29 marzo 2024
Aggiornato 10:30
L'inchiesta romana

Una rete di agenti e militari «infedeli» garantiva informazioni alla «Mafia Capitale»

Gli inquirenti della Procura di Roma sono convinti di questo in base agli accertamenti emersi grazie all'inchiesta che ha portato all'arresto di 37 persone. I magistrati e gli investigatori del Ros dei carabinieri, in queste ore, stanno poi completando le identificazioni di alcuni dei soggetti che sono stati visti o sentiti avere contatti con gli appartenenti al clan.

ROMA - Una rete di agenti e militari «infedeli» garantiva informazioni alla 'Mafia Capitale'. Gli inquirenti della Procura di Roma sono convinti di questo in base agli accertamenti emersi grazie all'inchiesta che ha portato all'arresto di 37 persone.
I magistrati e gli investigatori del Ros dei carabinieri, in queste ore, stanno poi completando le identificazioni di alcuni dei soggetti che sono stati visti o sentiti avere contatti con gli appartenenti al clan.
State lavorando sulla 'zona grigia' di rappresentanti delle forze dell'ordine che hanno rapporti con la malavita? Chi indaga non conferma questo passaggio e sottolinea che laddove ci sono stati rapporti «chiari e netti» allo scopo di «prendere informazioni» non verranno presi o chiesti provvedimenti.

Sono molti gli agenti o ex militari citati nell'ordinanza di custodia del gip Flavia Costantini
«Sono oggetto di indagine, ma non vuol dire che sono indagati», si spiega a piazzale Clodio. C'è Massimo Ursini, detto 'Massimetto la guardia', un appartenente alla Polizia di Stato che rimediava «numerosi congegni elettronici a prezzo fuori mercato». C'è Lucio Camilletti, un ex carabiniere che in passato aveva fornito un paio di esemplari di cane di razza Corso. C'è Salvatore Nitti, anche lui definito 'Salvatore la guardia', poliziotto in pensione.
Al vaglio risulta anche la posizione di due soggetti che il 4 ottobre del 2013 incontrarono Carminati ad un distributore di benzina di Corso Francia, usato spesso come base per riunioni e appuntamenti. Arrivando a bordo di un'Alfa 156 intestata alla Questura di Roma «gli interlocutori - scrive il giudice Costantini - dialogano del trascorso criminale di Carminati facendo comprendere che essi avessero ben chiara la caratura del personaggio con cui si stavano relazionando».
I due «discutono apertamente con Carminati del fatto che questi fosse oggetto di un'indagine condotta dalle Forze di Polizia, motivo per cui egli avrebbe dovuto adottare delle cautele ritenute necessarie al fine di evitare l'attenzione degli inquirenti sulla sua figura. 'Perche adesso te stai sotto indagine... devi evitare' gli fa un poliziotto e Carminati 'e' un casino. Adesso so' un vecchietto'».
I due agenti - si legge ancora nel documento del gip - «si mostrano attratti e affascinati dal passato e dalla levatura criminale di Carminati, al punto che uno dei due afferma '...io starei due giorni a sentirti', mentre lo stesso Carminati appare compiaciuto dell'effetto che il proprio peso criminale, nonchè quello dei soggetti che all'epoca avevano costituito l'organizzazione di cui Carminati era parte, provoca negli interlocutori asserendo che 'quella e' la storia... la nostra storia... hai capito?'».

Federico «forte ed esperto e a disposizione per qualunque cosa»
Tra gli altri soggetti che gravitavano attorno al gruppo Carminati c'è anche un altro poliziotto, tal Federico, definito in una conversazione dall'ex terrorista dei Nar «forte ed esperto e a disposizione per qualunque cosa». Risale al maggio 2013, infine, un incontro tra alcuni indagati e diversi militari, di cui un appuntato scelto in servizio al nucleo operativo presso la compagnia di Roma Trastevere.
Il gip evidenzia come non sia chiarissimo lo scopo di questi incontri ma «gli elementi raccolti consentono di affermare che gli indagati avessero in programma un'attività illecita, probabilmente una rapina, da effettuare con la complicità degli appartenenti all'Arma».