Alzheimer e demenza, l’alcol aumenta il rischio
Un team internazionale di ricercatori ha evidenziato come la maggior parte delle persone affette da demenza precoce erano forti bevitori

La scienza, ogni giorno, sforna ricerche più o meno interessanti e curiose. Tuttavia, ciò che fa quasi sorridere, è che sono molti gli studiosi che ottengono risultati diversi e spesso contrastanti. Difficile, quindi, stabilire chi ha ragione. È il caso, per esempio, di uno studio pubblicato alcuni giorni fa su Scientific Reports. In questo si evidenziava come due bicchieri di vino al giorno aiutassero a ripulire il cervello scongiurando l’Alzheimer. Ora, un'altra ricerca, riportata su The Lancet ha asserito l’opposto: l’alcol può favorire la comparsa di malattie neurodegenerative – tra cui anche l’Alzheimer. Su una cosa sono però d’accordo tutti: il problema principale sta nella dose.
Alcol e malattie neurodegenerative
L’alcol sembra rappresentare un serio rischio per la salute umana. Alcuni studi lo hanno accusato di provocare diversi tipi di cancro, di favorire la perdita di capelli e di danneggiare il cervello. Altri, invece, lo elogiano associandolo a una riduzione del rischio di diabete, infertilità, parodontite e malattie del cavo orale. Un recente studio, invece, punta nuovamente il dito contro le bevande alcoliche: potrebbero causare la comparsa di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.
Lo studio
Lo studio è stato condotto da un team internazionale di ricercatori che ha collaborato con il Campbell Family Mental Health Research Institute for Mental Health Policy Research di Toronto (Canada). E pare che sia la ricerca su questo argomento più ampia mai effettuata fino ad ora. Gli studiosi hanno infatti preso in esame circa un milione di pazienti francesi dal 2008 al 2013, periodo in cui quasi sessantamila persone hanno ricevuto una diagnosi di demenza prima dei 65 anni.
La causa? L’alcol
Al termine dei cinque anni di studio, i ricercatori sono giunti a una conclusione imprevista: la causa principale di una demenza a insorgenza precoce (non causata dalla vecchiaia) è il consumo di alcol. Più della metà dei pazienti, infatti, aveva assunto bevande alcoliche in gran quantità, in dosi superiori a quelli consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Tali quantità sono di 60 grammi al giorno per gli uomini e 40 per le donne.
Gli effetti negativi rimangono nel tempo
Se state bevendo quotidianamente alcolici e pensate di smettere immediatamente, dopo aver letto i risultati della ricerca, sappiate che correre ai ripari ora potrebbe essere troppo tardi. «Il livello del rischio di demenza dei bevitori forti era più o meno lo stesso negli individui che per un certo periodo hanno smesso di bere. Data la forza dell'associazione, la cosa più sorprendente per me è che i disturbi legati all'alcol hanno ricevuto così poco interesse nella ricerca sulla demenza e nelle politiche di salute pubblica», ha dichiarato al The Guardian Michaël Schwarzinger del Translational Health Economics Network.
Altri fattori di rischio
«Bere frequentemente è anche fortemente associato a fattori di rischio vascolare come ipertensione o diabete mellito e malattie cardiovascolari. Infine, gruppi di forti bevitori spesso hanno meno istruzione, l’abitudine al fumo e/o la depressione. Tutti questi elementi sono risultati essere fattori di rischio indipendenti per l'insorgenza della demenza», aggiunge Schwarzinger.
Un’aspettativa di vita più breve
Il professore di neuropsichiatria e direttore della Johns Hopkins Memory and Alzheimer's Treatment Center, il dottor Kostas Lyketsos, ritiene che questo studio sia unico nel suo genere sebbene l’associazione tra alcol e demenza sia già conosciuta da tempo. «Questo è piuttosto unico. Ci ricorda che gli alcolizzati hanno aspettative di vita più brevi». Tuttavia, trattandosi di un campione di persone vastissimo potrebbe essere stato soggetto a qualche bias di selezione: «c'è un compromesso tra la dimensione e la precisione delle variabili. Più persone hai, meno hai fiducia negli elementi che vanno nella diagnosi di demenza. Voglio anche sottolineare che questo è stato un campione di individui ospedalizzati. E' molto insolito per le persone con demenza, almeno nelle fasi più lievi, essere ricoverati in ospedale».
Perché il bias di selezione?
I bias sono, in sintesi, gli errori di valutazione che potrebbero essere ritrovati in uno studio scientifico dopo un’attenta analisi dei risultati. «Gli uomini conducono uno stile di vita più povero rispetto alle donne, in particolare il consumo di alcol è generalmente più elevato, quindi non sorprende che la demenza a esordio precoce identifichi un gruppo maggiore di uomini con disturbi da consumo di alcol», spiegano i ricercatori. Ma questo aspetto, secondo Lyketsos, rafforza ancor di più il dubbio del bias: «questo è uno dei motivi per cui sono un po’ preoccupato per il bias di selezione. Potrebbe esserci un effetto di genere su chi va in ospedale con demenza». Infine, ricordiamo che il consumo di alcol non è stato misurato oggettivamente nei partecipanti e questo fa sì che lo studio abbia un ulteriore limite. «Non avevamo idea di quale fosse il livello di bevande che stavano bevendo. Questo tipo di informazioni si possono ottenere solo in uno studio di coorte con un questionario», conclude Schwarzinger.