18 aprile 2024
Aggiornato 04:30
La crisi italiana

Tutti pensano alla successione al Colle, tranne gli italiani

Dopo Ici, Imu, mini-Imu e Tasi, ora è la volta dell’anglicismo un tanto al chilo: la Local Tax, che sta facendo tremare le associazioni di categoria. Imu e Tasi valgono 30 miliardi, secondo Confedilizia.

In queste settimane nell’arena politica italiana è stata messa in scena una delle più riuscite rappresentazioni del teatro dell’assurdo. Tutti i partiti sono in fermento per la prossima elezione del Presidente della Repubblica, che tuttavia è solo presunta, perché ad oggi Giorgio Napolitano non ha smentito né confermato le sue dimissioni.

Il balletto a cui assistiamo è quindi assolutamente gratuito e tipicamente italiano, e cioè per non affrontare i problemi più seri se ne inventano sempre di nuovi, non risolvendone poi neanche uno.

Purtroppo la vicenda ha pure dei risvolti di cattivo gusto, visto che fino a prova contraria un Presidente della Repubblica c’è ancora e detiene i pieni poteri. Al netto di qualsiasi giudizio sul suo operato e sulle sue opinioni, i partiti politici ne stanno depauperando (come se non bastasse già la Costituzione) il ruolo a livello internazionale. Si immagini, ad esempio, quale effetto possano aver riscosso nel panorama mondiale le parole del Capo dello Stato sulla vicenda Marò. Quel sono fortemente contrariato non è altro che una frase di circostanza vuota di contenuto, alle quale si aggiunge il fatto che chi l’ha pronunciata risulta essere una carica istituzionale praticamente «dimissionata» dal Parlamento italiano. Ma si sa che per una classe politica che gioca col futuro degli italiani come si fa con il Totocalcio, un po’ di Totoquirinale garantisce parecchio fumo da sparare negli occhi di elettori sempre più frustrati. E infine torna utile qualsiasi argomento per azzoppare i risvolti inquietanti dell’indagine «Mafia Capitale»...

Eppure per qualsiasi persona di buon senso, questo atteggiamento rimane inspiegabile. Gli italiani le hanno provate tutte per dare un segnale ai propri rappresentanti. Prima hanno catalizzato la protesta su partiti non facilmente inquadrabili: si pensi all’exploit della Lista Bonino, poi della Lega Nord e dell’Italia dei Valori e infine del M5S. Messaggi chiari di un malessere diffuso che si andava a radicalizzare in nuove o rinnovate formazioni partitiche. Oggi invece assistiamo al fenomeno dell’astensionismo selvaggio: sono meno della metà degli aventi diritto gli italiani che vanno a votare. Ma persino questo schiaffone pare non avere effetto. Anzi, nell’estenuante braccio di ferro fra Renzi e Berlusconi per il nuovo inquilino del Quirinale, si perdono scientemente di vista i problemi reali del Paese. Si pensi alla produttività, per la quale secondo un recentissimo studio di Adapt l’Italia è fanalino di coda a livello Ue. Il tasso di crescita della produttività del lavoro è il più basso tra i principali Paesi europei, appena lo 0,127%. La crescita del Pil è ferma, anzi negativa (-1,85%). La forza lavoro è attiva per un 64,40% contro gli altri partner europei che viaggiano oltre il 70%. Il cuneo fiscale medio del lavoro, da anni sbandierato dalle forze politiche come la grande zavorra per lo sviluppo del sistema produttivo, è ancora tra i più alti nel mondo, con un carico di quasi il 50%.

Ma è davvero imbarazzante che nessun politico si preoccupi della tassazione sugli immobili, per la quale il Governo sta studiando l’ennesima modifica. Dopo Ici, Imu, mini-Imu e Tasi, ora è la volta dell’anglicismo un tanto al chilo: la Local Tax, che sta facendo tremare le associazioni di categoria. Imu e Tasi valgono 30 miliardi, secondo Confedilizia. Sulle seconde case dal 2011 al 2014 si sono verificati aumenti fino 236% e per il 2015 erano previsto il raddoppio, scongiurato (forse) qualche giorno fa da un emendamento. Nessuno si preoccupa di guardare quali trappole si annidino nella nuova imposizione allo studio del Governo, che rischia di uccidere definitivamente il risparmio in Italia. C’è un imbarazzante silenzio sul fatto che una nazione che poteva vantare fino al 2011 un 80% di proprietari di casa sia sceso oggi al 67%.

Nell’indifferenza generale della politica, tra un cognome e l’altro in lizza per il Colle, spetta al sindaco del piccolo Comune di Bormida proporre di spostare la sede del Municipio sopra ai 600 metridi altitudine per evitare che i cittadini debbano pagare l’Imu sui terreni agricoli. L’ennesima trovata fantasiosa all’italiana per aggirare uno Stato nemico del cittadino e una politica inconcludente: d’altra parte se la Ferrari sta valutando di spostare la sede sociale all’estero per pagare meno tasse, perché un sindaco non dovrebbe cambiare sede al municipio evitando l’ennesimo taglieggio statale verso i propri cittadini?