20 aprile 2024
Aggiornato 10:00
Tradizione in cucina

La panissa vercellese, cinque indirizzi per andare a colpo sicuro

Durante la stagione più fredda dell'anno, ecco il momento giusto per riscoprire un piatto che racchiude storie e cultura della Provincia del riso.

VERCELLI- Le lievi differenze che si riscontrano nelle ricette tradizionali sono forse la più bella cosa da raccontare, perché è proprio nel tramandarsi i piccoli segreti e i trucchi di ogni famiglia che nascono le varianti culturali, dovute alle disponibilità di materia prima che era fruibile in un certo periodo dell'anno all'interno della dispensa di una determinata famiglia. Piccole differenze per una ricetta, che come spesso capita nella gastronomia italiana, non è mai stata codificata con certezza, lasciando così spazio alla discussione, quella da bar sport, quella della domenica mattina, prima di ritornare a casa per pranzare, prima di uscire di nuovo al freddo - ma rifocillati - e andare allo stadio.

PAIOLO DI RAME - Almeno sull'attrezzo da usare c'è una certa convergenza di idee, mentre già sulla qualità del riso anche Wikipedia indica tre possibilità: Arborio, Baldo e Maratelli, mentre sui fagioli si può giocare in casa, in Provincia, usando i Saluggia. Per quanto riguarda gli altri ingredienti vegetali, diversamente dalla ricetta novarese che ne include parecchi, qui ci si limita alla sola cipolla, a cui andrà aggiunto lardo e salam d'la duja "sgranato». Facoltativo l'uso di concentrato di pomodoro per donare acidità e Parmigiano per mantecare. Ma sicuramente si sfumerà con vino rosso; si, ma, quale vino rosso? Un Barbera dalla spiccata acidità o un Nebbiolo dal tannino prepotente? A quel punto dipenderà dalla sensibilità del cuoco o della cuoca, fatto sta che in Provincia si trovano, dalle parti di Gattinara, alcune tra le migliori espressioni del vitigno Nebbiolo, e sarà quindi saggio, usarne una parte - del più semplice - per la cottura, riservando alla tavola, al bicchiere, le migliori annate dei migliori produttori.

TUTTO IN FAMIGLIA -  Non è un caso che i cinque indirizzi prioritari siano tutti riconducibili a ristoratori che vantano una storia più o meno lunga, e che hanno in comune anche un'altra caratteristica, e cioè che i loro locali sono tutti a gestione famigliare, come a suggellare un'appartenenza territoriale giustamente mai abbandonata dalle famiglie Bonato, Costardi, Milan, Sarzano e Silvestro, in rigoroso ordine alfabetico e non di merito. Meriti comunque riconosciuti dalla critica e dal pubblico.

CINQUE INDIRIZZI CINQUE - Dal centro di Vercelli a uscire avremo dapprima a disposizione l'Hotel Cinzia dei giovani e rampanti fratelli Costardi, Manuel e Christian, cuochi che hanno scalato in fretta le classifiche, anche nazionali, e che propongono oltre alla panissa anche un'altra ventina di risotti più o meno creativi. Uscendo verso Novara troveremo a Borgovercelli, defilata dalla trafficata statale, L'Osteria Cascina dei Fiori di altri due fratelli, Paolo e Massimo Milan, a suo tempo soci fondatori della prestigiosa associazione J.R.E Italia. Verso Biella incontreremo la bella cucina del Bivio di Gianni Sarzano, dove Anna e Silvia vi serviranno la tradizione nell'elegante sala punteggiata da poltrone rosse. A Trino, dentro un sobrio e casto Convento di suore Salesiane ottimamente restaurato troveremo un altro giovane leone coadiuvato dalla famiglia ( i Bonato ) trasferiti qui da poco più di un paio d'anni, ma senza dimenticare tutti i piatti della più antica tradizione della cucina delle risaie già declinata nella precedente sede del ristorante Massimo. Infine, ma solo per ordine di distanza da Vercelli, ecco il Balìn di Livorno Ferraris, tanto noto per la suggestione degli ambienti quanto per la corroborante panissa d'inverno e le immancabili e fragranti rane fritte d'estate.

COSA BERE CON LA PANISSA -  Se è vero che ad un piatto che contiene vino andrebbe abbinato un vino della medesima tipologia e vitigno, e altrettanto vero che la grassezza del salam d'la duja e del lardo, richiederebbe uno vino abbastanza acido da poter detergere a dovere il palato. Un Barbera del Monferrato farebbe sicuramente al caso nostro, ma anche un ottimo Gattinara di : Antoniolo, Travaglini, Nervi o Anzivino nobiliteranno un piatto che con gli anni si è sempre più raffinato, e che quindi sfugge ormai al concetto elementare che vorrebbe un cibo rustico abbinato ad un vino altrettanto rustico. Concetti teorici, perché poi ognuno a tavola deve rispettare una sola regola, il proprio gusto personale.