28 agosto 2025
Aggiornato 06:00
Salute

Depressione, è scritta in 15 regioni del Dna

Gli scienziati hanno individuato quindici regioni del Dna umano legate alla depressione. Queste regioni pare facciano aumentare il rischio di sviluppare la malattia, tuttavia i risultati dello studio non provano che siano i geni in questione a causare la depressione

BOSTON – La depressione è scritta nel nostro Dna? Secondo un nuovo studio dei ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston (Usa) potrebbe essere proprio così. Essi hanno infatti scoperto che vi sono 15 regioni del Dna umano che sono legate proprio alla depressione. Tuttavia, avvertono gli autori, i risultati dello studio non provano che siano proprio questi geni a causare la malattia.

Comprendere la malattia
«Identificare i geni che influenzano il rischio per una malattia è un primo passo verso la comprensione della biologia della malattia stessa, che ci permette di puntare all’obiettivo per lo sviluppo di nuovi trattamenti – spiega nel comunicato MGH il dottor Roy Perlis, principale autore dello studio – Più in generale, la ricerca di geni associati alla depressione dovrebbe contribuire a rendere chiaro che questa è una malattia del cervello, che ci auguriamo possa diminuire lo stigma ancora associato con questi tipi di malattie».

L’analisi e le prove
Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno analizzato i dati di più di 300mila persone di origine europea, che sono stati raccolti dalla società di consumer genetic profiling ‘23andMe’. Dei partecipanti allo studio, a oltre 75mila era stata diagnosticata la depressione o erano stati sotto trattamento per la malattia. L’analisi del Dna ha permesso di individuare 15 regioni, tra cui 17 siti specifici, significativamente associati al rischio di depressione. Molti di questi siti si trovano nella zona di geni noti per essere coinvolti nello sviluppo del cervello.

Nuovi obiettivi
La comprensione di una nuova possibile componente genetica della depressione potrebbe davvero fornire gli strumenti per sviluppare cure più efficaci e con minori effetti indesiderati. «I modelli basati sui neurotrasmettitori attualmente in uso per trattare la depressione hanno più di 40 anni – sottolinea Perlis – e abbiamo davvero bisogno di nuovi obiettivi di trattamento. Speriamo che l’aver trovato questi geni ci permetta di puntare verso nuove strategie di trattamento».

Non solo depressione
Il nuovo approccio utilizzato dai ricercatori può essere utilizzato non solo in caso di depressione ma anche per altri tipi di disturbi mentali. «Un altro aspetto chiave del nostro studio – conclude il prof. Perlis – è che il modo tradizionale di compiere studi genetici non è l’unico modo che funziona. Utilizzando set di dati di grandi dimensioni esistenti o biobanche può essere di gran lunga più efficiente e questi possono essere utili per altri disturbi psichiatrici, come i disturbi d’ansia, dove gli approcci tradizionali, inoltre, non hanno avuto successo». Lo studio è stato pubblicato online sulla rivista Nature Genetics.