12 ottobre 2025
Aggiornato 05:00
Il segreto del successo

L'arma in più con cui Valentino ha vinto il GP di Silverstone

Decisiva nella gara di domenica non è stata solo la sua abilità di guida, ma anche la sua precisione nella messa a punto del traction control durante la corsa. Giocando a dovere con i pulsanti dell'elettronica, ha saputo domare la sua Yamaha e l'asfalto bagnato

SILVERSTONE – Chi, come il suo compagno di squadra e primo rivale per il campionato Jorge Lorenzo, lo accusa di essere soltanto fortunato non ha capito nulla. Certamente, se a Silverstone non avesse piovuto oggi probabilmente non staremmo raccontando l’ennesima, strepitosa vittoria di Valentino Rossi. Ma l’asfalto bagnato era lo stesso per tutti e, laddove lui è riuscito a sfruttare l’occasione propizia a suo favore, gli altri diretti rivali invece annaspavano, da Marc Marquez caduto ancora una volta per terra allo stesso Lorenzo costretto a rifugiarsi dietro la scusa della visiera del casco appannata. Se questo vecchietto di 36 anni ha realizzato un altro miracolo è stato prima di tutto merito del suo talento, della sua sensibilità nei confronti della moto e delle condizioni di guida, della sua concentrazione che ha evitato il benché minimo errore, del suo coraggio che gli ha fatto aprire il gas prima degli altri nonostante il fondo scivoloso e insidioso. Ma anche di un aspetto squisitamente tecnico che poche analisi del dopo-gara hanno messo in luce con la dovuta precisione: il cosiddetto traction control.

Bottoni velenosi
In italiano si chiama controllo di trazione, ed è quel dispositivo elettronico (prodotto da una società nostrana, la specializzata Dell’Orto), che negli ultimi anni concede ai piloti di MotoGP cinque diverse regolazioni per poter modificare, anche nel bel mezzo della gara, una serie di settaggi del proprio mezzo. Si va dalla mappatura della trazione alla miscela aria-benzina che viene immessa nel motore, dal freno motore che evita il saltellamento in staccata all’impostazione della potenza in accelerazione che impedisce il pattinamento in uscita di curva. Tutte regolazioni fondamentali per consentire al pilota di trarre il massimo dalla propria moto, e soprattutto di guidarla in modo fluido e senza il rischio di superare il limite, specialmente quando le condizioni della pista si fanno proibitive, come accaduto domenica nel Gran Premio di Gran Bretagna. A doverle gestire, però, sono gli stessi centauri, che dunque hanno un’altra variabile di cui tenere conto proprio mentre, come dei domatori, cercano di tenere a bada le proprie moto imbizzarrite sul circuito. Non è certo facile.

Pilota e ingegnere
E infatti alcuni suoi colleghi più sanguigni, come lo stesso Marc Marquez, preferiscono affidarsi soprattutto alla propria pancia: domenica lo si è visto plasticamente, quando il due volte campione del mondo spagnolo ha provato a tenere in piedi la sua Honda recalcitrante finché questa non lo ha sbalzato per terra mettendo fine alla sua lotta per la vittoria, e anche per il titolo mondiale. Valentino, al contrario, a cui non manca certamente il manico ma anche (lo sappiamo bene) una mente altrettanto solida e lucida, anche nei momenti più difficili, ha saputo premere i pulsanti giusti nel momento giusto per adattarsi alle variazioni della pista. E infatti, non a caso, basta guardare il modo in cui girava la sua Yamaha per rendersi conto della maggiore fluidità di erogazione della potenza di cui poteva disporre sull’arco del giro. Stavolta, non grazie ai suoi tecnici, ma alle impostazioni impresse da lui stesso mentre guidava. «Ho sempre amato guidare moto con meno elettronica – ha raccontato recentemente a questo proposito il Dottore – e posso dire che era grandioso correrci. Ma anche oggi lo è. È incredibile quanto possiamo andar forte con i nostri mezzi, specialmente in curva. Forse le gare senza traction control erano diverse. Ora possiamo guidare fortissimo dal primo all’ultimo giro e questo ci costringe a restare totalmente concentrati per l’intera gara. Gli errori non sono permessi». E lui, infatti, non ne ha commesso nemmeno uno.