26 aprile 2024
Aggiornato 06:30
Pediatria

Antibiotici e bambini. La prevenzione delle infezioni respiratorie, dal vaccino antinfluenzale agli immunostimolanti, tutte le novità

Si è chiuso il XXXV Congresso Nazionale di Antibioticoterapia in età pediatrica, tenutosi a Milano. Tra le sessioni più importanti, quella sulla infettivologia pediatrica con un focus sulla prevenzione delle infezioni respiratorie. Dai vaccini agli immunostimolanti, le opzioni sono molte

Infezioni respiratorie, i bambini sono più a rischio
Infezioni respiratorie, i bambini sono più a rischio Foto: Shutterstock

MILANO – La prevenzione delle infezioni respiratorie in bambini e ragazzi in età pediatrica è fondamentale, vista l’altissima incidenza che queste hanno. Ed è stato proprio questo l’oggetto del focus in una delle sessioni tenutesi al XXXV Congresso Nazionale di Antibioticoterapia in età pediatrica, tenutosi a Milano e che si è concluso il 21 ottobre 2016. Tra gli argomenti, l’importanza del vaccino antinfluenzale da estendere anche al bambino sano in età prescolare e le nuove scoperte grazie ai recenti studi sull’impatto degli immunostimolanti e dei probiotici sul microbiota intestinale, anche in ambito neurologico e comportamentale. Ecco tutte le novità.

I più deboli sono sempre a rischio
Quando si parla di fasce ‘deboli’ (o a rischio) in ambito medico ci si riferisce di solito agli anziani, le donne in gravidanza e ai bambini. Questi ultimi sono tuttavia una categoria particolarmente falcidiata dalle infezioni, specie quelle respiratorie. Ecco perché le autorità sanitarie di molti Paesi siano concordi nel raccomandare tutte le azioni di prevenzione, come per esempio il vaccino antinfluenzale. Tenuto anche conto che ogni anno, proprio l’influenza, colpisce fino al 30% dei bambini a livello mondiale. Prevenirla però si può. E la vaccinazione resta il mezzo più efficace, suggerita non solo nei soggetti con fattori di rischio ma anche in bambini sani, come avviene già negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

Anche per i bambini sani
Dal ’’Calendario per la Vita 2016’’, attualmente al vaglio del Ministero della Salute, anche l’Italia sembra aver reso ufficiale questa linea di pensiero. Nel Calendario si evidenzia da parte dei pediatri e medici di medicina generale una forte e univoca raccomandazione all’estensione della vaccinazione antinfluenzale anche ai bambini sani dell’età prescolare. «I bambini fino ai 5 anni di età, gli anziani sopra i 64 anni e tutti coloro che soffrono di malattie croniche gravi sono i soggetti a maggior rischio di forme particolarmente gravi che possono comportare la necessità di ricovero ospedaliero o, più raramente, condurre alla morte – spiega la prof.ssa Susanna Esposito, presidente del Congresso, direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura del Policlinico dell’Università degli Studi di Milano e presidente WAidid, Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici – L’influenza può avere un decorso particolarmente negativo soprattutto quando i virus responsabili dell’infezione sono strutturalmente diversi da quelli che avevano circolato negli anni precedenti, come si verifica nelle pandemie».

Chi deve essere vaccinato
Esistono numerosi fattori che concorrono a considerare il bambino, anche quello sano, come target di interesse per la vaccinazione contro l’influenza:
• Il bambino da 0 a 5 anni si ammala d’influenza circa 10 volte più di frequente dell’anziano e circa 5 volte più dell’adulto
• Il bambino da 6 a 14 anni si ammala d’influenza circa 8 volte più di frequente dell’anziano e circa 4 volte più dell’adulto
• I bambini rappresentano i principali soggetti responsabili della trasmissione dell’influenza nella popolazione
• L’ospedalizzazione per influenza del bambino sotto i 2 anni avviene con proporzioni superiori a quelle del paziente anziano

