5 maggio 2024
Aggiornato 22:00
MoVimento 5 Stelle

Grillo, per chi suona la campana?

Ennesimo processo sommario di un senatore del 5 Stelle, ma questa volta la base si ribella e in 150 firmano per la sua assoluzione

Dopo i quattordici che sono già «fuori» (secondo la terminologia privilegiata da Beppe Grillo) ora è la volta del senatore napoletano Bartolomeo Pepe.

La prima notizia riguardo l’apertura di un nuovo processo interno ad un parlamentare del Movimento è datata domenica 9 marzo e portava a conoscenza delle truppe di Grillo che un altro senatore era stato sfiduciato dal Meet up Napoli, alla presenza di due parlamentari, il presidente della Commissione per la vigilanza della Rai, Roberto Fico e della senatrice Wilma Moronese.

Appurare di quale tradimento sia accusato Pepe non è facile, ma subito parte il tam tam sulla rete, e le campane del Movimento vengono preparate per tempo per far risuonare i loro lugubri rintocchi in caso di prossima dipartita.

«Pepe è un bugiardo», dicono sia stato il verdetto di Roberto Fico.

E’ una accusa grave ma dove è il riscontro delle menzogne di cui il senatore si sarebbe macchiato?

Lo stesso Pepe, che non si da pace per una «sfiducia» a suo avviso immotivata e ingiusta, spiega così l’origine della condanna emessa in sua assenza, senza cioè che potesse difendersi dalle accuse che gli erano state mosse: «E’ chiaro che pago una guerra aperta da tempo. Se poi sono antipatico a Fico, ditelo. Ma soprattutto ditemi se è vietato criticare la senatrice Moronese perché ha assunto il proprio compagno».

Bartolomeo Pepe, ex dipendente di una azienda petrolchimica da anni è impegnato in campagne contro le ecomafie ed era in procinto di essere nominato nella Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti.

Di fronte al pericolo di essere espulso il senatore si è difeso così: «Non sono mai stato a cena con Civati, Non ho mai contestato le decisioni dell’ assemblea. Sono spesso d’accordo con Grillo e a Renzi avrei detto di peggio. Stavo pure preparando l’ impeachment per Napolitano...».

Sembra che i suoi amici dopo aver letto questa sua linea di difesa gli abbiano aperto gli occhi: «ma come Bartolomeo dici che 'spesso' sei d’accordo con Grillo, ti dimentichi di dire che 'non spesso', ma 'sempre' condividi le decisioni del capo, e poi ti lamenti di essere finito in una lista nera?».

Comunque in soccorso del senatore napoletano sono scesi in campo ben centocinquanta militanti per contestare la «sfiducia» a loro avviso decretata da appena 40 persone rispetto ai 2000 militanti della Campania certificati dal blog.

«In particolare - precisa l'assemblea dei militanti campani - si contestano: lo svolgimento condotto senza previa formalizzazione e democratica condivisione dell'ordine del giorno; le decisioni assunte da pochi convenuti (circa 40); l’atto di sfiducia mosso nei confronti di Pepe nonostante il senatore fosse assente, perché già impegnato in un convegno programmato, per lo stesso giorno, a Cosenza, sull'emergenza ambientale e quindi impossibilitato a sostenere un contraddittorio».

Staremo a vedere se lo scudo innalzato dai 150 militanti campani in difesa di Bartolomeo Pepe servirà ad evitare l’ennesimo rogo pubblico dei 5Stelle.

Comunque vada questo ennesimo processo, quello che colpisce è la passione crescente del Movimento, e dei suoi fondatori Grillo e Casaleggio, per la caccia alle streghe. Inoltre Grillo diventa ogni giorno più ondivago. Ieri auspicava il ritorno alla Repubblica di Venezia e al Regno della due Sicilie, dopo aver denunciato la voglia della Lombardia di farsi annettere dalla Svizzera e quella della Val d’Aosta di finire nelle braccia di Francia o Austria. Oggi invece, sul suo blog, invoca gli eurobond per salvare l’ unità dell’Europa.

Infine bisognerebbe ricordare a Grillo che, pur con i loro difetti, Berlusconi ha subito in questi giorni la ribellione delle sue ex amazzoni senza minacciare scomuniche e Renzi ha dovuto subire l’attacco di due fedelissimi (forse ex?) come il sottosegretario Roberto Reggi, che gli ha rimproverato di «sparare razzi nel cielo» e di Francesco Boccia il quale ha detto «che dal patto fra Renzi e Berlusconi non capisco cosa ci guadagni l’Italia», senza chiedere la testa di nessuno.

Forse non bisognerebbe dimenticare mai che i confini fra democrazie e dittature passano proprio fra distinzioni di questo tipo.