Italia e USA si contendono un ex deputato arrestato in Montenegro
Il senatore Aldo Di Biagio risponde alle domande di DiariodelWeb.it in merito all'interrogazione parlmanetare in cui chiede che il Governo prenda in mano la situazione delicata e contorta del caso di Massimo Romagnoli, ex deputato Fi accusato dal governo USA di traffico di armi e cospirazione: ««in base alla Convenzione di Palermo, Romagnoli torni sotto la giurisdizione italiana».
ROMA - «Non vorrei che di fronte ad accuse di tale rilievo passi il messaggio di una colpevolezza a prescindere e quindi Massimo Romagnoli venga lasciato al suo destino nel disinteresse generale». Così il senatore Aldo Di Biagio commenta a DiariodelWeb.it la scelta di aver presentato una interrogazione parlamentare affinché il Governo prenda in mano le redini della situazione contorta e delicata di Massimo Romagnoli, cittadino italiano accusato dagli Stati Uniti di traffico d'armi e contro cui è stato disposto una richiesta di arresto internazionale. «Con la mia interrogazione ho proprio voluto richiamare l’attenzione delle Istituzioni competenti sul caso di Romagnoli perché gli venga dato il massimo sostegno da parte del suo Paese», aggiunge.
COSPIRAZIONE CONTRO GLI USA - Sembra la scena già vista di una pellicola holliwoodiana, quella della vicenda che vede coinvolto Massimo Romagnoli, ex deputato di Forza Italia. E le accuse sono pesantissime. Secondo la procura di New York, l'ex deputato sarebbe incriminato di cospirazione a fini di uccisione di ufficiali e impiegati di cittadinanza americana e loro collaboratori. Più precisamente, Romagnoli avrebbe cospirato in modo 'indiretto' contro gli Stati Uniti, fornendo armi e altro materiale di supporto agli esponenti delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (FARC), con la consapevolezza che tale organizzazione svolge attività terroristica.
IL CARCERE IN MONTENEGRO - Attualmente, Massimo Romagnoli è detenuto nel carcere montenegrino di Podgorica dal 16 dicembre scorso, ma la situazione è tutt'altro che chiara. La Procura di New York contesta a Romagnoli un unico incontro dell'8 ottobre 2014, a Tivat, in Montenegro, nel corso del quale – come si legge sull'atto di accusa – avrebbe dato la disponibilità alla vendita di armi, benché fosse stato dichiarato dai sedicenti acquirenti che esse erano destinate alle FARC. Inoltre, Romagnoli avrebbe garantito la fornitura di certificati falsi di esportazione degli armamenti (END USER) fondamentali per far risultare legittimo il possesso delle armi.
L'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE - In Italia, a cercare di far chiarezza sull'intricata situazione è il Senatore Aldo Di Biagio, che, con un'interrogazione parlamentare chiede al Governo di adottare delle iniziative per avanzare una richiesta di estradizione di Romagnoli nei confronti del Montenegro. Il Senatore dichiara che la scelta di appellarsi ai Ministri su questa vicenda è dettata principalmente da solidarietà umana: «Quale membro della Commissione per i Diritti Umani del Senato, ho avvertito l’esigenza di andare a trovare Massimo Romagnoli il primo di gennaio per accertarmi sia delle sue condizioni di salute sia che, nello stato di detenzione in cui si trova, gli vengano assicurate tutte le garanzie dovute – afferma Di Biagio –. E’ solo la mia sensibilità che mi ha spinto a non abbandonare un cittadino italiano accusato di reati gravi in relazione ad una vicenda i cui contorni non sembrano del tutto chiari».
«SONO INNOCENTE» - Romagnoli si dice innocente, e sostiene «di non essere mai stato un trafficante di armi con base in Grecia» come riferito nell'atto di accusa, e soprattutto di non aver mai, neanche per un momento, sospettato che le armi fossero destinate ad azioni terroristiche. Di Biagio nell'intervista aggiunge che «per aver conosciuto Massimo Romagnoli, le gravi accuse che gli vengono mosse mal si attagliano alla sua persona, tanto da renderle inverosimili. Come ho evidenziato nella mia interrogazione, nella vicenda di Massimo Romagnoli sembrerebbero intersecarsi profili di gravità e profili di paradossale ingenuità, e per tali motivi è opportuno che si faccia la massima chiarezza, proprio per la rilevanza delle accuse, ma sempre nel massimo rispetto di quelle garanzie, che nel nostro Paese rivestono rilievo costituzionale».
LE INCONGRUENZE DEL CASO - Sull'innocenza di Romagnoli Di Biagio non si pronuncia: «Io non entro nel merito processuale della vicenda né tantomeno dell’inchiesta, perché non è di mia competenza». E aggiunge, però, che «certamente da quello che è dato sapere non sembrerebbero esservi elementi di prova tali da giustificare una eventuale condanna da 17 anni all’ergastolo». La legge americana, infatti, prevede una dura condanna per quel reato, ma quello che fa notare D Biagio è che non sarebbero affatto limpide le modalità con cui le forze dell'ordine statunitensi avrebbero incastrato l'ex deputato di Forza Italia. Dalla lettura dell'atto di accusa della Procura di New York, infatti, sembrerebbe emergere che, non solo non vi è traccia di cessione di armi, ma neanche un accordo finalizzato a una vendita. In occasione degli incontri incriminati, inoltre, la merce non era stata acquistata dai fornitori né individuata per qualità e quantità e non vi era alcuna traccia di danaro.
UN NUOVO CASO MARO'? - Sembrerebbe, ancora, che il detenuto avrebbe subito un interrogatorio di tre ore da parte degli agenti della DEA in assenza del difensore, nonostante avesse più volte richiesto di contattare un avvocato e l'Ambasciata italiana, in apparente violazione di diritti comunitariamente riconosciuti. Quello che il Senatore Di Biagio chiede è che Romagnoli, in qualità di cittadino italiano, venga affidato alla giurisdizione del Paese di appartenenza, «in base alla cosiddetta Convenzione di Palermo sottoscritta dall'Italia e ai sensi della legge n. 146 del 2006». il Governo dovrà, quindi, prendere in mano la situazione e cercare di evitare il ripetersi di una circostanza tristemente nota, un precedente importante e ancora irrisolto tutto italiano: la questione dei Marò.