19 marzo 2024
Aggiornato 07:30
Le modifiche in arrivo

Immigrazione, il piano del Ministro Lamorgese per smontare i decreti sicurezza di Matteo Salvini

Il Ministro dell'Interno: «Credo molto nell'integrazione. Abbandonare queste persone senza offrire loro una prospettiva alimenta il rischio che vengano attratti dai circuiti criminali»

Il Ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese
Il Ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese Foto: Daniel Dal Zennaro ANSA

ROMA - «Credo molto nell'integrazione. Abbandonare queste persone senza offrire loro una prospettiva alimenta il rischio che vengano attratti dai circuiti criminali. Se i migranti si sentono rifiutati dallo stato, tra l'altro, si corre anche il rischio che rispondano al richiamo della radicalizzazione. Ma un'efficace integrazione ha bisogno di risorse adeguate: per questo il Viminale, davanti a una grave situazione in cui i bandi di gara andavano sempre deserti a causa di tagli lineari, ha riconosciuto ai prefetti la possibilità di aumentare in modo flessibile, a seconda delle diverse esigenze territoriali, i fondi da destinare ai servizi per i migranti». Lo afferma il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese in un colloquio con il Foglio.

La titolare del Viminale conferma che presenterà agli esponenti della maggioranza una proposta di modifica ai decreti sicurezza voluti dal suo predecessore Matteo Salvini, frutto «dei rilievi formulati dalla Presidenza della Repubblica». Lamorgese rivendica «il maggiore coinvolgimento dell'Europa nella gestione del fenomeno dell'immigrazione è stato il risultato più importante. Mi sono impegnata molto per raggiungere l'accordo di Malta del 23 settembre, i cui effetti sono stati visibili a partire dal mese di ottobre. Ho seguito questa vicenda in prima persona perché la collaborazione europea è il cardine delle nostre politiche sull'immigrazione. Molti giornali hanno sostenuto che l'accordo non avesse prodotto alcun risultato, ma in realtà la situazione è migliorata essenzialmente in due modi».

Il ruolo dell'Europa

«Innanzitutto, abbiamo riscontrato grande vicinanza da parte degli altri paesi europei. Ora è la Commissione europea, e non più l'Italia, a richiedere la ridistribuzione dei richiedenti asilo sbarcati in Italia e lo fa prima dell'arrivo della nave in porto. Per capirci: quando i migranti arrivano, sappiamo già dove verranno ricollocati. Il paese di primo sbarco, l'Italia, si fa carico dei controlli di sicurezza e sanitari sui migranti, che vengono successivamente ricollocati negli altri stati membri nel giro di un mese e mezzo. Molti giovani migranti prendono l'aereo per Parigi o per la Germania. Questo indica un'accelerazione delle procedure, che prima duravano alcuni mesi. In altre parole, se non fosse chiaro: è stato riconosciuto il fatto che entrare in Italia significa entrare in Europa. In questo modo, il Regolamento di Dublino è stato superato nei fatti pur non essendoci stata una modifica formale. Con il trasferimento, i migranti vengono iscritti nel sistema Eurodac dal paese ricevente. Ad esempio, quando arrivano in Germania sono completamente a carico delle autorità tedesche, come se quello fosse il paese di primo sbarco. Anche la Romania ha aderito a questo sistema di recente al vertice di Zagabria. Tutto questo è rilevante perché significa che il paese ricevente è chiamato a decidere se i migranti hanno il diritto di restare e a provvedere al rimpatrio se non ne sussistono le condizioni."

Quanto ai rimpatri, «gli accordi che funzionano meglio», dice la titolare del Viminale nell'intervista al Foglio, «sono con Nigeria, Tunisia ed Egitto. Abbiamo dato un'ulte riore spinta tenendo conto che ci sono migliaia di stranieri attualmente detenuti in carcere. Ho lavorato con il ministro della Giustizia per rimpatriare questi soggetti: nel 2019 sono stati 890 gli stranieri espulsi in seguito a un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Nel 2018 erano stati 831, nel 2017 799. Non voglio però cadere nella logica del mio predecessore. Credo sia sbagliato assumere che i successi di un'amministrazione siano merito del ministro di turno. Gli uffici del Viminale lavorano bene a prescindere, e anche miei predecessori hanno dato un impulso per aumentare il numero di rimpatri.

Corridoi umanitari

Quanto ai corridoi umanitari, «a oggi - spiega il ministro dell'Interno - ci sono quattro protocolli di intesa firmati. Il primo, che risale al 2015, è stato sottoscritto tra il ministero degli Affari esteri, il ministero dell'Interno, la comunità di Sant'Egidio, la federazione delle Chiese evangeliche e la Tavola Valdese e ha riguardato un totale di 1.000 persone, prevalentemente di nazionalità siriana, trasferite in Italia dal Libano nel biennio 2016-2017. Questo protocollo è stato rinnovato nel novembre del 2017, per un ulteriore contingente di 1.000 persone, da traferire nel biennio 2018-2019. In tale ambito, 886 richiedenti asilo sono stati già trasferiti in Italia dal Libano. Le organizzazioni proponenti hanno chiesto una proroga fino a marzo 2020, al fine di poter completare l'impegno. Un ulteriore protocollo è quello sottoscritto con la Conferenza episcopale italiana e la comunità di Sant'Egidio, sottoscritto nel 2017 e conclusosi nel 2019, grazie al quale sono arrivati 496 richiedenti asilo principalmente dall'Etiopia. Quest'ultimo protocollo è stato rinnovato il 3 maggio 2019 e troverà attuazione in Etiopia, Niger e Giordania, per una durata di 24 mesi e un numero massimo di 600 beneficiari, di cui 122 sono già arrivati dall'Etiopia. Infine, dal dicembre 2017 a oggi sono state organizzate otto operazioni di evacuazione umanitaria che hanno consentito il trasferimento di 808 richiedenti asilo dalla Libia e 105 dal Niger».