19 aprile 2024
Aggiornato 20:00
Vitamina D

Obesità, osteoporosi e vitamina D: c’è un legame

Assumere la vitamina D quando si è in sovrappeso può portare a un aumento di peso e osteoporosi. Ecco perché accade

Obesità, osteoporosi e vitamina D
Obesità, osteoporosi e vitamina D Foto: Evan Lorne | Shutterstock Shutterstock

La vitamina D è nuovamente sotto i riflettori e sembra svolgere un impatto sulla salute che ancora non si conosceva appieno. Stiamo parlando di un possibile legame con la comparsa dell’obesità. Se da sempre una carenza è stata associata a fragilità ossea e successivamente è stato scoperto un probabile collegamento con malattie autoimmuni come la sclerosi multipla o patologie totalmente differenti come il cancro, ora pare che sia implicata anche con i problemi metabolici. Ecco i risultati di uno studio italiano.

Ormoni e grasso
Ciò che è emerso durante una ricerca made in italy coordinata da Carlo Foresta, direttore dell’Uoc di Andrologia e Medicina della Riproduzione, è che nelle persone la vitamina D – un pro-ormone – viene intrappolata nel grasso. Quindi l’eccesso di peso aumenterebbe il rischio di contrarre anche l’osteoporosi. Questo legame sembra essere stato confermato durante lo studio – svolto in collaborazione con Andrea Di Nisio del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova - sui soggetti di sesso maschile.

Osteoporosi nei maschi
Quando si parla di osteoporosi si pensa sempre alla popolazione femminile ma il problema interessa anche i maschi. Le statistiche parlano di un uomo su 5 colpito dalla patologia. Al contrario, l’osteoporosi femminile coinvolge perlopiù donne che stanno affrontando la menopausa.

Obesità, vitamina D e osteoporosi
«L’obesità è un fattore di rischio per l’osteoporosi e noi abbiamo dimostrato che l’associazione tra obesità e osteoporosi nell’uomo può essere ricondotta alla riduzione dei livelli di testosterone e di vitamina D, espressione di una alterazione della funzione endocrina del testicolo. Dagli studi sperimentali effettuati è emerso però che la riduzione dei livelli circolanti di questi ormoni è determinata anche dal loro ‘sequestro’ da parte dell’incrementata massa di cellule adipose nel soggetto obeso», spiega Foresta.

Addio testosterone
Il problema principale risiederebbe nel fatto che il tessuto adiposo che si presenta in un soggetto di sesso maschile che soffre di obesità, cattura sia il testosterone che la vitamina D che circolano nel flusso ematico. Questi, infatti, non vengono più liberati dai meccanismi di rilascio rendendo entrambi gli ormoni completamente privi di efficacia.

Lo studio
Parte dello studio è stato condotto in vitro e ha dimostrato come – nelle persone obese – le concentrazioni di vitamina D elevate portano perlopiù a un’alterazione funzionale della cellula adiposa favorendo l’accumulo di lipidi. Così facendo si entra in un circolo vizioso per quanto riguarda l’aumento di peso.

Una scoperta incredibile
Si tratta, quindi di una «scoperta innovativa: abbiamo chiarito che il tessuto adiposo, catturando la vitamina D, favorisce lo sviluppo dell’obesità stessa. Non solo: non tutte le tipologie di vitamina D possono essere intrappolate. Per un trattamento, dunque, si può scegliere la forma 25 vitamina D (calcifediolo), formulazione meno adatta a essere intrappolata nel tessuto adiposo», ha spiegato Foresta all’AdnKronos Salute.

Vitamina D contro l’obesità
Lo studio coordinato da Foresta, perciò, sottolinea l’importanza di normalizzare i livelli di testosterone e vitamina D negli uomini affetti da obesità. Ciò consentirebbe anche di curare l’osteoporosi associata alla condizione. Inoltre, gli scienziati ricordano che in tali persone l’assunzione di vitamina D dovrebbe essere altamente sorvegliata e dosata esclusivamente da personale esperto. In alternativa, con il fai da te, si rischierebbe di aggravare la disfunzione delle cellule adipose (adipociti), peggiorando l’aumento di peso. I risultati dello studio saranno presentati a Padova, il 18 settembre, presso il Convegno Alterazioni Metaboliche e Osteoporosi che si terrà nell’aula Morgagni del Policlinico Universitario di Padova.