20 aprile 2024
Aggiornato 12:00
Il ricordo di un'ingiustizia

Sacco e Vanzetti, 90 anni fa la condanna a morte che cambiò la storia

I due anarchici furono condannati alla sedia elettrica con l’accusa di omicidio durante una rapina. La faziosità del verdetto suscitò proteste in tutto il mondo. Per molti la condanna rientrò nella «politica del terrore» promossa dal Ministro della Giustizia Usa.

23 agosto 1927, Sacco e Vanzetti: storia di due emigrati italiani condannati a morte
23 agosto 1927, Sacco e Vanzetti: storia di due emigrati italiani condannati a morte Foto: ANSA

ROMA - Un'ingiustizia commessa 90 anni fa, che si riverbera ancora oggi. Perché a subirla furono immigrati, e italiani per la precisione, poveri e politicamente scomodi (che per l'epoca voleva dire anarchici). Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono uccisi sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 dalle autorità dello stato Usa del Massachusetts, nonostante le evidenti prove della loro innocenza e una battente campagna internazionale che chiedeva la loro assoluzione.
La vicenda del pugliese Nicola Sacco e del piemontese Bartolomeo Vanzetti iniziò quando un contabile e una guardia furono trovati uccisi all'interno di un calzaturificio. Sacco, calzolaio, e Vanzetti, pescivendolo, furono presi come imputati di comodo. Erano noti anarchici, fuggiti in Messico per evitare l'arruolamento durante la prima guerra mondiale. Ed erano stati arrestati per il possesso di una pistola. Nulla di più facile, insomma, che addossare loro anche la rapina e un duplice omicidio.

«BASTARDI» - Finirono così in una trappola infernale. In un momento in cui era fortissimo, contemporaneamente, sia il pregiudizio nei confronti degli italiani, sia quello nei confronti degli anarchici, dovettero affrontare un tribunale e un giudice - Webster Thayer che li chiamava «bastardi» - fortemente motivati a farli giustiziare. Inoltre il governatore dell'epoca, Alvan Fuller, che avrebbe potuto evitare l'esecuzione, non lo fece per motivi, a quanto si è capito negli anni, puramente politici: cercava la nomination repubblicana alla presidenza degli Stati Uniti.
Bisognerà attendere il 1977 per vedere la riabilitazione totale dei due anarchici. Il governatore democratico Massachusetts - poi sfortunato candidato alla presidenza - Michael Dukakis, al termine di una revisione dei processi, stabilì la completa riabilitazione dei due anarchici italiani, diventati icone della lotta contro la pena di morte e le ingiustizie in generale.

CULTURA POPOLARE - Furono molti gli intellettuali di primissimo vaglio che presero le parti dei due immigrati italiani: da Albert Einstein e George Bernerd Shaw, da Bertrand Russell a John Dos Passos, passando per Anatole France. Una fama che andò oltre i circoli intellettuali e arrivò alla cultura popolare. Ne cantarono Woody Guthrie («The Ballad of Sacco&Vanzetti»), Joan Baez («Here's to You», scritta da Ennio Morricone). Giuliano Montaldo girò nel 1971 un film che ebbe molto successo, in cui Vanzetti era interpretato da Gian Maria Volonté e Sacco da Riccardo Cucciolla.
Le ceneri di Sacco e Vanzetti riposano nei cimiteri delle loro città di origine: Vanzetti a Villafalletto (Cuneo) e Sacco Torremaggiore (Foggia). In quest'ultima località ogni anno si svolge il «Sacco e Vanzetti Memorial Day», animato anche dalla nipote di Nicola Sacco, Fernanda. «Non una commemorazione, ma un progetto condiviso con Amnesty, Nessuno Tocchi Caino, Eticaarte perché il ricordo di quello che è successo 90 anni fa a due onesti lavoratori emigrati serva a non ripetere gli errori del passato», spiega Matteo Marolla, uno dei principali animatori dell'Associazione Sacco e Vanzetti che da molti anni di occupa di tenere accesa la memoria. «Il progetto - ha spiegato Marolla - continuerà con iniziative già programmate su tutto il territorio nazionale».

ORGOGLIO DELL'INNOCENZA - Restano impresse nella memoria collettiva anche le parole e gli scritti dei due anarchici italiani, soprattutto quelle che ne raccontano la parte più privata. Come le missive di Nicola Sacco al figlio Dante, nelle quali veniva espresso tutto l'orgoglio dell'innocenza e della coerenza politica. «Sì, Dante mio - scriveva -, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre idee, che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire».