Il diabete triplica il rischio di morte per ischemia o ictus
Ricercatori dell’Università di Oxford scoprono che il diabete di tipo 2 aumenta di tre volte il rischio di essere vittime di un’ischemia cerebrale o un ictus, in particolare nelle donne
REGNO UNITO – Il diabete di tipo 2 mette a serio rischio di avere un’ischemia cerebrale o un ictus. Specie nelle donne. Questo quanto emerso da una ampia meta-analisi, i cui risultati sono stati pubblicati su The Lancet Diabetes & Endocrinology. L’ampia coorte internazionale di adulti che non avevano precedenti patologie vascolari ha rivelato, nello specifico, che il diabete ha triplicato il rischio di morte per cardiopatia ischemica o ictus nelle donne, e lo ha raddoppiato negli uomini. La maggioranza degli eventi si verificano nelle persone di età compresa tra i 35 e i 59 anni.
Differenze tra i fattori di rischio
Quello che precedenti studi avevano già dimostrato è che le persone con diabete erano più soggette a eventi cardiovascolari e a morire di questi. Tuttavia, non era chiaro il perché il rischio relativo fosse maggiore tra le donne rispetto agli uomini, e quali fossero le differenze tra i fattori di rischio. Cosa che ha spinto i ricercator di Oxford a condurre questa meta-analisi. «Il diabete è una causa importante di morte prematura per infarto o ictus sia negli uomini che nelle donne, ma sembra rappresentare un rischio particolarmente elevato per le donne di mezza età – spiega Sarah Lewington, prof.ssa di epidemiologia statistica all’Università di Oxford e principale autrice dello studio – Ma questi rischi vascolari si possono ridurre notevolmente grazie a farmaci poco costosi che permettono il controllo di glicemia, pressione sanguigna e colesterolo».
Un largo studio
Lo studio ha visto il coinvolgimento di 980.793 adulti (di cui 412.268 donne) con età media al reclutamento di 46 anni. I dati analizzati erano relativi a 68 studi osservazionali inclusi nella ‘Prospective Studies Collaboration and Asia Pacific Cohort Studies Collaboration’. Le ricerche sono state fatte in 19 Paesi, e i partecipanti provenivano dall’Europa occidentale e centrale, dal Sud-est asiatico, dal Nord America e dall’Australia. I dati di riferimento all’inizio dello studio (basale) sono stati raccolti tra il 1949 e il 1997 e tenevano conto di età, sesso, diagnosi e stato attuale del diabete, valori pressori, colesterolo totale, vizio del fumo e infine altezza e peso. L’ultimo follow-up si è svolto tra il 1985 e il 2002.
L’analisi
Durante l’analisi dei dati gli autori hanno stimato la prevalenza del diabete per età, livelli di fattori di rischio vascolare come Indice di Massa Corporea o BMI, colesterolo, pressione arteriosa, nonché le differenze di genere. Per far ciò hanno utilizzato modelli di regressione di Cox stratificati, in modo da poter stimare l’influenza del diabete sulla mortalità riferita a una specifica causa. Ne è conseguita l’elaborazione di rapporti di rischio relativo di morte rispetto al periodo medio dello studio.
I risultati
L’analisi di tutti i dati acquisiti ha rivelato che durante il periodo di studio, 76.765 partecipanti sono morti. Di questi, 19.686 decessi erano dovuti a malattie cardiovascolari (CVD). L’età media dei decessi era di 66 anni, di cui il 91% per cardiopatia ischemica. Il diabete si è dimostrato essere una patologia che aumenta con l’aumentare dell’età, dove gli uomini e le donne a 40 anni vedevano un’incidenza rispettiva del 2,1% e dell’1,4%. All’età di 70 anni, il diabete era presente nell’8,9% degli uomini e nel 6% delle donne. La malattia mostrava in particolare una prevalenza che aumentava di pari passo con l’aumento del BMI, della pressione sistolica e del colesterolo totale, mentre diminuiva con l’aumentare del colesterolo HDL.
Il doppio e il triplo
Sebbene la prevalenza del diabete fosse sempre maggiore, a tutte le età, tra gli uomini, a farne più le spese sono risultate le donne. In particolare, negli uomini il tasso di mortalità raddoppiava, mentre tra le donne triplicava – anche se non è chiaro il perché di tutto questo. Inoltre, il rischio maggiore di mortalità vascolare occlusiva era maggiore nella mezza età: tra i 35 e i 59 anni. Quanto alle differenze di genere, i ricercatori ipotizzano che dietro vi possano essere differenze nella gestione delle patologie cardiache durante e dopo il trattamento in ospedale. Altro motivo possono essere le differenze metaboliche e ormonali dei due sessi, che possono influenzare il metabolismo dei lipidi (grassi). «Le analisi future che considerano le concentrazioni di ormoni sessuali e le sottoclassi di lipidi sarebbero di interesse – conclude Lewington – Potrebbero esistere anche differenze di sesso nell’infiammazione e, dato che l’interleuchina-1-beta mirata può ridurre il rischio vascolare occlusivo, l’infiammazione dovrebbe essere al centro di ricerche future volte a concepire nuovi approcci terapeutici».
Riferimento: Prospective Studies Collaboration and Asia Pacific Cohort Studies Collaboration. Sex-specific relevance of diabetes to occlusive vascular and other mortality: a collaborative meta-analysis of individual data from 980 793 adults from 68 prospective studies. Lancet Diabetes Endocrinol.
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