20 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Salute

Nuove prove collegano l’alluminio alla malattia di Alzheimer

Un nuovo studio suggerisce che l’esposizione all’alluminio e l’accumulo di questo nel cervello sono legati allo sviluppo della malattia di Alzheimer. L’ipotesi era già nota da tempo, ma non vi erano prove definitive di una presenza di questa neurotossina nel cervello

Alluminio e Alzheimer, ci sarebbe un legame
Alluminio e Alzheimer, ci sarebbe un legame Foto: Shutterstock

REGNO UNITO – I ricercatori della Keele University, Staffordshire e del King’s College di Londra, hanno condotto un nuovo studio in cui si è analizzato il possibile legame tra l’assorbimento di alluminio e la malattia di Alzheimer. Già precedenti studi avevano ipotizzato questo legame, poiché l’alluminio è ritenuto una neurotossina, tuttavia non si erano mai trovate le prove concrete.

Rivedere le proprie idee
Secondo i ricercatori, in base ai risultati dello studio pubblicati sul Journal of Trace Elements in Medicine and Biology, chi ancora ritiene non vi sia alcun legame tra la malattia di Alzheimer –o almeno alcune forme – dovrebbe rivedere le proprie idee. Questo perché i risultati sarebbero inequivocabili. Anche se l’alluminio non è certo l’unico fattore di rischio.

Le sue tracce nel cervello
Lo studio è partito dalla constatazione che nel cervello delle persone con l’Alzheimer si trovano livelli di alluminio superiori rispetto alle persone senza la malattia con pari età. Allo steso modo, alti livelli di alluminio sono stati trovati nel cervello di soggetti con diagnosi di una forma a insorgenza precoce (a 50 o 60 anni d’età) della malattia di Alzheimer. Queste persone erano state esposte all’alluminio nella loro vita quotidiana, sia a causa del lavoro che per cause ambientali.

Correlazioni
Lo studio ha anche mostrato come vi fosse una correlazione tra una elevata presenza di alluminio nel tessuto cerebrale umano e le morti per Alzheimer in pazienti con familiarità. Allo stesso modo, questi livelli elevati di alluminio sono stati trovati essere simili a quelli rilevati nei pazienti morti per encefalopatia indotta dall’alluminio mentre erano sottoposti a dialisi renale.

Le prove
Per sostenere la loro tesi, i ricercatori Ambreen Mirza, Andrew King, Claire Troakes e Christopher Exley hanno eseguito molte scansioni per mezzo della microscopia a fluorescenza, che ha restituito immagini indubbie della presenza di alluminio nel tessuto cerebrale di persone morte con malattia di Alzheimer familiare. Questa forma della malattia esordisce molto precocemente: anche a 30 o 40 anni di età. Dietro alla malattia si ritiene vi siano mutazioni genetiche associate alla nota proteina beta-amiloide, e gli individui con malattia familiare di Alzheimer pare producano maggiormente questa placca, con una conseguente e molto precoce insorgenza dei sintomi.

Le conclusioni
I ricercatori, in base a quanto mostrato dallo studio, concludono che: «l’alluminio è neurotossico e le concentrazioni di alluminio che si trovano nei cervelli con Alzheimer familiare è improbabile che siano benigne e in effetti è altamente probabile che abbiano contribuito sia all’insorgenza che alla natura aggressiva di qualsiasi manifestazione in corso in questi individui. Questi dati offrono sostegno alla recente conclusione che l’alluminio nel cervello può contribuire a tutte le forme di Alzheimer in determinate condizioni».