I quadrivalenti
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha di recente raccomandato lo sviluppo di vaccini quadrivalenti, invece che trivalenti. Questo, in considerazione del frequente fenomeno del ‘mismatch’ (mancata corrispondenza) tra ceppi di virus B circolanti e ceppi presenti nel vaccino. Da oltre 30 anni, infatti, il vaccino contro l’influenza è stato preparato con due tipi di virus del gruppo A, l’A/H1N1 e l’A/H3N2, e un virus del gruppo B, i principali responsabili dell’influenza nell’uomo. I dati epidemiologici hanno in effetti dimostrato la concomitante e consistente presenza di ambedue i ceppi (o lineage) B-Victoria e BYamagata spesso (come nella stagione influenzale dello scorso anno) con una predominanza o importante circolazione del ceppo non presente nel vaccino e, conseguentemente, con un maggior rischio di complicanze per la popolazione target della vaccinazione. L’inclusione di ceppi dei due lineage di virus B (Yamagata e Victoria) è pertanto raccomandata per i vaccini antinfluenzali da utilizzare da ora in poi. Per questo i vaccini quadrivalenti andranno progressivamente a sostituire per raccomandazione gli attuali vaccini split o subunità trivalenti a partire dai 3 anni di età (in quanto attualmente sono ancora in corso studi di efficacia e sicurezza per l’approvazione anche nei primi 3 anni di vita).

Non solo influenza e vaccino antinfluenzale, ma anche immunostimolanti e probiotici
In Italia, il 25% dei bambini nei primi anni di vita soffre di infezioni respiratorie ricorrenti (IRR). Tutto ciò è principalmente dovuto all’immaturità del loro sistema immunitario e alla presenza di fattori ambientali che aumentano il rischio di esposizione ad agenti patogeni. Tra le strategie di prevenzione più efficaci, vi è la somministrazione di immunostimolanti/immunomodulatori come il pidotimod e l’OM-85. A tal proposito, un nuovo studio è stato recentemente avviato dall’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura del Policlinico dell’Università degli Studi di Milano con l’obiettivo di raccogliere ulteriori dati sull’efficacia e la sicurezza dell’immunostimolante/immunomodulatore OM-85 nei bambini con una storia di infezioni respiratorie ricorrenti, analizzando anche l’impatto di OM-85 sul microbiota respiratorio e intestinale.

Infezioni ‘lievi’ ma…
«Nonostante si tratti di infezioni generalmente lievi – sottolinea Susanna Esposito – le IRR hanno un impatto medico, familiare e socio-economico rilevante e questo spiega perché diverse strategie di prevenzione, tra cui la somministrazione di immunostimolanti/immunomodulatori, vengano utilizzate nel tentativo di ridurre la loro incidenza. Dati recenti sebbene non ancora definitivi hanno dimostrato, poi, il ruolo primario del microbiota respiratorio e intestinale nell’aumentare il rischio di recidive respiratorie e l’impatto negativo degli antibiotici sul microbiota. Queste informazioni risultano essere di particolare interesse considerando che alcuni immunostimolanti/immunomodulatori agiscono proprio sull’immunità innata intestinale a seguito della somministrazione per via orale».

Il ruolo del microbiota intestinale
Il microbiota intestinale (cioè il patrimonio genetico dei batteri che servono al nostro organismo per i processi vitali) sembra avere un ruolo importante non soltanto nelle patologie respiratorie ma anche in ambito neurologico, così come l’utilizzo dei probiotici. Nuovi studi clinici hanno infatti dimostrato una stretta correlazione tra intestino e cervello: un’alterazione nel microbiota determinata da infezioni batteriche o utilizzo frequente di antibiotici, potrebbe per esempio contribuire allo sviluppo dei sintomi dell’autismo. «Il microbiota riveste nell´intestino importanti funzioni fisiologiche – precisa la dott.ssa Esposito – quali la maturazione del sistema immunitario, la degradazione di macromolecole alimentari complesse, la detossicazione, la produzione e l´assorbimento di vitamine e minerali, influenzando anche il comportamento. Il sistema immunitario ha sviluppato degli strumenti per convivere con il microbiota, ma anche per tenerlo sotto controllo. Quando questo controllo viene meno, avviene la disbiosi – prosegue l’esperta –cioè una de-regolamentazione delle comunità batteriche che non si manifesta sempre con diarrea o stipsi, ma può portare ad altri disturbi infiammatori, in alcuni casi come chiara patologia infiammatoria gastro-intestinale ma anche come allergie, obesità o diabete e, non ultimo, l’autismo. La possibilità di interventi specifici per modificare la qualità del microbiota apre, quindi, la prospettiva ad una serie di nuovi approcci terapeutici nel trattamento dei sintomi dell’autismo, tra cui l’utilizzo dei probiotici».