19 marzo 2024
Aggiornato 04:00
La crisi del Covid

Crisanti contesta i numeri: «Contagi non tornano, dovremmo averne 15-20mila»

Il Direttore del Dipartimento di Microbiologia Molecola dell'Università di Padova: «Avendo tra i 30 e 40 decessi avremmo tra i 15mila e i 20 mila contagiati in Italia. C'è una discrepanza ingiustificabile»

Andrea Crisanti
Andrea Crisanti Foto: ANSA

«Oggi in Italia abbiamo 30-40 decessi al giorno e abbiamo un numero ridicolo di infezioni, evidentemente c'è una discrepanza ingiustificabile perché in tutti gli altri paesi d'Europa e del mondo c'è un rapporto di uno a mille rispetto ai numeri dei casi e dei decessi, quindi dovremmo avere anche noi un numero molto più grande di contagi e non si capisce situazione. La gente pensa 'abbiamo 1000 casi, è finito tutto', invece non è finito tutto. Quello che conta è chi fa i tamponi, se noi nel computo mettiamo tutta la gente che si fa il tampone perché deve andare a lavorare, fa il tampone per lasciapassare sociale, è chiaro che lì le incidenze sono bassissime. Invece se i tamponi vengono usati, ad esempio per la sorveglianza nelle classi, il risultato è completamente diverso. In genere bisogna prendere il numero di decessi, dividerlo per due e moltiplicarlo per 1000, quindi avendo tra i 30 e 40 decessi avremmo tra i 15mila e i 20 mila contagiati in Italia». Lo afferma Andrea Crisanti, direttore Dipartimento di Microbiologia Molecolare Università di Padova, a 24 Mattino su Radio 24.

«Green pass? Andrebbe dato solo a vaccinati o tampone 24 ore»

«Il green pass è un'anomalia perché la protezione del vaccino per quanto riguarda l'infezione dopo sei mesi, si passa dal 95 al 40 per cento, quindi aver protratto la validità del vaccino da 6 mesi ad un anno non ha nulla di scientifico. Il green pass è una misura per indurre la popolazione a vaccinarsi, abbiamo raggiunto livelli importanti di vaccinazione e poi anche il fatto del tampone dopo due/tre giorni, non c'è nulla che giustifichi misure di questo genere perchè una persona si può infettare il giorno dopo oppure quando fai il tampone puoi essere ancora infetto a livelli bassi e dopo tre giorni hai una carica pazzesca».

«Il green pass per avere un impatto sulla trasmissione dovrebbe essere limitato a quelli che hanno fatto la seconda dose entro sei mesi e a chi ha fatto il tampone dopo le 24 ore. É chiaro che questa non è una cosa praticabile, no?», ha aggiunto.

4-5 milioni di lavoratori non vaccinati

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, è intervenuto ai microfoni della trasmissione «L'Italia s'è desta», condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.

Sull'obbligo di green pass per i lavoratori. «Noi oggi abbiamo raggiunto una percentuale importante di vaccinati, forse anche inimmaginabili fino a qualche mese fa - ha affermato Cartabellotta -. Bisogna però anche tenere conto che oggi abbiamo 8,4 milioni di italiani over 12 che non hanno fatto nemmeno una dose, tra questi ci sono 4-5 milioni in età lavorativa. L'obbligo di Green pass per tutti i lavoratori finora ha prodotto un effetto modesto sulle vaccinazioni. Mi aspettavo di più in questo senso. Se questi 4-5 milioni di lavoratori non si vaccineranno in questa settimana bisognerebbe fare 12-15 milioni di tamponi a settimana e questo non sarebbe proprio fattibile perché non abbiamo questa capacità produttiva. La soluzione è che questi 4-5 milioni di lavoratori si vada a vaccinare oppure bisognerà andare verso un obbligo vaccinale».

Ipotesi del tampone rapido con validità a 72 ore. «Di fatto la validità del tampone molecolare è già stata estesa a 72 ore, però ha dei costi molto superiori rispetto a quello antigenico e i tempi di risposta non sono immediati - ha aggiunto -. Il problema reale è che le 48 ore fissate per il tampone rapido rappresentano un ragionevole compromesso che sta a metà tra politica, esigenze sociali, scienza e la reale affidabilità del tampone che in altri Paesi d'Europa viene richiesto ogni 24 ore. Più ci si allontana dal momento in cui viene effettuato il tampone più aumenta la possibilità di contagio».

Infine, il confronto con la situazione dell'anno scorso. «Noi l'anno scorso, al di là del lockdown lungo e rigoroso che aveva abbattuto in maniera netta contagi e ricoveri, non dobbiamo dimenticare che avevamo l'epidemia che era arrivata fino a Roma, non tutta Italia. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo una variante che è il doppio più contagiosa. Nel 2020 in questo periodo le curve erano tutte in salita, ora sono in discesa, l'elemento che ha determinato questo tipo di risultato è l'effetto dei vaccini», ha concluso.