Come Renzi (non) cambierà le nostre pensioni
La famigerata legge Fornero non si tocca. La rivoluzione della previdenza sbandierata da Renzi, dunque, si ridurrà a qualche pannicello caldo. Che non si sa nemmeno quando entrerà in vigore. L'importante è promettere...
ROMA – Spiacenti italiani, la legge Fornero non si tocca. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan lo ha detto chiaro e tondo, rivolgendosi nientemeno che al parlamento tutto: «Una modifica strutturale del sistema pensionistico disegnato dalla legge Fornero che scollegasse l’età pensionabile dalla speranza di vita andrebbe contro i principi di sostenibilità del sistema». Come a dire che i soldi si trovano per gli 80 euro, si troverebbero per tagliare la tassa sulla casa, si tirano fuori perfino per comprare il nuovo lussuosissimo aereo privato del presidente del Consiglio, ma non si trovano mai per mettere mano ad una delle norme più impopolari, e che ha avuto le conseguenze più gravi sulle tasche degli italiani, degli ultimi anni. È un fatto di priorità. Quindi rassegnatevi, care lavoratrici: dal primo gennaio, come prevede la legge del fu governo Monti, andrete in pensione quattro mesi dopo, se siete dipendenti pubbliche, o addirittura due anni dopo, se private. Peggio per voi.
Bontà loro
Al massimo, per gentile concessione del governo Renzi (che, come è noto, è di sinistra), potrete contare su qualche pannicello caldo, ma proprio se siete in condizioni disperate, se state quasi morendo di fame. «Non c'è nulla di male a esaminare possibili correttivi che riguardano individui che si trovano vicini alla pensione ma con una prospettiva occupazionale difficile – ha aggiunto Padoan dalle pagine di Repubblica – ma va considerato naturalmente che questo ha un costo e l'equilibrio di finanza pubblica deve essere mantenuto». Impossibile, dunque, dare spazio alla proposta di Cesare Damiano (andare in pensione fino a quattro anni prima con un 2% in meno all'anno) o alla «quota 100» (la somma di età e anni di contribuzione per poter smettere di lavorare), perché costerebbero rispettivamente 8,5 e 10,6 miliardi. E, visto come sta messo Renzi, che già non sa dove sbattere la testa per coprire tutte le innumerevoli promesse che si sta inventando in queste settimane, meglio mettersi l'anima in pace.
Idee chiare
Resta sul tavolo solo qualche ipotesi del tutto marginale. Per esempio, racconta il Messaggero, quella che consentirebbe alle donne di andare in pensione a 57 anni, ma con il calcolo contributivo, ovvero dal 20 al 30% in meno sull'assegno. Oppure la possibilità di chiedere un prestito sulla pensione (che andrà ovviamente restituito in seguito) per chi ha perso il lavoro a due o tre anni dal meritato riposo. Sarebbe questa, insomma, la tanto sbandierata rivoluzione delle pensioni promessa da Matteo Renzi: ancora una volta, come è ormai marchio di fabbrica del suo governo, la montagna partorisce il topolino. Ciliegina sulla torta: non si sa nemmeno quando questi interventi entreranno effettivamente in vigore. A inizio mese il premier a Porta a Porta aveva tirato il freno a mano, preannunciando uno slittamento in avanti ai prossimi anni. Ieri, a l'Unità, ha cambiato idea: «Cercheremo di fare qualcosa, un primo rimedio già con la Stabilità», ovvero dal 15 ottobre. Il modo lo troverà uno dei suoi ministri: «Ho chiesto a Padoan e Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita». Padoan che, a sua volta, ha di nuovo messo le mani avanti: «Va considerato naturalmente che questo ha un costo e l'equilibrio di finanza pubblica deve essere mantenuto». Ma a Renzi, questo, poco importa. Più che quelli del bilancio dello Stato e delle famiglie italiane, sono ben altri i numeri che gli interessano: quelli dei sondaggi di gradimento che può far salire con questi roboanti annunci. Finché qualcuno ci casca.
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