Milan, la parola a Montella: «Fabregas non serve»
Il tecnico rossonero, intervistato dal Corriere della Sera, parla a tutto tondo dei suoi primi mesi al Milan. Dal rapporto con Berlusconi alle aspettative per la stagione, passando naturalmente per il mercato, a maggior ragione dopo l’infortunio dell’insostituibile Montolivo.
MILANO - È un Vincenzo Montella sereno e ottimista quello che racconta i suoi primi mesi di vita rossonera al Corriere della Sera, ma onesto intellettualmente come è sempre stato non prova nemmeno a nascondere tutte le sue preoccupazioni per l’infortunio di Montolivo ed il conseguente indebolimento complessivo della rosa del Milan. «Credo che Riccardo sia quasi insostituibile, garantisce le due fasi, ha un peso in squadra e nello spogliatoio. Sarà una perdita anche maggiore di quanto si possa pensare. Le contestazioni nei suoi confronti? Essendo il capitano, uno dei giocatori più rappresentativi, presente in questi ultimi anni di risultati inferiori alle aspettative è stato il più preso di mira. Giocare per il Milan comporta anche farsi scivolare tutto addosso. Per quanto riguarda il suo possibile sostituto, Locatelli, nelle ultime partite è entrato sempre in momenti decisivi, quindi ha la mia massima fiducia. Nel contempo bisogna ricordare che ha 5-6 spezzoni di partite in Serie A. Mi sarebbe piaciuto farlo crescere più lentamente».
Montolivo insostituibile
E qui vengono fuori le dolenti note di una squadra costruita in ristrettezze economiche e con evidenti limiti di carattere tecnico e strutturale: «Al Milan servirebbe un giocatore con le caratteristiche di Montolivo, che sappia giocare anche in un centrocampo a due. In questi giorni si fa un gran parlare di Fabregas, ma lo spagnolo non ha proprio quelle caratteristiche. Però sono contento del progetto giovani voluto da Berlusconi, lui addirittura ne avrebbe voluti 11 titolari. Cosa mi dice quando ci sentiamo? La prima domanda è: chi sono i due attaccanti? Io gli rispondo: quindi non possiamo giocare a tre?».
Squadra in crescita
Nel complesso però il bilancio dei suoi primi mesi a Milanello può considerarsi più che positivo, non solo dal punto di vista sportivo e professionale, ma anche da quello umano: «La responsabilità di allenare Milan si sente, però fa piacere ci sia tanta fiducia. E dire che io non sono uno che coltiva molto le relazioni, non sono un ruffiano. A Milano mi trovo bene sul posto di lavoro. Ho capito che è una città che offre molto, soprattutto alla sera, da allenatore dico ahimé! Vivo a San Siro, mi piace Brera. Per quanto riguarda il mio progetto, abbiamo finora raggiunto risultati medio-alti rispetto alle nostre aspettative, con possibilità di crescita. A me piace che attorno alla squadra ci sia un clima di ottimismo e ci sia anche nella testa dei giocatori. Bisogna essere positivi per migliorare».