2 ottobre 2025
Aggiornato 06:30
La Lega Nord boccia l'intervento vaticano sui ritocchi esteteci

Buonanno: «La Chiesa troppo dura con il bisturi, troppo clemente con il burqa»

Il cardinal Ravasi definisce la chirurgia estetica «burqa di carne», ed è subito polemica. Per il leghista Buonanno, la Chiesa dovrebbe occuparsi dei «propri burqa», come della pedofolia. E, al di là degli eccessi condannabili, rifarsi è libertà, indossare il velo no. Eppure, siamo sicuri che burqa da un lato e sovraesposizione del corpo dall'altro non siano i due volti dello stesso male?

ROMA – Una nuova polemica è scoppiata per alcune dichiarazioni uscite dai Sacri Palazzi, ma, stranamente, Papa Francesco non c’entra. Niente pugni e conigli hanno turbato gli animi di Cattolici e non; questa volta, è stato infatti il cardinal Ravasi, responsabile del Pontificio consiglio della Cultura per il Vaticano, ad attirare numerose critiche, dopo aver definito, in occasione di una sessione di studi sulla cultura femminile organizzata dal suo dicastero, la chirurgia estetica un «burqa di carne».

BUONANNO: RIFARSI È LIBERTÀ, INDOSSARE IL BURQA NO - E di burqa, l’europarlamentare della Lega Nord Gianluca Buonanno  si intende discretamente. Nel suo curriculum, infatti, spiccano una protesta al Parlamento europeo in cui ha votato bardato dietro a un burqa per ricordare le «radici cristiane» che l’Europa a suo parere rinnega, oltre all’organizzazione di una campagna anti-burqa per cui, da sindaco di Varallo, è stato addirittura condannato. Il burqa, per lui, è infatti il simbolo di quanto l’Islam sia «indietro» rispetto alla «nostra civiltà»: «L’Islam è indietro di 1000 anni rispetto alla storia. Ed è assurdo che un cittadino italiano, se gira con il passamontagna, possa essere multato perché non è riconoscibile, mentre una donna musulmana con il burqa possa girare tranquillamente», afferma. «E’ come se noi andassimo con le scarpe in una moschea, oppure le donne con una magliettina: ci lascerebbero? Ovviamente è impossibile. Questa è la differenza: l’Islam è fermo a 1000 anni fa», dichiara. Di questo, secondo Buonanno, dovrebbe occuparsi la Chiesa Cattolica; non di chirurgia estetica. «Riconosco che ci sono persone che esagerano con la chirurgia estetica, diventano ridicole e si riducono a macchiette, e anziché chiamarsi in italiano dovrebbero farlo in cinese perché sono tutte tirate». Ma una differenza sostanziale tra la chirurgia estetica e ciò che il burqa rappresenta, l’europarlamentare della Lega la individua: nel caso dei ritocchini, a suo avviso, «si tratta però sempre di libertà: si può dare un giudizio sulla chirurgia estetica, ma ognuno è libero di fare quello che vuole del proprio aspetto. Io sono libero di tirarmi senza chiedere a Ravasi che cosa ne pensa», afferma Buonanno.

LA CHIESA INDOSSA IL BURQA DEL CONTROSENSO - «Anzi», prosegue l’europarlamentare del Carroccio, «io direi alla Chiesa, invece di pensare al filler, di occuparsi di altro. Il vero burqa è quello che usano loro sui pedofili, quello che usano loro sulle porcherie fatte dalla Chiesa e che continuano a coprire. Il burqa è», dichiara Buonanno, «i tanti preti che fanno politica nelle parrocchie. Cominciassero a fare una po’ di autocritica, e a fare critica anche sull’uso del burqa vero e proprio. Però la Chiesa è sempre stata strabica», afferma l’europarlamentare della Lega. «Un esempio, il Papa che dice: ‘Non bisogna fare figli come conigli’, ma la Chiesa che vieta il profilattico; è un controsenso assoluto, soprattutto per alcune popolazioni africane. La Chiesa oggi ha il burqa del controsenso. Altri esempi? Non pagano l’Imu a differenza nostra, e molti parroci si comportano peggio dei playboy. Però, sono capaci di giudicare bene gli altri. Per i preti vale il detto: ‘Fate quello che vi dico, ma non fate quello che faccio’», conclude.

BURQA E SOVRAESPOSIZIONE DEL CORPO, FACCE DIVERSE DELLO STESSO MALE? - D’altronde, il tema sollevato dal progetto del Pontificio consiglio sui saperi femminili, che ha per testimonial Nancy Brilli – una che con un chirurgo estetico è addirittura fidanzata – non è banale. La domanda aperta dall’iniziativa, infatti, è tutt’altro che scontata, specialmente nelle nostre società occidentali che sbandierano la condizione delle loro donne come fiori all’occhiello delle proprie democrazie: ci si chiede, cioè, se sia vera libertà quella che oggi il gentil sesso occidentale ritiene di avere. In tale contesto il cardinal Ravasi, nel corso della prima giornata dedicata al tema dell'uguaglianza e della differenza, senza troppi giri di parole ha utilizzato la metafora del «burqa di carne». Forse, l’intento era quello di spingere a riflettere su quanto effettivamente, in una società in cui il burqa è simbolo per eccellenza di sottomissione della donna, la chirurgia estetica possa essere considerata, al contrario, un’affermazione di libertà. Siamo sicuri, cioè, che la corsa a plasmare il proprio aspetto per aderire a un modello imposto dai cartelloni pubblicitari sia un atto di libertà? Siamo sicuri che certe donne occidentali, che espongono il proprio corpo agli sguardi altrui, lo imbellettano alla ricerca di affermazione sociale o, addirittura, lo trattano come merce di scambio, siano più «libere» delle musulmane bardate dietro al tanto vituperato velo? Evidentemente, il cardinal Ravasi non ne è convinto. Forse, la sua presa di posizione contro la chirurgia estetica voleva far riflettere sul paradosso per cui un corpo sovraesposto e tormentato dal filler non sia poi così diverso da uno coperto da un impietoso burqa, almeno se si parla di «libertà» della donna e di «libertà» di essere donna. Una riflessione certamente in controtendenza rispetto alle nostre società occidentali e a un certo tipo di femminismo, che intendono difendere la «dignità» della donna a colpi di quote rosa e minigonne. «Lasciata la libertà di scelta a tutti, non è che siamo sotto il giogo culturale del modello femminile unico?», ha domandato Ravasi. Se così fosse, perché prendersela tanto ferocemente con il velo delle musulmane – qualora non si tratti di una questione di sicurezza –, quando la nostra civiltà è popolata da altrettante «schiave», forse di segno opposto, ma, sotto certi punti di vista, ugualmente «sottomesse» e «omologate»?