27 agosto 2025
Aggiornato 14:30
Trasparenza e lobbying

La regolamentazione sulle lobby della Camera non favorirà davvero la trasparenza

La Camera ha reso finalmente consultabile l'elenco dei lobbisti che operano a Montecitorio. Peccato che, così come è fatto, non favorirà la trasparenza

Camera dei deputati
Camera dei deputati Foto: ANSA / ANGELO CARCONI ANSA

ROMA - Lobby e politica, un argomento in Italia molto poco affrontato e che resta un tabù. A che punto siamo davvero in termini di regolamentazione? E perché, nel nostro Paese, il termine «lobby» viene ancora associato a qualcosa di «losco»? Di recente, qualche piccolo passo verso la trasparenza è stato compiuto, ma ancora troppo poco per poter esprimere soddisfazione. La Camera dei deputati ha infatti reso consultabile l’elenco dei portatori di interesse ad oggi iscritti al registro delle lobby di Montecitorio. L'iniziativa giunge dopo che, ad aprile 2016, la giunta per il regolamento di Montecitorio ha finalmente iniziato, dopo un ritardo pluridecennale, un percorso per di regolamentazione della presenze delle lobby all’interno della Camera.

Consultabile il registro di Montecitorio
Un percorso necessario per garantire ai cittadini una maggiore trasparenza a proposito di chi, ogni giorno, rappresenta interessi che possono influenzare il processo politico e legislativo. L'iniziativa va nella giusta direzione, visto che, al contrario di altri Paesi europei e soprattutto degli Stati Uniti, in Italia ancora non esiste una legislazione in materia, nonostante l'ovvia delicatezza della questione. Così, dopo quattro mesi di vita, Montecitorio ha reso possibile la consultazione del registro che, ad oggi, è composto da 54 rappresentanti di interesse. In totale, secondo quanto riporta Openpolis, sono state presentate 145 richieste d’iscrizione, ma gli uffici ne devono ancora completare l’esame.

Ma le informazioni ottenute sono troppo vaghe
Openpolis ha però individuato diverse criticità in quanto fatto fino ad ora. Innanzitutto, la pagina dedicata alla consultazione del registro è un elenco di schede per ogni struttura registrata, schede che però sono di difficile riutilizzo non essendo in formato aperto. Oltretutto, i campi di risposta per registrarsi sono liberi, circostanza che consente ai compilatori di fornire risposte molto vaghe e quini inutili. Ad esempio, alla domanda «soggetti che intende contattare», la maggior parte delle strutture ha scritto «deputati», cosa naturalmente scontata.

Due esempi virtuosi
Il risultato è che la trasparenza rimane molto modesta. Per garantirla, infatti, non basta chiedere la pubblicazione di informazioni, ma bisogna fare in modo che queste ultime siano chiare, univoche e fruibili. Openpolis individua anche in Italia la presenza di due esempi virtuosi, come il registro lanciato nel settembre del 2016 da Carlo Calenda, ministro per lo sviluppo economico, e quello introdotto nel maggio 2017 dalla ministra Madia. In questo caso, la fase di registrazione è guidata, con risposte suggerite. Entrambi i registri, poi, permettono di vedere «l’agenda» dei ministeri, ed è possibile leggere l’elenco degli incontri con le organizzazioni iscritte (con giorno e argomento discusso) del ministro Calenda e della ministra Madia. Informazioni anche disponibili per vice ministri, sottosegretari e i vari direttori generali.

Anche l'Ue è poco trasparente
Anche questi due casi, considerati «virtuosi», presentano in realtà dei limiti. Come dei limiti presenta la recentissima regolamentazione europea, modello a cui quei due esempi si ispirano. Anche la riforma della regolamentazione, infatti, lascerebbe viva l'esenzione di iscrizione al rgistro di alcuni funzionari, e addirittura vedrebbe un netto peggioramento nella definizione di «lobbying». In pratica, rimarrebbero escluse tutte le attività di lobbying indiretta come report e campagne di comunicazione, consulenze legali e così via. E alcuni soggetti resterebbero incautamente esclusi dalla definizione di lobbismo, come le autorità pubbliche di Paesi terzi, che invece in alcuni campi possono svolgere attività di pressione. Non solo: le rappresentanze permanenti del Consiglio non avrebbero l'obbligo di incontrare lobbisti solo se registrati.

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Riempire (male) le lacune
Come si vede, dunque, la questione delle «porte girevoli» non riguarda solo l'Italia, ma anche l'Ue. Eppure, nonostante le tante criticità presenti in Europa, in Italia la situazione risulta ancora più grave. Perché anche laddove si andasse (come pare stia accadendo) nella direzione di riempire le enormi lacune della nostra legislazione, il rischio è che lo si faccia in modo del tutto inefficace. Rendendo la trasparenza un obiettivo ancora molto lontano da raggiungere.