornata passata sui campi da sci e desiderosi di mangiare solo cose semplici e tipiche di quelle parti. Il ristorante così si svuotò, mentre Romito, affiancato dalla formidabile sorella Cristiana tirò dritto, sperimentando e battendo nuovi sentieri, raggiungendo vette sconosciute.Il primo lancio, la prima vera conferma arrivò nel 2005, quando Enzo Vizzari gli assegnò il titolo di miglior giovane cuoco sulla Guida de L’Espresso. Fu poi Fausto Arrighi (ora ex direttore della Guida Michelin) a raccogliere il testimone e portarlo in sette anni verso il traguardo. Da zero a tre stelle Michelin, una cosa rara in Italia,  ancor più significativa tenendo conto che si tratta di un autodidatta e non di un allievo di un grande chef affermato, siglando così una delle più belle storie di alta cucina italiana, partendo da una regione dove negli anni novanta c’era il nulla, se paragonata ad altre regioni italiane, mentre ora l’Abruzzo può vantare cinque locali stellati oltre al Reale, in rapporto ad una popolazione pari alla provincia di Genova.

CASADONNA - Maestro del food cost moderato e del valore aggiunto alla materia, inventò piatti simbolo quale l’assoluto di cipolla, dove, appunto con cipolle, parmigiano, pasta e uno stimo di zafferano creò un piatto che fece parlare di lui e per lui tutti i gourmet della penisola. Arrivò poi il momento, tre anni fa, di spostarsi in una collocazione ben diversa, che si chiama Casadonna, a Castel di Sangro, in un convento del ‘500, dove, oltre al ristorante ci sono anche bellissime camere e la scuola di cucina che riprende i suoi principi di cucina, diffondendola con passione ai suoi allievi. Da allievo a maestro in pochi anni.

FATTI E POCHE PAROLE - Prima di tutto "il prodotto" nella sua cucina, l’essenzialità, la concentrazione dei sapori, il minimalismo nel numero di elementi presenti nel piatto, ma dove, se necessario, saranno utilizzati invece molti ingredienti per raggiungere un risultato occultabile agli occhi ma non al palato. Un sapore che deve convincere per sottrazione visiva dopo essere stato fissato nell'elemento principale per addizione di tecnica. Un solo carciofo potrebbe bastare per far comprendere la sua filosofia, senza troppe spiegazioni, perché Romito è uno di poche parole. Sono i fatti a parlare per lui.