3 giugno 2023
Aggiornato 23:30
La diagnosi dei ferraristi del passato

Ferrari, ascolta i tuoi grandi ex: «C'è un motivo se la Rossa non vince»

Ross Brawn, direttore tecnico nell'era Schumacher, individua le colpe della crisi nel comportamento del presidente Sergio Marchionne e nella mancanza di fiducia in Maurizio Arrivabene. E Fernando Alonso lo aveva già previsto...

Fernando Alonso ai tempi della Ferrari
Fernando Alonso ai tempi della Ferrari Foto: Ferrari

ROMA – Chi conosce bene la realtà della Ferrari non si può certo dire sorpreso della crisi in cui è precipitata in questa stagione. Basta ascoltare le parole degli illustri ex, come Ross Brawn, direttore tecnico all'epoca dei cinque Mondiali consecutivi di Michael Schumacher. Lui se n'è accorto anche da lontano che l'ambiente di Maranello è molto distante da quello sereno e costruttivo che servirebbe per tornare a vincere: «Ha bisogno di stabilizzarsi e di lavorare progressivamente per cercare di ridurre un po' la pressione a cui è sempre sottoposta dalla stampa e dai tifosi – spiega ai microfoni della Bbc l'ingegnere britannico – Qualcuno deve fare da barriera in modo da evitare che questa pressione si trasferisca ai membri della squadra: altrimenti non possono lavorare produttivamente e creativamente, ma sono troppo preoccupati delle conseguenze». E gli errori partono dall'alto: ad esempio, dall'atteggiamento troppo interventista del nuovo presidente, così diverso dal suo predecessore che preferiva invece lasciar lavorare in autonomia il team. «L'approccio di Sergio Marchionne è diverso da quello che adotterei io – prosegue Brawn – Se c'è un vuoto in mezzo, la gente ci si tuffa dentro. Se non c'è una struttura in grado di dare ai vertici aziendali la fiducia che il team è gestito adeguatamente, allora la tendenza delle persone è di farsi coinvolgere in prima persona. La cosa bella di Luca di Montezemolo è che voleva sapere cosa stava accadendo ed era un grande appassionato, ma ha sempre mantenuto le distanze perché si fidava del nostro lavoro. Preferirei che Sergio facesse la stessa cosa, ma evidentemente non vede alternative. Questa è la naturale conseguenza del vuoto che si è creato tra lui e la squadra».

L'esterofilo Bernie Ecclestone
Un'analisi, quella di Brawn, che tira indirettamente in ballo i limiti di colui che dovrebbe fare da cerniera tra la presidenza e la squadra: il team principal Maurizio Arrivabene. Delle difficoltà nel rapporto tra Marchionne e Arrivabene, del resto, parla anche il patron della Formula 1 in persona, Bernie Ecclestone: «Spero solo che la Ferrari inizi presto a vincere delle gare – dichiara al sito ufficiale del Mondiale – Ciò di cui Maurizio ha bisogno disperatamente è un buon supporto alle spalle come quello della Mercedes, per esempio: se lo avesse, avrebbe già vinto. Sono sicuro che l'anno prossimo vedrete una Ferrari diversa. Quando convinsi Jean Todt ad accettare quel ruolo a Maranello, che fu una scelta un po' rischiosa per lui, la Ferrari era un team tutto italiano ed era un po' preoccupata all'idea di assumere uno straniero. Ma io risposi: quando vincerete il campionato sono sicuro che troverete degli antenati nella famiglia di Jean che vengono dalla Sicilia. Oggi sono tornati ad essere un team molto italiano, gestito in modo italiano. Perciò non invidio il lavoro di Maurizio, non vorrei essere al suo posto».

E Alonso preferisce la McLaren
Anche un altro grande ex come Fernando Alonso aveva già pronosticato in anticipo la crisi della Rossa: «Sapevo che nel 2015 e nel 2016 la Ferrari non avrebbe vinto, per questo ho accettato l'offerta della McLaren-Honda – ha rivelato al quotidiano sportivo spagnolo Marca – Se non pensassi che questo team può diventare campione, non sarei qui. Il mio terzo titolo quando arriverà arriverà, e se non arrivasse non fa niente, non mi sono dato un tempo limite. Tutti vorremmo vincere tanti campionati, ma alla fine l'importante è sentirti valorizzato dai tifosi e dagli addetti ai lavori della Formula 1, dai team principal e dai piloti. La chiave per sopravvivere a lungo tra i migliori è essere se stessi ed essere molto costanti nel rendimento».