18 agosto 2025
Aggiornato 03:00
Il colpo di scena del Gran Premio d'Italia

Perché si è rotto il motore di Valentino Rossi?

Il Dottore aveva parlato di un pezzo difettoso. Ma dalle parole di Jorge Lorenzo e di fonti interne alla Yamaha emerge un'altra ipotesi: che la colpa sia da ricercare in un cambio di pendenza tipico del circuito del Mugello

Valentino Rossi insegue Jorge Lorenzo in gara al Mugello
Valentino Rossi insegue Jorge Lorenzo in gara al Mugello Foto: Yamaha

ROMA – Alla fine il Mugello si è trasformato davvero in un «Mugiallo», come aveva scritto Valentino Rossi sul suo casco speciale. Solo che il giallo in questione non è stato il colore del vincitore, come speravano i 101 mila tifosi che hanno assiepato le tribune del tracciato toscano alla domenica, bensì quello del mistero per i due motori rotti dalla Yamaha in appena quattro ore. Un doppio cedimento inspiegabile, se si pensa che che l'ultimo propulsore rotto in gara su una moto della casa dei Diapason risaliva al 2012. A gettare un po' di luce su questo interrogativo ci ha pensato, a due giorni di distanza, proprio Jorge Lorenzo ai microfoni del nostro Paolo Beltramo: «Il circuito del Mugello è un po' particolare – ha spiegato il pilota maiorchino – Quando arriviamo a 330-340 km/h c'è un cambio di direzione e un piccolo dosso in cui entrambe le ruote perdono il contatto e i giri del motore salgono molto. Giro dopo giro, il motore soffre molto. Ma la Yamaha sta ancora studiando per capire davvero cosa sia successo».

Maledetta gobba
La Yamaha, infatti, vuole mantenere la calma e aspettare che i due motori rotti vengano esaminati dagli ingegneri della sede centrale in Giappone prima di emettere il verdetto definitivo sulle ragioni. Tuttavia, man mano che passano i giorni, l'ipotesi avanzata a caldo da Valentino Rossi (un componente difettoso, forse a causa di un materiale o di un problema di fabbricazione) appare sempre meno probabile. Al contrario, fonti interne al team confermano la tesi di Jorge Lorenzo: la colpa sarebbe da ricercare nella gobbetta presente sul rettilineo principale del Mugello. Quando affronta quella ondulazione, infatti, la ruota posteriore perde il contatto con l'asfalto e si ritrova a girare a circa 380 km/h nell'aria, aumentando di conseguenza anche la rotazione del motore. Siccome la nuova elettronica unica introdotta quest'anno, e meno sofisticata di quella proprietaria utilizzata fino al 2015, non sarebbe in grado di gestire efficacemente lo sbalzo di giri, questo si sarebbe ripercosso sul taglio dell'iniezione.

Senza precedenti
Proprio per questa ragione il motore di Jorge Lorenzo avrebbe ceduto già nel warm up. Quanto a quello di Valentino Rossi, a peggiorare ulteriormente le cose ci si sarebbero messi i primi otto giri della gara tutti percorsi alle spalle del compagno-rivale, dunque in assenza di aria pulita per raffreddare il propulsore e raggiungendo, grazie alla scia, velocità di punta più elevate di quelle registrate fino a quel momento nel weekend (343,2 km/h al settimo giro, 342,7 al sesto, 342,9 al quarto e così via). Troppo anche per un motore che aveva percorso solo 570-580 km fino a quel momento: debuttò nella terza sessione di prove libere di Jerez, fu poi utilizzato nel quarto turno, in qualifica, nel warm up e nella gara vinta da Valentino, per poi essere rispolverato nel warm up e in gara a Le Mans e al Mugello. Si trattava, per la precisione, del terzo propulsore dei sette concessi nel corso della stagione dal regolamento. Ora al Dottore ne restano solo altri quattro nuovi per completare tutto il resto del Mondiale.