Chi ha un cervello più grande è più intelligente? Mica tanto
Avere un cervello più grande è sinonimo di maggiore intelligenza o un più alto QI? Secondo un nuovo studio, non di molto
Una credenza vecchia quanto il mondo attribuisce a un grande cervello una grande intelligenza. Gli inglesi hanno coniato un termine che descrive questa condizione: ‘highbrow’, che sta a designare un cranio che a malapena riesce a contenere il cervello al suo interno, tanto sarebbe grande. Ma avere un grande cervello corrisponde davvero all’essere più intelligenti o l’avere un più alto QI? Per rispondere alla domanda, i ricercatori della Wharton School dell’Università della Pennsylvania e della Vrije Universiteit di Amsterdam hanno condotto uno studio a tema. Ecco cosa hanno scoperto.
La ricerca del cervello più grande
Sono almeno 200 anni che i ricercatori cercano una correlazione tra un cervello più grande un’intelligenza maggiore. Per questo, nel tempo, sono state utilizzate tutte le tecniche di misurazione: da quelle più empiriche e manuali come la misurazione del cranio fino ad arrivare in tempi più recenti alla risonanza magnetica – che ha offerto dati più attendibili e meno approssimativi. Nonostante le misure più precise, la connessione tra dimensioni del cervello e intelligenza è rimasta confusa. A rendere torbide le acque della ricerca c’erano molte variabili che pesavano negli studi: tra questa la conformazione corporea, l’altezza dei soggetti e anche lo stato socioeconomico. In più, su molti studi pubblicati gravano numerosi bias, ossia la tendenza a pubblicare solo risultati più degni di nota.
Il nuovo studio
Lo studio condotto in team dal dottor Gideon Nave della Wharton School dell’Università della Pennsylvania e Philipp Koellinger della Vrije Universiteit di Amsterdam, si presenta come il più grande del suo genere e pare che, finalmente si sia chiarita questa connessione. Usando le informazioni ottenute con la RM (risonanza magnetica) sulla dimensione del cervello e i risultati dei test delle prestazioni cognitive e le misure di apprendimento ottenute, si è giunti a una conclusione. Lo studio, che coinvolto più di 13.600 persone, ha rivelato che, come suggerito in precedenti studi, esiste una relazione positiva tra il volume del cervello e le prestazioni cognitive. Tuttavia, questa scoperta porta con sé anche importanti avvertenze. L’effetto è lì – spiega il prof. Nave – In media, una persona con un cervello più grande tenderà a ottenere risultati migliori nei test cognitivi rispetto a una con un cervello più piccolo, ma la dimensione è solo una piccola parte del quadro complessivo, che spiega circa il 2% della variabilità delle prestazioni del test. Il raggiungimento dell’effetto era ancora più piccolo: un’ulteriore ‘tazza’ (100 centimetri cubici) di cervello avrebbe aumentato gli anni di scolarizzazione di una persona media di meno di cinque mesi».
«Tutto ciò – aggiunge il dottor Koellinger – implica che fattori diversi da questo singolo fattore che ha ricevuto così tanta attenzione nel corso degli anni, rappresentano il 98% dell’altra variazione nelle prestazioni dei test cognitivi. Tuttavia, l’effetto è abbastanza forte che tutti gli studi futuri che cercheranno di svelare le relazioni tra maggiori misure più precise dell’anatomia cerebrale e la salute cognitiva dovrebbero controllare il volume totale del cervello. Pertanto, consideriamo il nostro studio come un piccolo, ma importante, contributo per capire meglio le differenze nella salute cognitiva».
La correlazione c’è?
A differenza di altri studi, questo ha preso in considerazione anche la maggior parte dei fattori confondenti e influenzanti, come per esempio, l’età, la genetica, l’altezza, il grado di cultura, la condizione socioeconomica e anche il genere di appartenenza. Per esempio, c’è una differenza sostanziale tra il cervello di un uomo e quello di una donna, in termini di grandezza fisica. Tuttavia, non si sono riscontrate differenze tra i livelli di intelligenza – un cervello più piccolo, in questo caso, non significava minore intelligenza. Anzi. Altri studi hanno riportato che nelle femmine la corteccia cerebrale, lo strato esterno della parte anteriore del cervello, tende a essere più spessa che nei maschi. «Questo potrebbe spiegare il fatto che, nonostante abbiano in media cervelli relativamente più piccoli, non ci sia alcuna differenza effettiva nelle prestazioni cognitive tra maschi e femmine. E naturalmente, molte altre cose potrebbero andare avanti».
Uno studio unico
L’aver utilizzato un gran numero di dati, e un gruppo elevato di soggetti, ha reso questo studio unico al mondo. «Questo ci ha dato un qualcosa che non è mai esistito prima – ha sottolineato Koellinger – Questa dimensione del campione è gigantesca: il 70% più grande di tutti gli studi precedenti su questo argomento messi insieme. E ci permette di testare la correlazione tra dimensioni del cervello e prestazioni cognitive con maggiore affidabilità».
Risultati intuitivi
I risultati sono in qualche modo intuitivi, scrivono i ricercatori. «È un’analogia semplificata, ma prova a pensare a un computer – spiega il prof. Nave – Se disponi di più processori, puoi calcolare più velocemente e trasmettere più informazioni. Potrebbe essere lo stesso nel cervello: se disponi di più neuroni, ciò potrebbe consentire di avere una memoria migliore o completare più attività in parallelo. Tuttavia, le cose potrebbero essere molto più complesse nella realtà: per esempio, considera la possibilità che un cervello più grande, che è altamente ereditabile, sia associato a essere un genitore migliore. In questo caso, l’associazione tra un cervello più grande e un test può riflettere semplicemente l’influenza della genitorialità sulla cognizione e non saremo in grado di andare a fondo della questione senza ulteriori ricerche». Infine, i ricercatori sottolineano che non serve misurare la grandezza della testa, poiché questo non è un parametro di riferimento, o affidabile, per stabilire che una persona possa essere più intelligente.
Riferimento: Gideon Nave et al, ‘Are Bigger Brains Smarter? Evidence From a Large-Scale Preregistered Study’, Psychological Science (2018). DOI: 10.1177/0956797618808470.
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