18 aprile 2024
Aggiornato 16:00
Il sindaco ritira le dimissioni?

Marino tira avanti

Si avvicina il 2 novembre, giorno in cui il sindaco uscente Ignazio Marino dovrà lasciare definitivamente il Campidoglio, a meno che non deciderà di ritirare le dimissioni. In tal caso il primo cittadino troverà un Pd agguerrito, pronto a sfiduciarlo

ROMA - Una Giunta capitolina col caschetto da capocantiere: era il modello di amministrazione che dalla capitale il sindaco Ignazio Marino voleva trasmettere a tutto il Paese. Ora che le sue dimissioni sono sul tavolo, e non revocate come pure sembrava possibile dopo i chiarimenti forniti sull'affaire scontrini, Marino si concede una visita lampo alla chiusura del cantiere che ha collegato con due ponti le due borgate di Fidene e Villa Spada. «Un'altra opera per la città conclusa in tempi straordinari», rivendica Marino, che non risponde a nessuna sul suo futuro. «Noi continuiamo a lavorare per la città, Roma deve andare avanti», aggiunge annunciando che domani e dopodomani probabilmente inaugurerà nuovi cantieri.

Esposito: Pd deciso, non si torna indietro
Uno dei migliori amici del sindaco, Guido Filippi, intervenendo al programma di Radio 2 Un giorno da pecora ha spiegato però che la cosa che più preme a Marino sarebbe di portare in Aula Giulio Cesare la discussione sulle sue dimissioni, «perché è incomprensibile che un sindaco venga deposto attraverso interviste e comunicati stampa». Ma il Pd non ha alcuna intenzione di esporsi ancora: «Marino? Confermerà le dimissioni - risponde il super renziano ex assessore ai Trasporti Stefano Esposito dai microfoni de La zanzara - la linea del Pd è stata decisa e non è cambiata. Il Pd ha avuto le palle a rinunciare a Marino, non è stata una decisione presa a cuor leggero». Caso chiuso, dunque, e infatti a tutt'oggi non risulta convocata una Conferenza dei capigruppo in Assemblea capitolina che sarebbe l'organo deputato a convocarla. Il tempo a disposizione ormai è pochissimo, perché se Marino non ritira le dimissioni entro l'1 novembre, il giorno dopo il prefetto Franco Gabrielli è già pronto a nominare Commissario e subcommissari che accompagneranno la Capitale nell'ordinaria amministrazione, e nelle urgenze legate al Giubileo, fino alla prima finestra elettorale utile.

M5S: la solita farsa del Pd
«L'ammutinamento del Pd verso Marino è la solita farsa. Dicono di essere pronti a sfiduciarlo ma come? C'è infatti una sola mozione di sfiducia depositata in Assemblea capitolina: la nostra - protestano i consiglieri del M5S -. E anche se il Pd ne presentasse una oggi questa non potrebbe essere votata, perché il regolamento prevede che tale atto non può essere discusso dieci giorni prima della sua presentazione o 30 giorni dopo». Ma il presidente del consiglio comunale Valeria Baglio in serata chiarisce, con una nota, che secondo il regolamento del Consiglio comunale la mozione di sfiducia deve essere sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri (19 nel caso dell'Assemblea Capitolina), e dunque che la mozione di sfiducia depositata il 18 giugno 2015 dai soli consiglieri del gruppo De Vito, Frongia, Raggi e Stefàno «non poteva essere esaminata ed era da considerarsi irricevibile». La presidente d'Aula tace ancora, però, sulla Conferenza dei capigruppo e sull'Assemblea capitolina, che sembra ormai difficile che venga convocata in tempo utile per permettere al sindaco anche solo di spiegarsi prima di andarsene. A Marino, per un altro giorno ancora, tocca uscire intorno alle 19 dal suo studio nel Palazzo senatorio senza aver potuto spiegare e combattere come avrebbe voluto. L'addio definitivo al Campidoglio s'avvicina, e sembra molto più quieto di quanto chiunque avrebbe immaginato, Sindaco compreso.




(con fonte Askanews)