Giornata Mondiale dell’Alzheimer, 25 milioni di malati nel mondo e 1 milione in Italia
Il 21 settembre si celebra la Giornata Mondiale dell'Alzheimer. La malattia degenerativa è sempre più diffusa e, soltanto in Italia, colpisce più di 1 milione di persone, che arrivano a 25 milioni nel mondo
ROMA – Ricorre il 21 settembre la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, un evento significativo per richiamare l’attenzione su una patologia sempre più dilagante. Al mondo si contano almeno 25 milioni di colpiti, e in Italia sono circa 1 milione: un numero piuttosto elevato. Per l’occasione, la Società Italiana di Neurologia (SIN), fa il punto su strategie preventive e trattamenti in fase di sperimentazione nella lotta al male.
Scovare la malattia
In una malattia degenerativa come l’Alzheimer la prevenzione e il controllo precoce sono tutto. Da anni la ricerca si preoccupa di trovare soluzioni semplici quanto efficaci per diagnosticare o scovare per tempo i segni della malattia. A oggi si sa che dietro all’Alzheimer vi è l’accumulo di beta-amiloide, una proteina che si ritiene al tempo stesso indicativa che promotrice della patologia. Tracciare questo processo permette di individuare lo sviluppo della malattia molto tempo prima dei sintomi più eclatanti. Questo avviene o per mezzo della PET (Positron Emission Tomography), che si esegue mediante la somministrazione di un tracciante che lega la placca beta-amiloide o attraverso una puntura lombare al fine di analizzare i livelli della proteina nel liquido cerebrospinale.
Le tecniche oggi
«Oggi – spiega il prof. Carlo Ferrarese, Direttore Scientifico del Centro di Neuroscienze di Milano, dell’Università di Milano-Bicocca – queste tecniche permettono di stabilire un rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer prima della comparsa dei deficit cognitivi e rendono quindi fattibile l’avvio di strategie preventive. Tali strategie – prosegue Ferrarese – sono basate su molecole che determinano una riduzione della produzione di beta-amiloide, con farmaci che bloccano gli enzimi che la producono (beta-secretasi) o, in alternativa, anticorpi capaci addirittura di determinare la progressiva scomparsa di beta-amiloide già presente nel tessuto cerebrale. Questi anticorpi, prodotti in laboratorio e somministrati sottocute o endovena, sono in grado in parte di penetrare nel cervello e rimuovere la proteina, in parte di facilitare il passaggio della proteina dal cervello al sangue e la sua successiva eliminazione. Queste terapie sono attualmente in fase avanzata di sperimentazione e potrebbero modificare il decorso della malattia, prevenendone l’esordio».
I sintomi
Accanto ai sintomi più eclatanti della malattia che interessano i problemi più o meno evidenti di memoria (specie a breve termine), oggi si sa che questi comprendono anche problemi di scrittura, di fonazione (parlare correttamente e comporre frasi di senso compiuto), perdita dell’orientamento spaziale e temporale, progressiva perdita dell’autonomia. Tutti questi sintomi spesso rientrano nella definizione di ‘demenza’. Altri sintomi che devono far pensare alla possibilità che la persona sia stata colpita dall’Alzheimer sono quelli che alterano il comportamento: la persona perde le inibizioni, diviene depressa o agitata, perde la capacità di avere riferimenti temporali e spaziali. Da diversi anni ormai si sa che l’Alzheimer non è più una malattia esclusiva dell’anziano, ma è scesa di molto l’età in cui può esordire.
Fattori scatenanti
Tra i fattori scatenanti, che tuttavia non sono del tutto stati individuati, gioca un ruolo fondamentale lo stile di vita errato (poca attività fisica e mentale, una dieta scorretta, il vizio del fumo ecc.) e la presenza di malattia potenzialmente causali come le patologie cardiovascolari, l’ipertensione, il diabete di tipo 2, l’obesità.