Il Papa alla sinagoga. Rabbino Di Segni: Il Tempio sarà strapieno
Sarà un incontro diretto, personale e collettivo con la Comunità ebraica di Roma e con alcune rappresentanze ebraiche internazionali che ci tengono a incontrare papa Francesco, poche, quindi, le istituzioni italiane
CITTA' DEL VATICANO - «Avremo il Tempio strapieno, al limite della capienza». Il rabbino capo della storica Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, presenta così la visita del Papa al Tempio maggiore di Roma, in programma domenica 17 gennaio.
Un incontro diretto con la comunità
«La visita, comprensiva del momento importante all'interno del Tempio con i discorsi ufficiali, ha il carattere e lo scopo di un incontro diretto, personale e collettivo con la Comunità ebraica di Roma e con alcune rappresentanze ebraiche internazionali che ci tengono a incontrare papa Francesco», spiega Di Segni al giornale dei vescovi italiani Avvenire. «La presenza istituzionale italiana è pertanto ridotta all'essenziale. In prima fila sarà il popolo della Comunità ebraica nelle sue varie componenti: da chi si occupa dei poveri alle famiglie colpite dal terrorismo, ai giovani, agli ex deportati che costituiscono le diverse sfaccettature odierne e rappresentative di una comunità storicamente dirimpettaia al Vaticano. È perciò una visita scandita e concentrata essenzialmente nell'incontro diretto con le persone».
Questioni internazionali e rapporti ebraico-cattolici
Sullo sfondo della visita di Bergoglio sia questioni internazionali che interne ai rapporti ebraico-cattolici. «Il mondo è insanguinato da conflitti. Siamo preoccupati per l'estremismo dilagante e le violenze che si compiono in nome delle religioni, per gli indirizzi che possono prendere certe scelte politiche. Il nostro incontro vuole concordemente dare un segnale che è attualissimo, importantissimo e urgente: il messaggio che l'appartenenza a una fede, a una religione non deve essere motivo di ostilità, di odio e di violenza ma è invece possibile costruire una convivenza pacifica, sul rispetto e la collaborazione proprio in nome della propria religione», afferma Di Segni. Che ricorda come di recente la Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l'ebraismo ha pubblicato un documento «importante» perché è «una sintesi di quanto è stato compiuto in questi cinquant'anni» dal Concilio vaticano II. Vi si trovano «precisazioni necessarie» in particolare sul rifiuto di una missione istituzionale di conversione dei cristiani in relazione agli ebrei. «Ma non tutto è risolto, diversi aspetti debbono ancora essere sviluppati e approfonditi. Posso dire che si tratta fin qui di un onorevole armistizio».
I cristiani non possono essere antisemiti
Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, da parte sua, sottolinea che la visita di Francesco ribadirà un concetto che gli è caro: «E' assolutamente impossibile essere cristiani e, allo stesso tempo, essere antisemiti». Giovanni Paolo II, ricorda il porporato svizzero all'Osservatore Romano, «è stato il primo Papa nella storia a visitare la sinagoga di Roma il 13 aprile 1986. Dopo di lui lo ha fatto Benedetto XVI il 17 gennaio 2010, nel giorno che precede l'inizio della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani». Ora visiterà una sinagoga un Papa i cui buoni rapporti con il mondo ebraico «risalgono ai suoi anni di episcopato in Argentina».
(con fonte Askanews)