28 marzo 2024
Aggiornato 14:30
Ricerca scientifica

Alzheimer e malattie degenerative: si combattono con le fragole

Fragole e altri frutti contengono un composto naturale chiamato Fisetin. Previene infiammazione, invecchiamento e declino cognitivo. I primi risultati sono promettenti

Le fragole prevengono l'Alzheimer
Le fragole prevengono l'Alzheimer Foto: Shutterstock

CALIFORNIA - Buonissime notizie sul fronte Alzheimer e malattie degenerative. A quanto pare, il declino cognitivo si combatte a tavola, grazie a un composto contenuto nelle fragole. Ma non solo: effetti simili si otterrebbero anche dalle mele, dai cachi, dai cetrioli, dall’uva e dalle cipolle. Ecco l’incredibile scoperta dei ricercatori del Salk Institute for Biological Studies.

Riduzione dell’infiammazione
Secondo quanto riportato sul The Journals of Gerontology le fragole conterrebbero una sostanza in grado di ridurre in maniera importante l’infiammazione del cervello e i relativi effetti avversi sul declino cognitivo. Il composto si chiama fisetin ed è un flavanolo – quindi un antiossidante – che agisce come agente colorante nei cibi.

Evita l’invecchiamento
Grazie a Fisetin, fragole & co. limitano i danni causati dai radicali liberi evitando l’infiammazione. Inoltre, secondo Pamela Maher, prima autrice dello studio e ricercatrice presso il Laboratorio di Neurobiologia Cellulare del Salk, il flavanolo protegge le cellule del cervello dall’invecchiamento. Questa peculiarità si era evidenziata già da alcuni studi preliminari condotti nei topi affetti da Alzheimer familiare. Tale forma di demenza, tuttavia, si presenta solo nel 3% dei casi. I ricercatori hanno quindi voluto capire se le virtù potevano essere estese anche alla forma più comune, quella definita sporadica.

Previene l’Alzheimer sporadica
Per far luce sulla questione, gli scienziati hanno voluto provare gli effetti del flavanolo nei topi geneticamente modificati e invecchiati precocemente (intorno ai 3 mesi di età). È stata quindi somministrata una dose di Fisetin per sette mesi a metà del gruppo di roditori. Naturalmente – senza Fisetin – i topi a dieci mesi avevano disturbi fisici e cognitivi molti simili a quella dei loro compagni decisamente più vecchi: intorno ai due anni. Considerando che la vita media di un topo non supera tale età è facile trarne le giuste conclusioni.

  • Sapevi che…?
    Il topo più vecchio al mondo è proprio un roditore da laboratorio di nome Yoda. Appartiene a Richard A. Miller, docente di patologia nel Geriatrics Center dell'Università del Michigan, esperto di genetica e di biologia cellulare. E’ arrivato oltre il quarto anno di età, equivalente a circa 136 anni umani. Ma tra i topi i casi di longevità sono estremamente rari. Forse tra un esperimento e l’altro qualcuno aveva trovato il segreto per una lunga vita?

Lo studio
Durante lo studio i piccoli topolini hanno dovuto eseguire test cognitivi e comportamentali. Ma non solo: sono anche stati sottoposti a specifici esami allo scopo di valutare i valori dei marcatori associati a infiammazione e stress ossidativo. E i risultati, per i piccoli pazienti che assumevano il Fisetin, non hanno tardato ad arrivare. A dieci mesi – spiega Pamela Maher, prima autrice dello studio -  le differenze tra questi due gruppi erano impressionanti».

La scoperta
Due tipi di neuroni chiamati astrociti e microglia erano vistosamente infiammati nei topi del gruppo di controllo. I roditori che invece assumevano Fisetin non mostravano alcun segno infiammatorio. Inoltre, a dieci mesi, avevano preservato funzione cognitiva e comportamento di un topo di tre mesi. «Sulla base del nostro lavoro pensiamo che fisetin possa essere utile come prevenzione per molte malattie neurodegenerative associate all’età e non solo per l’Alzheimer». I ricercatori prevedono ulteriori studi su esseri umani, e se i risultati verranno confermati, c’è la speranza che fra qualche anno avremo a disposizione qualche farmaco realmente efficace.