Pd sotto attacco dai suoi stessi dipendenti: rischio disoccupazione, quale futuro per noi?
In cassa integrazione dal 2017, i 174 dipendenti del partito scrivono una lettera aperta ai candidati al congresso
ROMA - Il Partito democratico è presisissimo in questi giorni dalla preparazione della campagna congressuale per l'elezione del segretario nazionale. Così preso che quasi si dimentica dei suoi lavoratori. «Pensiamo che sia un congresso molto importante per il futuro del partito e non solo» scrivono i rappresentanti sindacali dei dipendenti Pd in una lettera aperta ai candidati al congresso. «Come senz'altro sapete, la crisi del Pd non è solo politica, ma anche finanziaria». I 174 dipendenti della Direzione nazionale sono in cassa integrazione dal 1 settembre 2017 e improrogabilmente fino al 31 agosto 2019. Scaduto quel termine, in assenza di significative misure atte ad impedirlo, per la maggior parte di loro ci sarà il licenziamento.
«Emergenza sociale»
«Non ci interessa oggi tornare sulle responsabilità delle passate gestioni, vogliamo guardare al futuro». Nella lettera i dipendenti Pd chiedono dunque a tutti i candidati alla segreteria nazionale come, con quali strumenti e finalità, intendano fronteggiare questa che non è solo una questione organizzativa, «ma soprattutto un'emergenza sociale».
«Un partito non è una azienda»
«Un partito politico non è una azienda, e i suoi dipendenti sono al tempo stesso militanti, pronti a condividerne vittorie e sconfitte. Riteniamo doveroso che la classe dirigente di un partito che ha fatto della difesa del lavoro e della sua dignità uno dei capisaldi della sua identità e proposta politica non si sottragga alle proprie responsabilità e sappia compiere ogni sforzo per risolvere positivamente la crisi occupazionale dei propri dipendenti». In questi mesi di cassa integrazione hanno avuto modo di elaborare alcune proposte concrete «che vorremmo potere esporvi. Chiediamo, inoltre, che da qui in avanti i lavoratori possano finalmente svolgere un ruolo attivo nella ricerca di soluzioni condivise».
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