24 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Verso le Consultazioni

Il Cavaliere «pessimista» alza la voce sul prossimo Capo dello Stato

Il Cavaliere fa sempre più fatica a fidarsi degli scenari più ottimisti e di chi invita a essere prudenti almeno finché non saranno state giocate tutte le carte. Perché il timore dell'ex premier è ormai sempre più quello di restare isolato nella partita politica e, ancora di più, vittima di quello che considera l'assalto concentrico delle Procure

ROMA - Dalle parti di via dell'Umiltà, più che il colpo al cerchio preferiscono guardare quello alla botte. E dunque, più che concentrarsi sul fatto che Napolitano abbia bocciato senza appello la manifestazione «senza precedenti» di ieri davanti al palazzo di giustizia di Milano o che li abbia invitati a maggiore «responsabilità» e a un «immediato cambio di clima», preferiscono accendere i riflettori sulla convocazione che il capo dello Stato ha fatto in serata dell'ufficio di presidenza del Csm.

E così il bilancio che la delegazione pidiellina - composta da Angelino Alfano, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri - fa dell'incontro avuto in mattinata con il capo dello Stato è tutto sommato positiva nonostante, appunto, le parole non certo morbide che Napolitano gli ha riservato nella nota diramata poco dopo. E questo perchè il partito cerca spiragli per far parte della trattativa politica che si sta giocando sull'intricato scacchiere post elettorale e il presidente della Repubblica rappresenta il solo 'appiglio' per non rimanerne esclusi. D'altra parte - è il ragionamento che fanno i big di via dell'Umiltà - per qualsiasi tentativo di governo del presidente il Colle non potrà fare a meno del Pdl. E così si soppesano con favore le sferzate del capo dello Stato ai giudici e quel suo invito a «evitare tensioni destabilizzanti per la democrazia», così come la menzione delle «comprensibili preoccupazioni» del partito per il suo leader e il riconoscimento che il centrodestra è il secondo schieramento emerso dalle elezioni e per giunta per pochi voti di scarto dal primo.

Questo, per lo meno, è il quadro che le 'colombe' hanno tentato di dipingere a Silvio Berlusconi che resta ancora ricoverato all'ospedale San Raffaele e che con ogni probabilità non parteciperà venerdì alla seduta inaugurale delle Camere. Il Cavaliere - viene però spiegato - fa sempre più fatica a fidarsi degli scenari più ottimisti e di chi invita a essere prudenti almeno finché non saranno state giocate tutte le carte. Perché il timore dell'ex premier è ormai sempre più quello di restare isolato nella partita politica e, ancora di più, vittima di quello che considera l'assalto concentrico delle Procure. Ecco perchè, a dispetto delle colombe, Silvio Berlusconi continua a considerare sempre più conveniente che si vada alle urne il prima possibile, cercando magari di giocarsi la campagna elettorale proprio sui temi della giustizia.

Ma è ancora presto per scoprire tutte le carte anche perchè prima di tutto c'è il banco di prova delle presidenze. Da venerdì si comincia a votare per quelli di Camera e Senato: la minaccia di Aventino del Pdl dovrebbe essere rientrata anche come gesto di buona volontà. Sebbene oggi, anche un po' come forma di protesta, tra i deputati c'è stato il 'passaparola' di non lasciare le impronte digitali - necessarie ma non obbligatorie - per le votazioni a Montecitorio. Ma il vero test per Berlusconi è quello per l'elezione della presidenza della Repubblica. Oggi, con svariate ore di ritardo, ha colto l'occasione della smentita di un retroscena che lo vedeva favorevole a una presidenza Amato o D'Alema in chiave anti Prodi, per rivendicare al centrodestra la guida del Colle più alto. «Per il Quirinale il centrodestra non ha bisogno di chiedere a nessuno, e tanto meno alla sinistra, 'candidati in prestito', perché, dopo tanti presidenti di un solo colore, ha invece diritto a rivendicare un candidato diverso e di altra estrazione». Berlusconi ha voluto mandare chiaro il suo segnale: il partito vuole avere voce in capitolo e farà di tutto perché non si arrivi all' elezione di un presidente della Repubblica che non sia garante anche del Pdl. Ovvero del suo leader.