19 marzo 2024
Aggiornato 10:00
Benefici della marijuana

Un composto della Marijuana migliora la visione notturna

Alcuni principi attivi della marijuana sembrano aumentare la visione notturna, anziché offuscarla come si riteneva. I primi studi condotti su modello animale

MONTREAL - La Marijuana è sempre più oggetto di svariate ricerche scientifiche. Questa volta si parla di miglioramento della visione notturna. Come sempre, i diretti responsabili sono i cannaboniodi. Ecco cosa hanno scoperto gli scienziati in merito all’erba più discussa dell’ultimo decennio. Lo studio è stato recentemente pubblicato su ELife.

Un miglioramento della visione notturna
Secondo quanto è emerso dalla ricerca, i principi attivi della Marijuana, noti come cannabinoidi, potrebbero migliorare sensibilmente la visione crepuscolare, portando a una migliore sensibilità le cellule che si trovano a livello della retina.

Esperimenti su modello animale
Allo stato attuale gli esperimenti sono stati condotti solo su modello animale (girini): è pertanto ancora presto per asserire che l’efficacia sugli esseri umani possa essere la stessa. Tuttavia ci sono enormi probabilità che ciò sia possibile. «Il nostro lavoro fornisce un potenziale ed emozionante meccanismo per la regolazione dei cannabinoidi a livello neuronale, ma sarà ovviamente importante confermare che meccanismi simili sono anche in gioco anche negli occhi dei mammiferi», spiega Ed Ruthazer, professore presso il Montreal Neurological Institute della McGill University (Canada).

Stimolazione visiva
Gli scienziati sono riusciti a utilizzare una vasta varietà di metodi per comprendere la reazione dei girini agli stimoli visivi indotti dacannabinoidi endogeni ed esogeni. In modo inaspettato, si sono accorti che tali componenti riescono ad aumentare l’attività delle cellule gangliari della retina, le dirette responsabili della rilevazione di luce che parte dall’occhio e arriva al cervello. La scoperta è stata alquanto particolare, considerando che generalmente altre ricerche evidenziavano che i cannabinoidi riducevano la trasmissione neurologica, anziché aumentarla. «Noi non potevamo credere ciò che stavamo vedendo – era esattamente il contrario di quello che ci aspettavamo», ha dichiarato il neurologo Ed Ruthazer.

Esperimenti pluriconfermati
I ricercatori, increduli a quanto avevano visto, hanno deciso di ripetere l’esperimento più volte. «Inizialmente si hanno dei dubbi quando si vede qualcosa che va contro le idee largamente diffuse, ma abbiamo provato l’esperimento tante volte, utilizzando tecniche diverse, e il risultato è sempre stato coerente», continua Ruthazer. Questo potrebbe essere in linea con uno studio del 2004, il quale riportava casi di miglioramento della visione notturna nei pescatori marocchini e giamaicani che fumavano erba.

Un particolare recettore
In realtà, gli scienziati si sono accorti che è una classe di recettori dei cannabinoidi, chiamata CB1R, che gioca un ruolo importante nella soppressione del trasporto del cloruro nelle cellule retiniche. Quando tale recettore viene attivato, i livelli di cloruro vengono ridotti da un’iperpolarizzazione delle cellule (fotorecettori), rendendole capace di operare a frequenze più elevate, quando stimolate. Nel caso dei girini tutto ciò portava a rilevare più oggetti in condizione di scarsa luce, rispetto a quando la loro visione non era sollecitata dai cannabinoidi. Tutto ciò «permetteva ai girini che nuotavano in una capsula di Petri di vedere meglio e fuggire dai predatori in condizioni di scarsa illuminazione».

  • Approfondimento: cos’è la capsula di Petri
    La capsula di Petri, chiamata anche piastra di Petri, è un recipiente di forma cilindrica dalle dimensioni piuttosto ridotte (5-10 cm) utilizzato per alcuni esperimenti di biologia. Comunemente nella piastra di Petri si fanno crescere alcune colture cellulari. Lo strumento è stato ideato nell’800 da Julius Richard Petri da cui prese il nome.

Il passo successivo
Affinché le teorie vengano confermate, il passo successivo a cui auspicano i ricercatori è quello di testare il meccanismo di segnalazione nei topi e nelle retine umane coltivate.

Lo studio è stato finanziato dal Canadian Institutes of Health Research, Fonds de recherche du Québec — Santé, Épilepsie Canada, and a Natural Sciences and Engineering Research Council CREATE Neuroengineering Training Grant.