Corruzione, Formigoni condannato al massimo della pena: 7 anni e 6 mesi
I giudici della corte d’Appello di Milano hanno deciso per l'aumento di pena: in primo grado il governatore era stato condannato a 6 anni

MILANO – Aumento di pena per l’ex presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, nel processo d’appello sul giro di tangenti intorno alla Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia: la condanna è salta a 7 anni e 6 mesi di carcere, il massimo della pena prevista in questo caso per il reato di corruzione, senza concedergli le attenuanti generiche. In primo grado all'ex governatore erano stati inflitti 6 anni di carcere. I giudici della Quarta Corte d’Appello lo hanno anche condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. I giudici della corte d’Appello di Milano hanno così accolto le richieste dell’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Laura Pedio, che si è fatta applicare anche nel secondo grado e giudizio, e il sostituto procuratore generale Vincenzo Calia.
Il primo grado
Nel processo di primo grado i pm Laura Pedio e, all'epoca, Antonio Pastore avevano chiesto 9 anni di carcere ma l'accusa di associazione a delinquere è stata fatta cadere dai giudici. E di 6 anni era l'interdizione dai pubblici uffici. Oggi invece la decisione di interdire il 'Celeste' a vita e di portare la condanna fino al massimo della pena, che in questo caso per la corruzione è, appunto, di 7 anni e 6 msi.
Le tangenti della sanità
Secondo le accuse l'ex presidente della giunta regionale della Lombardia per quattro mandati consecutivi, dal 1995 al 2013, avrebbe favorito la fondazione pavese Mauger in cambio di tangenti che non sarebbero consistite in denaro contante ma in favori e benefit quantificabili in 8 milioni di euro. Soggiorni di lusso in località esotiche, crociere su yacht messi a sua completa disposizione, cene in ristoranti stellati, finanziamenti per i meeting di Comunione e liberazione a Rimini. In cambio, l'ex governatore avrebbe favorito la Fondazione e l'ospedale San Raffaele di Milano con 200 milioni di rimborsi regionali per le cosiddette prestazioni sanitarie non tariffabili (ossia qualità del servizio, investimenti in ricerca e sviluppo, ecc) stanziati attraverso una serie di delibere approvate dalla giunta lombarda tra il 1997 e il 2011.
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